Professionisti seri. Persone stimate. Vittime di un raggiro. Anzi, di una truffa più grande di loro e colpevoli solo di un eccesso d’amore. A leggere le cronache in cui si parla di due medici padovani fermati in Argentina per aver comprato una neonata c’è da rimanere a bocca aperta. La corsa a minimizzare, a rendere normale ciò che normale non è, a legittimare il diritto di sfruttare il corpo di una donna, pagandolo - questa è l’accusa - perché si trasformi in una incubatrice umana, in una macchina da riproduzione, lascia senza parole. «Qualcuno ha approfittato del loro amore», ho letto sulla Stampa. No, se le accuse saranno confermate loro si sono approfittati delle condizioni economiche di una ragazza di 28 anni, che per soldi si è prestata a farsi impiantare un ovulo fecondato, allo scopo poi di cedere la bimba che avrebbe partorito a una coppia gay. La quale, ben sapendo che in Italia l’utero in affitto è vietato, ha evidentemente pensato di aggirare la legge rivolgendosi a una società di Buenos Aires. «Hanno seguito la gravidanza della giovane passo passo dall’Italia, tramite l’agenzia che li teneva al corrente della salute della donna, degli esami che doveva sostenere, degli esiti degli accertamenti». Sì, perché sottoscrivendo quel contratto per l’acquisto della figlia, a quanto pare avevano anche acquisito i diritti di consultarne a distanza la cartella clinica, di invaderne la sfera più intima, come quando si compra una cosa e si vuole sapere dall’artigiano che la deve realizzare se tutto procede al meglio. Altro che muro invalicabile della privacy in materia sanitaria e di intimità sessuale, come rivendicato l’altroieri dal presidente del tribunale di Bologna: se c’è di mezzo il diritto di una coppia gay a ottenere un figlio su ordinazione vale tutto.
«Sono due medici con un gran curriculum alle spalle. Due persone amorevoli. E si ritrovano bloccati lì, senza aver commesso alcun reato», dicono gli amici.
Io non so se la coppia fermata con la neonata un minuto prima di salire sull’aereo che l’avrebbe portata in Italia abbia un gran curriculum o sia amorevole. Ma né il curriculum né l’amorevolezza sono in grado di spiegare perché due professionisti serissimi, due persone stimate, prendano l’aereo per raggiungere il Sudamerica e avere una figlia che la natura non consente loro di avere. «Non hanno commesso alcun reato», dice chi li conosce. Io non so se abbiano commesso un reato. Toccherà alla magistratura argentina decidere. Però so che dietro all’amorevolezza sbandierata da loro e dai loro amici, nascosto dietro alla grande ipocrisia dell’aiuto disinteressato di una ragazza povera a una coppia che sta dall’altra parte del mondo, c’è il commercio del corpo di una donna. Quella giovane non porta in grembo un neonato per fare un piacere a delle persone care: lo fa per soldi, perché ne ha bisogno e magari non sa nutrire un altro bambino e dunque è disposta a scambiare quello che ha tenuto nella pancia per nove mesi con la vita del figlio che dorme accanto a lei. La sinistra si indigna se vede una donna sfruttata in un luogo di lavoro. Quelle giovani costrette a faticare senza garanzia sono considerate a ragione le nuove schiave del capitalismo. E le ragazze messe a partorire figli da vendere a ricche coppie gay che cosa sono se non schiave dell’egoismo di chi, proclamandosi difensore dei diritti, pensa solo ai propri e non a quelli degli altri? No, non c’è alcun amore in chi se ne va all’estero per soddisfare il proprio bisogno di sentirsi chiamare papà e pur di poter apparecchiare una famiglia normale è disposto a pagare, utilizzando anche losche agenzie. In Argentina l’utero in affitto non è vietato, ma è vietata la compravendita di bambini. Ed è per questo che secondo l’accusa i due professionisti serissimi sono stati fermati. Perché secondo gli inquirenti di Buenos Aires avrebbero aggirato la legge. Poche migliaia di euro in cambio di un bambino, per poter completare la finzione della famiglia da Mulino Bianco. Ognuno è libero di amare chi vuole, uomo o donna che sia. Ci mancherebbe. Ma non è libero di spacciare per amore il proprio egoismo, un egoismo che non guarda in faccia a nessuno, neanche alla miseria di chi non ha altro da vendere se non il proprio corpo.