Un piccolo passo avanti lo hanno pur fatto, gliene va reso il merito. Hanno capito che chiamarla «coalizione dei volenterosi» non era esattamente di buon auspicio, visto che l’ultimo raggruppamento di forze con quel nome era la coalition of the willing messa in piedi nel 2003 da George W. Bush: quella che rase al suolo l’Iraq usando come pretesto le bugie sulle armi di distruzione di massa. E così Emmanuel Macron, Keir Starmer e soci si sono ingegnati a trovare un nuovo nome per il loro club di sostenitori della guerra in Ucraina fuori tempo massimo. Un club, a dire il vero, che nasce già diviso: c’è chi vuole le sanzioni alla Russia e chi non vuole mandare truppe; c’è chi fa parte della Nato e in teoria dovrebbe a essa fare riferimento prima di intraprendere qualsiasi azione e chi invece ne è escluso; chi sta nell’Ue e chi non c’entra un tubo. Splendori e miserie della geopolitica. Comunque sia, al vertice di Parigi è entrata la coalizione dei volenterosi ed è uscita la «forza di rassicurazione» per l’Ucraina, che secondo Macron opererà in «aria, terra e mare» e - dicono le agenzie - non sarà una missione di peacekeeping e non opererà sulla linea del fronte, ma coinvolgerà diversi Stati che faranno base in aree strategiche. Messa così è leggermente confusa, proviamo a riepilogare. Abbiamo capito che i nostri eroi non sono più i volenterosi ma i «rassicuratori». Assistiamo quindi alla nascita di una nuova figura professionale, il rassicuratore. Immaginiamo Macron impegnato a svolgerne le funzioni: la sera chiamerà Volodymyr Zelensky e gli sussurrerà parole dolci all’orecchio, pregandolo di stare tranquillo e non agitarsi. Uno «stai sereno» in stile Matteo Renzi. Alla bisogna, immaginiamo che il caro Emmanuel salirà sul primo aereo per raggiungere l’amico a Kiev e fargli fare la nanna dopo aver scacciato i mostri russi da sotto al letto. Orbene, questi meravigliosi rassicuratori non saranno esattamente una forza di peacekeeping. Sarebbe allora logico dedurne che saranno una forza di guerra, che cosa altrimenti? Beh, nemmeno questo, almeno sulla carta. Occuperanno aria, terra e mare ma non staranno al fronte. In compenso si piazzerà in aree strategiche (ma strategiche per chi?). In pratica, non si capisce che diamine dovrebbero fare, non sono in guerra ma nemmeno in pace, non sono Ue ma nemmeno Nato, non sono Nato e neppure Onu. In compenso, sono in disaccordo sul resto. Sulla «forza di rassicurazione», comunica Macron, «non c’è unanimità tra i leader ma andremo avanti comunque. Francia e Regno Unito hanno mandato di guidare la coalizione». Ah, fantastico. La coalizione cambia nome, non si sa cosa farà, non tutti la approvano però andrà avanti sotto il comando di Emmanuel e dell’amico Keir, due dei leader occidentali politicamente più deboli in circolazione. Strepitoso. A quanto risulta, Francia e Inghilterra hanno preso in prestito lo stile e le trovate di Ursula von der Leyen. Anche lei, nei giorni scorsi, ha optato per un rapido e convenientissimo cambio di nome. Aveva annunciato il ReArm Europe in pompa magna, spiegando perché e percome le armi siano necessarie e imprescindibili. Poi Giorgia Meloni - forse appena più consapevole dei sentimenti popolari - ha fatto presente che «riarmo» non è esattamente un termine incoraggiante. Ed ecco che, in un soffio, è partito il rebranding: basta riarmo, ora abbiamo la «Readiness 2030». Rassicurazione da una parte e prontezza dall’altra, non possiamo che gioirne. Ma prontezza per che cosa, esattamente? Per la guerra? Per la pace? Per la catastrofe climatica? Per la rottamazione? Non è dato sapere. Però c’è sempre la data fatidica, il 2030, che a quanto pare segnerà l’apocalisse: tutti sono concentrati su quello, preparano piani, agende, memorandum... In tutto questo turbine di nomi e aggettivi che si sovrappongono e rincorrono, sembra sfuggire ai governanti europei e alla stampa compiacente che - nonostante i tentativi dei filosofi del linguaggio degli anni Sessanta - cambiare nome alle cose non ne altera la sostanza. Se prendo un cetriolo e lo chiamo Pino o Giovanni, quello resta un cetriolo e continua a svolgere la sua funzione rettale squisitamente europeista. Motivo per cui, anche se parliamo di readiness, sempre di riarmo si tratta, sempre cannoni si comprano. E se anche chiamiamo i volenterosi rassicuratori, quelli restano una combriccola divisa, incerta e poco influente sui destini del mondo guidata da due leader in grossa crisi. Qui non c’è nemmeno da scomodare George Orwell: questi giochini verbali erano già ridicoli ai tempi della Scolastica medievale, figurati oggi. Per sfortuna di Ursula e di Macron, i popoli europei non sono idioti, non abboccano al gioco delle tre carte o dei tre nomi. I fenomenali eurocrati possono battezzarsi come desiderano: chi siano davvero e cosa vogliano lo sappiamo tutti.
Ursula von der Leyen (Ansa)
I «volenterosi» studiano un invio di truppe a Kiev e cercano di nascondere le loro divisioni e la loro pochezza ribattezzandosi «rassicuratori». Stesso discorso sul piano ReArm Europe: il nome è stato cambiato in «Readiness 2030». Differenze? Nessuna.
Donald Trump e Vladimir Putin (Ansa)
Tre ore di telefonata tra i due leader: cessate il fuoco parziale e immediato avvio di negoziati per l’assetto permanente. Mosca chiede lo stop alle forniture belliche a Kiev, Macron e Scholz: no, si continua. Von der Leyen insiste: «Bisogna attrezzarci per combattere». Dribblando la democrazia con un blitz, Berlino cambia la Costituzione e avvia il riarmo.
Volodymyr Zelensky e Ursula von der Leyen (Ansa)
- Macron e Scholz precisano che non accoglieranno le richieste russe e continueranno a inviare armi a Kiev. Zelensky: «L’Europa sia al tavolo dei negoziati». La bozza del Consiglio Ue insiste sull’integrità dell’Ucraina. E Ursula esorta a «prepararsi al conflitto».
- Dichiarazione congiunta dei ministri della Difesa di Polonia e Paesi Baltici sul ritiro dal trattato sulle mine anti uomo: «Le minacce sono aumentate».
Lo speciale contiene due articoli.
Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron (Ansa)
Per il ministro Marc Ferracci (vicino al presidente) il Clean industrial deal è deludente: se l’Unione non accelera la Francia ignorerà i paletti sulla CO2. Voci di dietrofront a Bruxelles sul Nutriscore. L’Italia aspetta conferme.