Ciro Grillo (Ansa)
I due filmati sono stati mostrati su richiesta dei difensori di Ciro Grillo e dei suoi amici, per contestare la versione fornita dalla consulente della donna che ha denunciato.
Si avvicina il processo per i quattro ventenni genovesi accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di due coetanee milanesi. I presunti stupratori sono ormai nomi noti: il ventenne Ciro Grillo, figlio di Beppe, fondatore del Movimento 5 stelle, Edoardo Capitta (21 anni), Francesco Corsiglia (20) e Vittorio Lauria (20).
Le vittime sarebbero, invece, l'italo-norvegese S. J. e l'amica R. M., entrambe cresciute in famiglie della buona borghesia milanese (i padri lavorano nel mondo dell'alta finanza). Le due ventenni sono rappresentate dagli avvocati Giulia Bongiorno, ex ministro, e da Vinicio Nardo, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano. L'inchiesta è condotta dalla Procura di Tempio Pausania, guidata da Gregorio Capasso, che da circa 20 mesi sta portando avanti le indagini sulla notte da incubo che le giovani avrebbero vissuto in compagnia dei rampolli genovesi ad Arzachena tra il 16 e il 17 luglio 2019.
La serata era iniziata come un tranquillo martedì al Billionaire di Flavio Briatore dove le ragazze erano giunte con altri amici. Poi le compagnie si erano unite e le giovani avevano accettato di proseguire la nottata nella casa di Grillo al Pevero golf club di Cala di volpe, nel comune di Arzachena, per una spaghettata notturna. Ma nell'appartamento i piani iniziali sarebbero radicalmente cambiati e i giovanotti educati conosciuti in discoteca si sarebbero trasformati in un branco di stupratori.
Gli inquirenti il 6 novembre hanno inviato agli interessati l'avviso di chiusura delle indagini. Il codice concedeva alle difese 20 giorni per presentare memorie o farsi interrogare. Ma i tempi si sono molto allungati, anche perché la Procura è sotto organico e ci sono stati problemi di riversamento su cd degli atti di indagine. Per questo gli avvocati hanno ottenuto una sostanziosa proroga dei termini e alla fine hanno deciso di far sottoporre nuovamente i propri assistiti a interrogatorio.
Infatti i ragazzi erano già stati sentiti il 5 settembre del 2019, ma al buio, cioè senza conoscere le prove a proprio carico. Questa volta hanno potuto rispondere dopo aver rivisto foto, video e chat trovati sui loro cellulari.
Capitta, Lauria e Corsiglia sono stati ascoltati il 9 aprile. Gli interrogatori sono stati tutti molto veloci e sono durati meno di mezz'ora ciascuno. Ciro Grillo, a causa di un impedimento dell'avvocato, lo zio Enrico Grillo, si è, invece, presentato in Sardegna giovedì scorso. L'avviso di chiusura delle indagini, come abbiamo raccontato in esclusiva a novembre descriveva in modo crudo quanto emerso dall'interrogatorio di S.J., da un video di qualche secondo e da una foto di cui parleremo tra qualche riga.
Nel documento si leggeva che i quattro indagati «mediante violenza, costringevano e comunque inducevano S. J., abusando delle sue condizioni di inferiorità fisica e psichica dovuta all'assunzione di alcol, a subire e compiere atti di natura sessuale».
Il primo ad approfittarsi di lei sarebbe stato Corsiglia, che avrebbe trattato la ragazza come una bambola di pezza, costringendola ad avere rapporti vaginali e orali contro la sua volontà, anche dentro a un box doccia, nonostante lei, «divincolatasi» avesse tentato di allontanarsi. Uno di questi rapporti non consenzienti con Corsiglia sarebbe stato ripreso con un telefonino da Grillo junior e da un altro amico. Accusa e difesa hanno dato interpretazioni opposte rispetto a quel filmato.
Alla violenza Grillo, Capitta e Lauria si sarebbero uniti in un secondo momento: «La forzavano a bere della vodka, afferrandola per i capelli e tirandole indietro la testa», scrivono i magistrati, e «la costringevano e comunque la inducevano a compiere e subire ripetuti atti sessuali e segnatamente la masturbazione dei propri organi digitali e ripetuti rapporti orali e vaginali, contestualmente e con ciascuno di loro». Anche in questo caso gli indagati avrebbero approfittato «delle condizioni di inferiorità fisica e psichica della J., la quale era reduce da un'intera notte insonne trascorsa in discoteca, dalle violenze sopra descritte ed aveva comunque ingerito una consistente quantità di vodka». Tanto che a un certo punto sarebbe crollata per risvegliarsi verso le 15.
Gli indagati hanno giustificato tutti allo stesso modo quella gang bang: si trattava di sesso consenziente. La prova? Per le difese era il fatto che nessuno dei ragazzi avesse abusato di R. M., rimasta a dormire su un divano mentre l'amica faceva sesso con il gruppo.
Ma a smontare clamorosamente questa versione è il ritrovamento di una foto per cui i pm hanno contestato a Ciro e agli amici Capitta e Lauria «atti di violenza» anche in danno di R. M.. E in questo frangente il figlio del comico genovese si sarebbe distinto: «In particolare Grillo, alla presenza di Capitta che scattava fotografie per immortalarlo e di Lauria, appoggiava i propri genitali sul capo di R. M., la quale, in stato di incoscienza perché addormentata, era costretta a subire tale atto sessuale». In realtà, secondo due fonti della Verità, non vi è certezza che il giovane con la maglietta scura, il viso coperto e l'organo sessuale in mostra sia Ciro, che in un'altra inquadratura appare a torso nudo. In ogni caso lo scatto farebbe cadere la versione dei giovanotti in pieno controllo che hanno avuto rapporti solo con la coetanea disponibile.
Gli indagati negli interrogatori hanno provato a ridimensionare la portata della foto trofeo: per loro si è trattato di una goliardata di cui non avevano compreso la gravità. Una giustificazione che potrebbe non salvarli dal processo, dove la combriccola rischierebbe non poco. La violenza sessuale di gruppo è infatti punita con pene dagli 8 ai 14 anni, che con l'ulteriore aggravante dell'utilizzo delle sostanze alcoliche sale di un terzo e oscilla tra i 10 anni e 6 mesi e i 18 anni e 6 mesi, senza contare che per questo reato è escluso il patteggiamento. Se il giudice concedesse le circostanze attenuanti generiche e intervenisse il risarcimento della persona offesa potrebbero cadere le aggravanti, ma resterebbe una pena base che va dai sei ai 12 anni, condanna che non è coperta dalla condizionale.