Il Consiglio europeo che si è svolto ieri a Bruxelles ha fatto registrare una ennesima accelerazione sul fronte del sostegno militare all’Ucraina. Alla riunione ha partecipato in video collegamento anche il leader di Kiev Volodymyr Zelensky. Le conclusioni approvate dal Consiglio europeo parlano anche di acquisti congiunti di missili, una prospettiva molto preoccupante, così come i toni dell’intero documento: «Tenendo conto degli interessi di sicurezza e difesa di tutti gli stati membri», recita il testo delle conclusioni del vertice, «il Consiglio europeo accoglie con favore l’accordo in seno al Consiglio di fornire urgentemente all’Ucraina munizioni terra-terra e di artiglieria e, se richiesto, missili, anche attraverso appalti congiunti e la mobilitazione di finanziamenti adeguati, anche attraverso lo strumento europeo per la pace, al fine di fornire 1 milione di munizioni di artiglieria in uno sforzo congiunto entro i prossimi dodici mesi, fatto salvo il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di alcuni stati membri. L’Unione europea sostiene fermamente e pienamente l’Ucraina», si legge ancora, «e continuerà a fornire un forte sostegno politico, economico, militare, finanziario e umanitario all'Ucraina e al suo popolo per tutto il tempo necessario. L’Unione europea e gli stati membri stanno intensificando gli sforzi per contribuire a soddisfare le pressanti esigenze militari e di difesa dell'Ucraina».
Guerra, guerra, guerra, dunque: Bruxelles alza il tiro, la speranza di un’azione diplomatica per favorire una de-escalation diventa un miraggio, anche se c’è chi dice no all’aumento del budget del Fondo Europeo per la Pace, strumento che, a dispetto del nome, viene utilizzato per fornire aiuti militari a Kiev. Fonti diplomatiche europee, a quanto riferisce l’Ansa, fanno sapere che più di venti stati membri concordano sull’aumento degli stanziamenti destinati a questo fondo, mentre alcuni paesi, tra cui Francia e Grecia, hanno segnalato la necessità di limare i dettagli.
«Il Consiglio europeo», si legge ancora, «ribadisce la sua ferma condanna della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, che costituisce una palese violazione della Carta delle Nazioni Unite, e ricorda l’incrollabile sostegno dell’Unione europea all’indipendenza, alla sovranità e alla integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti e al suo diritto intrinseco di autodifesa contro l'aggressione russa». I leader europei confermano «il sostegno alla formula di pace del presidente Zelensky. L’Unione Europea continuerà a lavorare con l’Ucraina sul piano di pace in 10 punti».
Un piano di pace, ricordiamolo, che prevede tra l’altro il ritiro delle truppe russe da tutti i territori occupati, compresa la Crimea: uno scenario già bocciato da Mosca, e che sarebbe possibile quindi solo se l’esercito ucraino, con il sostegno degli alleati, riuscisse a riconquistare tutte le regioni attualmente sotto il controllo della Russia. Siamo di fronte, come appare evidente, a uno scenario di ulteriore escalation: l’Europa si muove come se avesse chiaro lo scenario di una guerra ancora molto lunga.
Arrivano soldi anche per la Moldavia: «L’Unione europea», si legge nelle conclusioni, «continuerà a fornire tutto il sostegno pertinente alla Moldavia, anche per rafforzare la resilienza, la sicurezza, la stabilità, l’economia e l’approvvigionamento energetico del paese di fronte alle attività destabilizzanti di attori esterni, nonché a sostenere il suo percorso di adesione all'Unione Europea. Il Consiglio europeo invita la Commissione a presentare un pacchetto di sostegno prima della sua prossima riunione». Gli “attori esterni” naturalmente sono i russi.
Zelensky, nel corso del suo intervento, ha lamentato «i ritardi nella consegna dei missili a lungo raggio, degli aerei moderni, nell’adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni, nel piano di pace formulato da Kiev e nel percorso di adesione all’Ue», avvertendo l’Unione europea che questi ritardi finiranno per prolungare il conflitto. Zelensky ha manifestato la volontà di organizzare un vertice sul piano di pace proposto da lui proposto, da svolgere in una capitale europea.
Giorgia Meloni, incontrando i giornalisti prima dell’inizio del Consiglio, ha sgomberato il campo da presunte frizioni con la Lega e con Matteo Salvini e ha ribadito la convinta adesione dell’Italia alla linea dura: «Francamente», ha sottolineato ancora la Meloni, «le posizioni della Lega sull’Ucraina non mi preoccupano. Al di là delle posizioni espresse e del necessario richiamo a continuare a lavorare per una soluzione del conflitto, su cui ovviamente tutti lavoriamo, il punto è capirsi su cosa sia utile per arrivare alla fine del conflitto. Non c'è nell’attuale contesto misura più efficace di garantire un equilibrio delle forze in campo, che è l’unico modo per costringere a una negoziazione che deve essere giusta, non si può prescindere da chi è l’aggressore e chi è l’aggredito. Non sono preoccupata perché guardo ai fatti», ha aggiunto il presidente del Consiglio, «e sulla linea italiana, che è molto chiara, non ho avuto problemi».