Le conversazioni sembrano quelle di un comitato centrale dove non prevalgono le logiche della legge, del merito, della competenza e dell'esperienza, ma gli interessi e il tornaconto di chi siede ai vertici.
L'ex capo della Procura di Roma per la sua serata d'addio invitò sei cari amici, fra cui un giudice dei processi istruiti dal suo stesso ufficio e Luca Palamara. Ma nulla fu registrato.
Nelle ore calde per le accuse all'allora numero uno del Viminale, il gip Fabio Pilato scriveva a Palamara: «Indovina chi è il presidente del tribunale per i ministri di Palermo? Io». E l'altro esultava: «Grande».
Non ci sono differenze tra i dossier Diciotti (Matteo Salvini scagionato), Gregoretti (Matteo Salvini a processo) e Open Arms. Senonché, stavolta, a fiaccare la credibilità dei giudici ci sono le chat svelate dalla «Verità». Ma occhio alle insidie quando la palla passerà al Senato.
Atteso per martedì il responso della giunta per le autorizzazioni sul processo a Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona. Proprio una delle vicende per cui, secondo le chat dei pm, bisognava «attaccare» l'allora ministro.