«Nel 1999, con il governo D'Alema e il ministro Berlinguer e con Ciampi presidente della Repubblica, la sinistra riformista volle introdurre il limite di studenti stranieri per classe per consentire a loro di integrarsi meglio. Nessuno sollevò alcuna critica». Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione del governo di Giorgia Meloni risponde così a Francesco Borgonovo che gli domandava in che modo si affrontava la presenza di stranieri nella scuola pubblica. «A me piace la concretezza» dice Valditara che ricorda «come l'oltre il 30% dei ragazzi stranieri lascia la scuola. «E' il dato più alto in Europa, un terzo dei ragazzi stranieri rischia di non avere in mano nulla. E’ razzista occuparsene o piuttosto non occuparsene?» spiega il ministro che risponde così al segretario del Partito democratico Elly Schlein che nei giorni scorsi aveva parlato di un governo che si occupa di scuola «soltanto per discriminare» dove non si vedono «investimento sulla scuola pubblica». Per Valditara, il problema vero la sinistra dimentica «è quello dell'integrazione, innanzitutto il distinguere se tu studente che arrivi in Italia parli italiano oppure no. Oltre il 30 per cento di ragazzi stranieri si disperde. È razzista preoccuparsi di questo o forse lo è non fare nulla? Schlein si documenti meglio altrimenti dimostra di non avere buoni consulenti in materia di scuola». Per questo, insiste il ministro, «serve una verifica di conoscenza dell'italiano. Non ci deve essere una maggioranza di persone che non conoscono l’italiano in una classe. Gli stranieri hanno problemi in italiano e matematica. Servono quindi corsi di potenziamento per i ragazzi stranieri. Devono essere fatti a parte e si possono sia la mattina oppure nel pomeriggio. Inseriremo il provvedimento nel prossimo decreto».
Valditara ha insistito sull'importanza del collegamento tra impresa e scuola. Un tema che si intreccia con quello del bullismo che si combatte anche con una scuola capace di motivare. Ho conosciuto ragazzi condannati con problemi di droga che si sono trasformati perché avevano trovato il loro percorso. Una didattica sempre più personalizzata riduce molto le fantasie negative degli studenti. credo molto nella responsabilità individuale, perché accanto ai diritti ci sono anche i doveri. Se non c’è un limite i diritti non hanno senso». Sul tema delle scuole occupate, per esempio, «ho criticato chi sfasciava la scuola mentre la occupavano» ammette Valditara. «Ho visto i computer lanciati dalla finestre o i fili della luce tagliati. Al liceo Severi è stato tagliato il diritto allo studio con 70000 euro di danni. Queste persone non capiscono nulla di democrazia. C'è un tema economico di fondo. Perché buttiamo milioni di euro l'anno dei nostri contribuenti. Mi è molto dispiaciuto vedere che qualche genitore ha impugnato la sospensione al Tar».
E poi, per cattiva condotta «non ha veramente senso la sospensione come è intesa oggi. Se uno studente ha picchiato un insegnante e lo tengo a casa 15 giorni gli faccio un regalo, magari passa quel tempo per giocare alla play station o stare al cellulare». Per Valditara sarebbe meglio se lo studente fosse «costretto a fare più scuola e confrontarsi con la società in modo solidale, per esempio lavorando in ospedale o in una Rsa, con anziani. A fare una specie di servizio sociale dove impara cosa vuol dire la solidarietà».
Continua a leggereRiduci