Morgan al premio Tenco 2022 (Getty Images)
Il cantante: «La gente mi vuole al ministero della Cultura, farei restaurare i classici degli anni ‘50 e ‘60. Franco Battiato? Uno dei miei padri, dopo il suicidio di quello biologico».
Il talent musicale, da giovedì 15 settembre in onda su Sky e in streaming su Now Tv, ha scelto di non cambiare il proprio meccanismo interno. Di non stravolgere l’incedere dello show, quella narrazione tanto nota da essere stata eletta a romanzo popolare. Uno show che sembra aver deciso di abbracciare il proprio genere di appartenenza.
«Qualcosa», ha detto, «ha interrotto la comunicazione con il pubblico: sembrava si fosse perso il legame con la musica». Perciò, prima ancora che la pandemia imponesse alle televisioni di riscrivere i propri canoni, Sky avrebbe deciso di modificare in maniera significativa la narrazione del proprio programma. «Meno spettacolarizzato, ma non meno spettacolare», ha suggerito Manuel Agnelli, che per la nuova edizione di X Factor, su Sky Uno e NowTv dalla prima serata di giovedì 17 settembre, ha acconsentito a riprendere posto tra le fila della giuria.
Agnelli aveva giurato non sarebbe tornato indietro. Ma la carne è debole, e insieme al leader degli Afterhours anche Mika è tornato a svolgere il ruolo di giudice. La popstar, che il 19 settembre, su Youtube, ha organizzato un concerto digitale a beneficio della natia Beirut, ha detto di essere stato catturato dal progetto di Sky: una sorta di manifesto politico in cui la musica diventasse la risposta dinamica alla stasi indotta dal Covid-19. «Ho preso parte a tanti programmi, e l’approccio di norma è identico. La chiamata per X Factor è arrivata in un momento particolare, in cui tutto sembrava sospeso. Ho sottolineato la mia paura, ma lo scambio con la produzione mi ha convinto di quanto grande fosse la sfida», ha spiegato il cantante, che tra sé e Agnelli ha avuto Emma Marrone ed Hell Raton, rapper di origini sardo-ecuadoriane.
X Factor, nelle parole di Mika, ha ricevuto le stigma di un impegno sociale. E così ci ha tenuto a descriverlo Sky, spiegando di aver scelto con coraggio di adattare il format alla situazione presente, rinunciando al pubblico e al contatto umano. «Chi fa il nostro lavoro non deve fermarsi, ma investire sulla creatività, cercare formule diverse», ha ribadito Maccanico, presentando alla stampa la prima puntata di uno show che, però, non sembra coraggioso quanto la scelta che lo ha visto nascere.
X Factor, nella sua versione senza pubblico, con l’incognita dei Live e di potenziali contagi («Rispetteremo tutti i protocolli», ha assicurato la produzione), è parso annaspare. Qualcosa gli ha tolto smalto, forza. E nel silenzio di uno studio vuoto, con i giudici separati dal metro di legge e gli spalti deserti, quel che è rimasto è il rumore del nulla. I concorrenti, per quel che ad oggi ci è stato dato vedere, sono stati utilizzati come pedine di un gioco ormai noto. «Inclusività», hanno detto, «Racconto delle emozione, della diversità». Ci si è appellati alla «centralità della musica», che senza applausi può vivere di sé. Ma le parole sono state dette al vento, perché la musica da sola non ha potuto niente, e nemmeno lo ha fatto la giuria.
X Factor è un programma datato, del quale tanto, troppo ormai si è visto. La scelta coraggiosa, quella vera, avrebbe forse dovuto imporre una rinuncia. Come la musica si è fermata, come il mondo, composto, ha accettato di prendere del tempo per elaborare i canoni di una nuova normalità, così avrebbe dovuto fare la televisione. Che, invece, ci ha rifilato un programma debole, martoriato dal virus che ci ha sottratto la convivialità.