Ieri è suonato l’ennesimo campanello d’allarme per Ursula von der Leyen a proposito del suo piano per prestare 140 miliardi all’Ucraina, facendo leva sulle attività finanziarie russe tuttora sequestrate. Visto che finora Ursula è rimasta sorda agli inviti alla prudenza - anche a quello di Christine Lagarde - ieri il Financial Times ha reso noti i dettagli di una preoccupatissima lettera che Valérie Urbain - amministratore delegato di Euroclear, l’istituzione finanziaria belga che è depositaria di ben 185 miliardi tra riserve di banca centrale e asset di entità private riconducibili a Mosca - ha inviato alla Von der Leyen e ad António Costa, presidente del Consiglio europeo.
Il rischio concreto, evidenziato dalla Urbain, è che lo schema ipotizzato dalla Commissione nel testo che si accinge a sottoporre al prossimo Consiglio europeo del 18 dicembre sia letto dagli investitori come una vera e propria confisca. Un decisivo e ulteriore passaggio rispetto al semplice sequestro, disposto fin dalla primavera 2022, con conseguenti negativi effetti sul clima di fiducia verso i mercati finanziari europei.
Ciò porterà a un «aumento del premio al rischio con significativo aumento degli spread su tutti i titoli governativi europei e un corrispondente aumento del costo di indebitamento per gli Stati membri». Come evidenziato più volte in passato, espropriare le riserve di banca centrale segna il superamento di una linea rossa invalicabile nei mercati finanziari mondiali che non può non avere conseguenze.
In particolare Euroclear teme - ed è lo stesso timore che ha indotto il premier belga a bloccare tutto nel Consiglio europeo di ottobre - che se fosse costretta a prestare forzosamente alla Ue 140 miliardi, disponendo così della liquidità dei russi, potrebbe essere subire azioni legali e ritorsioni che ne metterebbero in discussione la solvibilità. Da qui la necessità di disporre di una garanzia, incondizionata e a prima richiesta, da parte di tutti gli Stati membri. In altre parole, alla Urbain non basta un «pagherò» in bianco firmato dalla Von der Leyen per non rimanere scoperta con i russi. Ci vogliono le firme degli Stati membri come garanti. Cioè la disponibilità di questi ultimi a tenere indenne Euroclear - con pagamenti compensativi - da qualsiasi azione risarcitoria fosse costretta a subire da parte dei russi nei tribunali internazionali. Ecco perché, comunque vada, questo prestito costituirà motivo di tensione sui mercati finanziari.
La risposta di Mosca non si è fatta attendere e il presidente russo, Vladimir Putin, nel corso di una conferenza stampa a Bishkek ha assicurato che «il governo russo, su mia indicazione, sta elaborando un pacchetto di misure di ritorsione qualora ciò accadesse. Ed è chiaro a tutti che si tratterebbe di un furto di proprietà altrui».
La ritorsione è riferita alle attività che la stessa Euroclear ha in Russia e alle numerose attività industriali e finanziarie - tra cui la controllata russa di Unicredit - tuttora operanti. Basti pensare che, dal 2022, tra amministrazione temporanea statale, confische o vendite forzate a prezzi scontati, la Russia ha colpito asset occidentali per un valore stimato di circa 50 miliardi, interessando oltre 250 aziende straniere.






