Bene, bravo, bis! Di fronte a un Parlamento finalmente rasserenato dalla garanzia di un altro annetto e mezzo di stipendio e dal vitalizio in arrivo, Sergio Mattarella pronuncia il suo secondo discorso di insediamento elencando una serie di buoni propositi che fanno capire limpidamente a tutti che il suo mandato non sarà certamente «a tempo», ma durerà per i prossimi 7 anni. Mattarella, del resto, ha organizzato sapientemente la sua rielezione, contando sul caos totale che regna nei partiti e sul terrore del voto anticipato di deputati e senatori. Come da copione, però, esordisce sottolineando la sua sorpresa per essere stato invitato da tutti i partiti tranne Fdi a restare al suo posto: «Il Parlamento e i rappresentanti delle Regioni», dice Mattarella in apertura del suo discorso a Montecitorio, «hanno fatto la loro scelta. È per me una nuova chiamata, inattesa, alla responsabilità; alla quale tuttavia non posso e non ho inteso sottrarmi», e poi ricorda «i giorni travagliati della scorsa settimana. Travagliati per tutti, anche per me». Su questo Mattarella va compreso: tra improbabili traslochi e l’attesa di essere richiamato un po’ di stanchezza Nonno Sergio l’avrà accumulata.
L’esposizione di un articolato programma di riforme da parte di Mattarella, tuttavia, non solo fa restare deluso chi sperava in un accenno alla possibilità di dimettersi prima della scadenza del mandato, ma fa anche sorgere una domanda: ma Mattarella, nei 7 anni del primo mandato, che ha fatto? Noi lo sappiamo: ha passato gli ultimi quattro a impedire che nonostante i governi cadessero uno dopo l’altro si tornasse a chiedere il voto degli italiani; ha coperto tutte le forzature degli esecutivi in tema di pandemia; non ha fatto assolutamente nulla quando il bubbone della magistratura politicizzata è scoppiato clamorosamente. Proprio alla magistratura Mattarella riserva un passaggio affilato: «Mi preme sottolineare», dice Mattarella, «che un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia. Per troppo tempo è divenuta un terreno di scontro che ha sovente fatto perdere di vista gli interessi della collettività. È indispensabile che le riforme annunciate giungano con immediatezza a compimento affinché il Consiglio superiore della magistratura possa svolgere appieno la funzione che gli è propria, superando logiche di appartenenza che, per dettato costituzionale, devono rimanere estranee all’ordine giudiziario. Occorre per questo», aggiunge il presidente della Repubblica, «che venga recuperato un profondo rigore». Se ne accorge adesso, Mattarella, che la magistratura ha bisogno di una riforma urgente? Chi è stato il capo del Csm negli ultimi 7 anni? Lui, ovviamente.
Il passaggio sulla centralità del Parlamento è un vero e proprio atto dovuto: come ben sappiamo, deputati e senatori terrorizzati dal voto anticipato sono stati le pedine che, sapientemente manovrate, hanno spinto per la riconferma del capo dello Stato, mentre alcuni leader delle forze politiche tentavano di trovare un’altra soluzione. Mattarella sceglie di esaltare le funzioni del Parlamento bacchettando il governo: «Quel che appare necessario», afferma il Presidente, «nell’indispensabile dialogo collaborativo tra governo e Parlamento è che, particolarmente sugli atti fondamentali di governo del Paese, il Parlamento sia sempre posto in condizione di poterli esaminare e valutare con tempi adeguati. La forzata compressione dei tempi parlamentari rappresenta un rischio non certo minore di ingiustificate e dannose dilatazioni dei tempi». Deputati e senatori si lanciano in una ola da stadio, ma verrebbe sommessamente da chiedere a Mattarella perché non abbia mai alzato un sopracciglio mentre il governo giallorosso di Giuseppe Conte sfornava dpcm in continuazione, durante il primo periodo della pandemia, introducendo limitazioni delle libertà personali senza mai coinvolgere il Parlamento, abitudine, va detto, che ha caratterizzato anche l’attuale esecutivo, guidato da Mario Draghi. «Il Parlamento», dice ancora Mattarella, «ha davanti a sé un compito di grande importanza perché, attraverso nuove regole, può favorire una stagione di partecipazione»: una spintarella al cambiamento della legge elettorale, probabilmente.
Infine, tra i tanti passaggi scontati, c’è un punto del discorso di Mattarella che lascia aperti molti interrogativi: «Occorre evitare che i problemi trovino soluzione», argomenta il presidente, «senza l’intervento delle istituzioni a tutela dell’interesse generale: questa eventualità si traduce sempre a vantaggio di chi è in condizioni di maggior forza. Poteri economici sovranazionali, tendono a prevalere e a imporsi, aggirando il processo democratico». A chi si rivolge, Mattarella? Quali poteri economici sovranazionali accusa di cercare di imporsi aggirando il processo democratico? Non si sa: quello che si sa è che questo passaggio ha certamente significati che solo Mattarella e i destinatari sono in grado di decifrare.