Oltre metà degli italiani ha bocciato la gestione della pandemia del ministro della salute, Roberto Speranza. Il 55,8% dei cittadini, secondo il Rapporto Italia 2022 di Eurispes, non ha approvato la strategia della gestione italiana della fase Covid contro il 44,1% di giudizi positivi. Eppure Speranza ha già indossato l’elmetto per affrontare la guerra contro il vaiolo delle scimmie praticamente allo stesso modo: minacciando quarantene. Con sei contagi nazionali, la strategia d’emergenza è stata decisa: per contrastare il contagio da monkeypox si potrà valutare anche la possibilità di vaccinare i contatti a più alto rischio e di far scattare la quarantena in determinate circostanze.
Proprio la limitazione della libertà è uno dei motivi di insoddisfazione da non ripetere: oltre un terzo degli italiani (35,6%) afferma di essersi sentito limitato sia per la situazione sanitaria sia per le scelte governative, il 29% per i rischi legati al Covid, il 19,1% solo a causa delle scelte del governo. Soltanto il 16,3% degli italiani non ha mai avvertito questo disagio. Agli intervistati è stato poi chiesto se, in caso di necessità, sarebbero disposti ad un’ulteriore limitazione della libertà individuale: il 38% si dice disposto, se necessario (il 29,5% abbastanza, l’8,5% molto), ma un più cospicuo 62% manifesta un atteggiamento di chiusura (il 39,3% è poco disposto, il 22,7% per niente). Malgrado una gestione negativa della pandemia, non manca la bocciatura del 68,5% alla qualità dell’informazione, solo il 17,6% del campione ha visto diminuire la propria fede nella scienza, mentre per la maggioranza è rimasta invariata (61,9%) e per uno su cinque (20,4%) è aumentata. Anche se sulle origini della pandemia Covid il 25,7% degli italiani è, secondo il rapporto, «complottista», cioè non crede sia stata una casualità, ma è anzi convinto che dietro ci sia la mano di qualcuno, mentre poco meno della metà (46,6%) ammette di non avere idea di come si sia originata. Infine un più contenuto 4,8% è totalmente negazionista e afferma che non esiste nessuna vera pandemia. Durante la fase emergenziale la maggioranza dei cittadini afferma di essersi sentita di umore più instabile (58,4%), più demotivata (57,3%), più ansiosa (53,3%) fin dall’inizio. Meno della metà del campione, ma una percentuale certamente rilevante (42,9%), dice di essersi sentito più depresso. Una gestione pandemica, come emerge dal Rapporto, che di fatto ha provocato un’altra emergenza sanitaria: quella generata dalle mancate prestazioni nelle altre aree patologiche, mentre le preoccupazioni legate alla salute turbano il 14,3% dei cittadini e il 7,4% teme la possibilità di ammalarsi. Eppure nell’ultimo anno il 44% degli italiani ha evitato di fare visite di controllo per paura di frequentare luoghi a rischio contagio, mentre il 42,4% ha incontrato difficoltà per essere visitato dal medico di base. Inoltre, un terzo dei cittadini, il 33%, si è visto rimandare un intervento chirurgico o una terapiaper indisponibilità delle strutture sanitarie, una quota di poco inferiore (31,8%) ha incontrato difficoltà a trovare assistenza sanitaria dopo aver contratto il Covid, il 28,5%, quando ha avuto un problema di salute, ha rinunciato a visite e/o esami per timore di contagiarsi nelle strutture sanitarie. Quanti hanno visto rimandare un intervento chirurgico o una terapia per indisponibilità delle strutture sanitarie sono più numerosi della media al Sud (42,5%), meno al Centro (22,8%). Dati questi già evidenti quando nel 2020 scattò l’emergenza con il primo lockdown e fu dato lo stop a tutta l’attività ordinaria, ambulatoriale e di day hospital, e ai ricoveri in elezione provocando, in un anno, come anticipato dalla Sic (Società italiana chirurgia) la cancellazione di 400.000 interventi di chirurgia generale e 1,3 milioni di ricoveri. Stesso trend nel 2021 per gli interventi specialistici, con circa un milione di operazioni bloccate. Le attese praticamente raddoppiano: le liste salgono da tre a sei mesi rispetto al 2019 e l’attività chirurgica elettiva risulta diminuita dell’80% e del 35% quella in urgenza. Crollata anche la specialistica ambulatoriale, compresi gli screening oncologici, con una contrazione di 144,5 milioni di prestazioni, una diminuzione di circa 90 milioni per le prestazioni di laboratorio, 8 milioni per la riabilitazione, 20 milioni per le prestazioni di diagnostica. Numeri spaventosi che diventano drammatici se si aggiunge carenza di personale nel 91,7% degli ospedali, mancanza di posti letto nel 70,8% dei casi, difficoltà organizzative (75%) dopo la pandemia. Poi, come denuncia l’Anaao, «Ci saranno 40.000 medici in meno entro il 2024, tra pensionamenti e licenziamenti» mentre «oltre 300 infermieri l’anno decidono di lavorare all’estero» perché meglio retribuiti come testimonia la Fnopi. Soltanto il ministro Speranza può pensare che basterà il Pnrr a cambiare la sanità italiana.