Super Mario al cinema: l'italiano stereotipato per cui (per fortuna) nessuno si offende
Il 5 aprile esce il nuovo film dedicato all’eroe Nintendo. Curioso che in un’epoca di suscettibilità globale, nessuno lo accusi di essere razzista. Forse perché siamo meno permalosi di altri.
Super Mario torna al cinema. Il 5 aprile uscirà infatti in Italia Super Mario Bros. - Il film, pellicola di animazione diretta da Aaron Horvath e Michael Jelenic. Il personaggio dei videogiochi, creato nel 1981 dalla Nintendo, torna quindi sul grande schermo dopo la dimenticabilissima esperienza in live action di Super Mario Bros., del 1993, con Bob Hoskins e John Leguizamo, unanimemente considerato un capolavoro involontario del trash.
La trama del film in uscita non lascia comunque ipotizzare che sia alla porta un nuovo Quarto potere: la pellicola si basa infatti su Mario e Luigi Mario (proprio così, il personaggio principale ha nome e cognome uguale: Mario Mario), due fratelli idraulici di Brooklyn che, lavorando ad un sistema di tubature, sono risucchiati da un tubo verde che li trasporta in un'altra dimensione. Mario finisce nel Regno dei Funghi mentre Luigi finisce nella Terra Oscura. Il tiranno della Terra Oscura, Bowser, fa prigioniero Luigi e gli rivela che ha intenzione di dominare il Regno dei Funghi conquistandolo poco alla volta. Mario, invece, è portato al cospetto della principessa dei Toad, un'umana di nome Peach che lo invita ad aiutarli a respingere l'avanzata di Bowser, mentre cercano intanto alleati e un modo per salvare Luigi.
La cosa che stupisce, tuttavia, è un'altra: come è possibile che in questa epoca di suscettibilità esacerbata, di accuse di razzismo e «appropriazione culturale» lanciate a destra e a manca, un personaggio così chiaramente stereotipato non crei invece discussioni? Mario è infatti una tipica macchietta di italiano: è un idraulico basso, con i baffi neri, che dice continuamente «Mamma mia» e ha uno dei più comuni nomi italiani, che per giunta, come detto, è anche il suo cognome. Cosa c'è di male in tutto questo? Nulla, ma è curioso che un'epoca che considera offensivo imitare i cinesi tirandosi gli occhi ai lati, non trovi nulla da ridire su un personaggio così unidimensionale. Per non parlare del fatto nel film del 1993 nessuno dei due protagonisti era davvero italiano.
Non lo diciamo, ovviamente, per invocare una censura politicamente corretta sul nuovo film o su quello del passato, né perché ci sia davvero qualcosa di offensivo in un personaggio simpatico ed entrato a pieno titolo nell'immaginario globale come Super Mario. È però interessante indagare il perché certi meccanismi di isteria collettiva scattano o non scattano. Può darsi che la comunità italiana non abbia Pr abbastanza efficaci nell'ambito dell'attivismo dei campus americani, dove nascono tutte queste follie. O che gli italiani, in quanto europei, siano considerati comunque dei «privilegiati» e quindi non bisognosi di tutele politicamente corrette?
Su Reddit esiste una discussione di otto anni fa, in cui un utente chiede: «Perché Super mario non è considerato razzista, come invece accadrebbe se fosse una caricatura di un nero o di un cinese?». Qualcuno replica che non esiste lo stereotipo degli italiani «idraulici che saltano e diventano alti mangiando funghi». Un altro spiega: «È una caricatura di un italiano ma davvero mite e inoffensivo. Ha i baffi, usa frasi stereotipate come "Mama Mia" e parla usando una grammatica non standard, ma questo è tutto. Non c'è assolutamente nulla che implichi che una persona del genere sia intrinsecamente inferiore o intrinsecamente sciocca. Non conosco nessun italiano che abbia un problema con esso. E molti videogiochi ritraggono stereotipi molto più offensivi di tutti i tipi di persone». Un altro ancora obietta che «gli italiani non sono una razza», anche se c'è chi di rimando fa notare che neanche i cinesi, in senso stretto, lo sono.
Sono tutte argomentazioni interessanti, anche se la verità è che i meccanismi della suscettibilità globale sono del tutto arbitrari, affidati alle sensibilità di un nucleo di attivisti fuori di testa che di volta in volta inventa battaglie di sana pianta. Non c'è nulla di male nella rappresentazione di Super Mario, ma non c'è nulla di male neanche nel mimare gli occhi a mandorla o nel pitturarsi la faccia di nero. Nel caso di Super Mario, manca semplicemente lo svalvolato di turno che sollevi la questione. Sperando che, in quel momento, dal Belpaese arrivino in risposta solo pernacchie.