Il bilanciamento tra libertà e sicurezza è un tema cruciale nel rapporto tra cittadini e istituzioni, soprattutto in Occidente. Tuttavia, quando si tratta di soggetti esterni che rappresentano potenziali minacce, la questione dovrebbe essere molto più semplice. Dovrebbe, appunto, perché non sembra essere così per l’Unione europea. Dal giugno 2022, infatti, a seguito dell’intervento del Garante europeo per la protezione dei dati personali, Frontex (Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera) ed Europol (Agenzia per la lotta al crimine) hanno sospeso lo scambio di dati relativi a persone sospettate di reati transfrontalieri, come il traffico di esseri umani. In pratica, le due agenzie, fondamentali per contrastare l’immigrazione illegale e la criminalità organizzata, non possono condividere informazioni sensibili per non violare le norme sulla privacy. La sospensione è stata decisa dopo due pareri emessi il 7 giugno 2022 dal polacco Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo per la protezione dei dati, uno sulle regole interne di Frontex e l’altro sul trattamento dei dati raccolti nell’identificazione di sospettati di crimini transfrontalieri. Da allora, Frontex ha respinto diverse richieste di Europol, considerate non conformi alle indicazioni del Garante, inclusa una semplice richiesta di dati sui flussi migratori della rotta che collega l’Africa occidentale alle isole Canarie.
Tra settembre e novembre 2022, il Garante ha avviato un’indagine su Frontex, con ispezioni presso la sede dell’agenzia. Il 5 dicembre 2024, al termine dell’indagine, ha emesso una decisione di censura, la sanzione più lieve, riconoscendo che Frontex aveva prontamente interrotto lo scambio sistematico di dati con Europol. Per adeguarsi alle raccomandazioni del Garante, le due agenzie hanno avviato negoziati per definire un protocollo di scambio di informazioni conforme alle norme europee sulla privacy. Una bozza preliminare dell’accordo è stata condivisa ad agosto, ma non è stato ancora indicato un termine per la sua conclusione.
A denunciare questa situazione, in un contesto geopolitico particolarmente critico, è l’onorevole Sara Kelany, deputata di Fratelli d’Italia e membro della delegazione della Camera al gruppo di controllo parlamentare congiunto su Europol. Kelany ha presentato un’interrogazione in cui sottolinea che «non sono stati indicati i tempi per la definizione di un accordo in materia tra Europol e Frontex né è stata fornita dal Garante una valutazione sulla opportunità di interventi legislativi volti a bilanciare la protezione dei dati personali con altri interessi pubblici, quali la lotta alla criminalità e la sicurezza». E conclude chiedendo: «Quali iniziative Europol intende assumere o ritiene comunque necessarie affinché lo scambio dei dati personali in questi ambiti riprenda in maniera sistematica e regolare?». Il partito di Giorgia Meloni si sta muovendo su più fronti. Un’interrogazione simile è stata presentata in Commissione al Parlamento europeo, sostenuta dal capodelegazione Carlo Fidanza e firmata dagli eurodeputati Ecr Alessandro Ciriani, Nicola Procaccini (copresidente del gruppo europeo) e Giuseppe Milazzo. Gli eurodeputati chiedono alla Commissione «quali iniziative intende assumere a breve termine, anche alla luce delle mancate indicazioni» del Garante, e se siano in corso di studio soluzioni rapide per garantire «la ripresa di uno scambio dati sistematico e legale, efficace per il contrasto all’immigrazione irregolare». Inoltre, si interroga sulla possibilità di modifiche normative per «uniformare lo scambio di dati tra le agenzie Ue in materia di sicurezza e lotta alla criminalità».
«Ritengo assurdo che per il preteso rispetto della riservatezza di criminali o potenziali criminali si sacrifichi la sicurezza dei cittadini», ha dichiarato Kelany alla Verità. «Da due anni si stanno facendo questioni in ordine all’impossibilità di effettuare uno scambio di dati tra Europol e Frontex, che sono le due principali agenzie europee che si occupano della sicurezza dei confini e della sicurezza interna all’Unione europea, per rispettare la privacy di soggetti che potrebbero essere i criminali (stiamo parlando di immigrati irregolari, di potenziali terroristi), in un contesto geopolitico in cui dovremmo invece alzare la guardia sotto questo profilo». «All’ultima riunione del Comitato di controllo Europol», continua, «il 24 febbraio a Varsavia, ho posto questa domanda in maniera molto dritta al Garante, il quale non mi ha risposto. Quindi mi sono risolta a fare un’interrogazione, perché non possiamo consentire questa elefantiasi burocratica ben condita da ideologia». «Europol», ha aggiunto, «addirittura cambiò due articoli del proprio regolamento per attenersi a quelle che erano le prescrizioni del Garante per la privacy, ma questo impugnò il nuovo regolamento di fronte alla Corte di giustizia». «Non è giustificabile», ha concluso l’onorevole, «nel bilanciamento di interessi che i soggetti pubblici sono tenuti a mantenere nell’esercizio delle proprie funzioni, che prevalga l’interesse della riservatezza su quello della sicurezza, soprattutto in questo contesto storico».