Vaccino coatto fino a giugno e obbligo di test per lavorare. Le riaperture sono una beffa
L’unica certezza è che mentre l’Unione europea apre, in Italia rimangono le chiusure. La road map del governo, sull’allentamento delle restrizioni, così come è stata anticipata sembra una clamorosa presa per i fondelli. L’ennesima fregatura che dovremo sopportare, fatta passare come una riapertura con «intelligente gradualità», come la definì una decina di giorni fa il ministro della Salute, Roberto Speranza.
Ieri, il suo sottosegretario Andrea Costa ha confermato lo stato confusionale del cronoprogramma che sarà stabilito a breve. «Dal primo aprile inizierà una fase di graduale allentamento. Ci saranno situazioni in cui il green pass non sarà più necessario, ad esempio per bar, ristoranti e altri locali all’aperto. Credo sicuramente questo da aprile non sarà più necessario», ha detto Costa. Ipotesi campate in aria, bozze delineate così, tra una comparsata e l’altra a programmi televisivi o radiofonici.
Del lasciapassare verde non potremo fare a meno, questo è sicuro, ancora in molti ambiti, ma non è dato sapere quali. Con gradualità ci verrà detto.
Parlando di lavoro, è risultata ancora più odiosa l’indeterminatezza ostentata per celare la politica di chiusure che Speranza non vuole abbandonare. «L’obbligo vaccinale per gli over 50 resta fino al 15 giugno prossimo, comprensivo della sanzione di 100 euro per chi non si è vaccinato», ha esordito il sottosegretario Costa, che poi ha tentato di spiegare quale razza di argomentazioni si stanno dibattendo al ministero della Salute.
«La valutazione che stiamo facendo è di verificare l’opportunità, pur mantenendo l’obbligo vaccinale fino al 15 giugno, di anticipare la possibilità per gli over 50 di andare al lavoro con il green pass base, anziché quello rafforzato, ossia facendo il tampone rapido ogni due giorni. Un’ipotesi che potrebbe dare la possibilità di tornare al lavoro per chi non si è vaccinato e anche per allentare la tensione».
Ma che pensiero gentile, tolgono il lasciapassare rinforzato ma mantengono l’obbligo di un tampone a pagamento ogni 48 ore per i lavoratori. Davvero un segnale di apertura verso cittadini vessati dalle restrizioni, costretti a casa senza stipendio se non vaccinati e ora riammessi sul luogo di lavoro sempre con un obbligo, una limitazione alla libertà.
«Con quale coraggio il governo continua a sostenere quest’inutile e dannosa misura, che colpisce la libertà di ognuno di noi e la nostra economia, mentre il resto del mondo ha abbandonato, o quasi, ogni restrizione? Il green pass non va esteso: va eliminato totalmente. Subito», ha commentato con un tweet Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia.
Negli altri Paesi europei non servono i green pass, in Italia la situazione sanitaria è ampiamente sotto controllo, il 91% della popolazione sopra i 12 anni risulta vaccinata con almeno una dose, eppure non si allentano i blocchi con decisioni nette. «Non c’è dubbio che in Italia, come in altri Paesi europei quali Spagna, Inghilterra e Germania, vi è un incremento dei contagi» ma «fortunatamente siamo davanti a numeri gestibili e la pressione sugli ospedali è assolutamente sotto controllo. L’obiettivo importante è completare la terza dose, perché 7 milioni di italiani devono ancora ricevere la dose booster», ha dichiarato Costa a Radio anch’io, su Radio1.
Ancora scuse, per non riaprire e basta. Già si sa che molti di quei milioni di italiani se ne guarderanno bene dal vaccinarsi una terza volta. Con la stessa vaghezza, ma sempre nella direzione di non mollare le restrizioni, si è espresso Pierpaolo Sileri, l’altro sottosegretario alle dipendenze del ministro della Salute. Il green pass «non sarà per sempre», «abbiamo sempre detto che è qualcosa di temporaneo», quindi «a un certo punto dovrà terminare, rimarrà una vaccinazione, spero non obbligatoria», è stato lo stupefacente ragionamento che ha prodotto a Mattino 5, su Canale 5.
Questo sarebbe il cronoprogramma delle riaperture dopo il 31 marzo, quando sarà cessato lo stato di emergenza? Sileri dice e non dice: «Il green pass rafforzato per il lavoro credo andrà rivisto, anche molto presto», poi anche «la distanza di sicurezza andrà tolta fra le prime cose» e «togliere la distanza significa anche rivedere tutti i protocolli di palestre, piscine, studi televisivi. Poi penseremo a togliere anche la mascherina al chiuso e rimodulare gli isolamenti per i positivi asintomatici». Con calma, non c’è fretta. Stiamo parlando di norme vessatorie quanto inutili, però gli italiani non hanno il diritto nemmeno di sapere quale libertà sarà restituita senza condizionamenti. «Entro giugno avremo uno scenario che ci consentirà di arrivare all’estate senza restrizioni», è stata la rassicurazione beffa di Costa. Mezzo mondo si muove per lasciarsi alle spalle la pandemia e noi dobbiamo aspettare giugno, per un ritorno alla normalità? Magari per soli due mesi, perché poi si comincerà a parlare dell’autunno, delle varianti che si saranno affacciate un po’ ovunque e che si penserà di bloccare con nuovi richiami, però sempre con lo stesso vaccino di due anni prima.