Il vertice di oggi a Istanbul è avvolto da un’aura di incertezza quasi surreale. E il motivo va ricercato innanzitutto nella sua genesi: prima Vladimir Putin, di fronte alle molteplici richieste di cessate il fuoco, ha aperto a colloqui diretti tra Mosca e Kiev; poi Volodymyr Zelensky ha rilanciato, proponendo un faccia a faccia in Turchia, ma solo a patto di una tregua preliminare. Ventiquattro ore dopo, persuaso da un intervento di Donald Trump, il leader ucraino ha fatto un passo indietro, dichiarandosi disponibile a negoziare con lo zar anche senza un’interruzione degli scontri. Nel frattempo, il presidente degli Stati Uniti, mentre era in procinto di volare in Medio Oriente per la sua prima visita di Stato, ha annunciato che, se i negoziati diretti tra Putin e Zelensky fossero andati in porto, avrebbe valutato se fare tappa a Istanbul. Il russo, però, a distanza di giorni non ha ancora sciolto i dubbi sulla sua presenza e, nel momento in cui va in stampa questo giornale, la composizione della delegazione inviata dal Cremlino rimane un enigma.
Tra dichiarazioni ufficiali e notizie fatte trapelare dai media, la confusione che aleggia sul vertice non si è diradata nemmeno alla vigilia. L’accelerazione impressa da Zelensky è stata letta da molti come una mossa strategica volta a smascherare le reali intenzioni di Putin, ma l’interpretazione potrebbe anche essere capovolta: che cosa spinge il presidente ucraino a una richiesta così azzardata - un incontro con l’acerrimo nemico, con cui un suo stesso decreto vieta di negoziare, senza i tempi tecnici per una adeguata preparazione? I summit di massimo livello sono, in genere, il coronamento di un percorso diplomatico, non il punto di partenza. A meno che, dietro le quinte, non siano già in corso contatti più avanzati di quanto dichiarato. Altrimenti, la sensazione è che qualcuno abbia fretta di congelare il conflitto perché sa che il tempo peggiorerà la situazione. Impressione confermata anche dalle ultime dichiarazioni di Zelensky: «L’Ucraina è pronta a qualsiasi tipo di negoziato per porre fine alla guerra».
Di certo, al momento, c’è che oggi ad Ankara si incontreranno Zelensky e il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Tuttavia, se Putin all’ultimo accettasse l’invito dell’ucraino, i colloqui si sposterebbero a Istanbul, città simbolo dell’incontro tra Occidente e Oriente, tra Europa e Asia. «La Turchia è senza discussione uno dei Paesi che cercano il negoziato e sostengono soluzioni politiche», ha dichiarato Erdogan, la cui centralità sulla scena mondiale rappresenta una dimostrazione del fallimento europeo. Ieri, infatti, nella città turca di Antalya si è tenuto anche una riunione informale tra i ministri degli Esteri della Nato, a margine della quale il ministro turco Hakan Fidan ha ricevuto l’omologo ucraino, Andriy Sybiha, esprimendo il sostegno del suo Paese agli sforzi per raggiungere un accordo di cessate il fuoco. I rappresentanti permanenti dei 27 Paesi dell’Unione europea, la cui irrilevanza è stata certificata ieri anche da Mario Draghi, hanno invece approvato il diciassettesimo pacchetto di sanzioni contro Mosca. Con il novello Napoleone, Emmanuel Macron, che ha lanciato la proposta di dispiegare aerei da guerra francesi con armi nucleari sui territori degli altri Paesi europei, come fanno gli Stati Uniti con Belgio, Germania, Italia e Turchia. Salvo poi precisare di non volere una terza guerra mondiale (sullo scoppio della seconda, come noto, qualche responsabilità i francesi l’hanno avuta).
Dopo le indiscrezioni di martedì, che davano il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, alla guida della delegazione del Cremlino oggi a Istanbul, ieri alcune fonti di stampa locali hanno smentito la notizia. Sull’argomento, però, non sono ancora arrivate informazioni ufficiali da Mosca: Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, si è limitato a dichiarare che la delegazione russa aspetterà oggi la controparte ucraina, ma sulla sua composizione ha ribadito di attendere le istruzioni di Putin. Sarebbe tuttavia abbastanza insolita l’assenza di Lavrov, navigato capo della diplomazia russa, considerato che sia il suo omologo Marco Rubio, segretario di Stato Usa, sia l’inviato Steve Witkoff hanno confermato di partecipare ai colloqui per l’Ucraina, però non oggi ma domani (Rubio è comunque in Turchia per il summit della Nato). Significa forse che parteciperà lo stesso Vladimir Putin? L’ipotesi appare assai improbabile, anche se le ultime settimane ci hanno abituato ai colpi di scena. Mentre era a bordo dell’Air Force One, ieri Trump ha ancora ribadito che, se lo zar si recasse a Istanbul, potrebbe raggiungerlo. Sicuramente Putin ha già preso una decisione e, se avesse optato per andare, il tycoon lo saprebbe, se non altro per ragioni di sicurezza internazionale. Funzionari turchi, citati da Bloomberg in anonimato, hanno infatti dichiarato che Ankara non si aspetta l’arrivo di Trump oggi, ma al contempo non esclude la possibilità di un viaggio nei prossimi giorni, specialmente in caso di presenza di Putin.
Il consigliere presidenziale russo, Yuri Ushakov, ha affermato che sul tavolo, oggi, ci saranno questioni «politiche e molte questioni tecniche» e, pertanto, la delegazione russa sarà «formata sulla base di questo». «Noi non abbiamo ancora ricevuto alcuna risposta da Putin», ha invece lamentato un funzionario ucraino. Lo zar, secondo il ministro Sybiha, «deve smettere di rifiutare il cessate il fuoco e di evitare l’incontro con il presidente Zelensky». La delegazione ucraina, fa sapere quest’ultimo, verrà decisa «in base a chi viene da Mosca».




