Le patologie cardiache sono purtroppo molto diffuse nelle nazioni europee e occidentali. Stile di vita sedentario, alimentazione sbagliata, stress eccessivo: tutti questi (e altri fattori) incidono pesantemente sulle condizioni del nostro cuore. Ecco perché è molto importante fare attenzione, cercare di prevenire con comportamenti corretti e individuare eventuali segnali di rischio. Per questo abbiamo chiesto indicazioni e consiglio all’Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri), una società scientifica che raccoglie gli oltre 5.000 professionisti operanti nelle strutture ospedaliere e territoriali del Servizio sanitario nazionale e che si occupa di promuovere le buone prassi cliniche nella prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie cardiovascolari. Grazie alle indicazioni di esperti titolati possiamo imparare non soltanto a conoscere alcune delle patologie più diffuse, ma soprattutto a comprendere come affrontarle. Adottando comportamenti più sani e tenendo d’occhio i segnali negativi.
«Scompensi cardiaci in forte aumento. Ecco i segnali a cui fare attenzione»
Fabrizio Oliva, presidente Anco
Fabrizio Oliva è presidente Anco e direttore di Cardiologia 1 all’ospedale Niguarda di Milano.
Dottore, che cos’è lo scompenso cardiaco (Sc)?
«Lo Sc è una sindrome caratterizzata dall’incapacità del cuore di assolvere alla sua funzione di pompa e di fornire un adeguato apporto di sangue e quindi di ossigeno a tutti gli organi. Può essere la via ultima comune di molte patologie cardiologiche, dalla cardiopatia ischemica alle malattie del muscolo cardiaco, alle patologie valvolari, alle forme infiammatorie. È una patologia cronica in forte aumento che colpisce oltre un milione di persone nel nostro Paese e rappresenta a livello mondiale la principale causa di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni. Nel corso degli ultimi anni nell’ambito della terapia per l’insufficienza cardiaca si sono resi disponibili una serie di nuovi trattamenti farmacologici e non. Nel contesto del trial alcune di queste terapie hanno dimostrato di essere in grado di migliorare significativamente la prognosi dei pazienti, ma nel mondo reale permangono difficoltà nella loro implementazione. Altri trattamenti risultano estremamente promettenti ma ancora di nicchia o con dati non consolidati».
Ci sono dei segnali di rischio?
«Devono essere valorizzati alcuni sintomi e segni, come la mancanza di fiato, soprattutto per sforzi lievi e a riposo, l’astenia marcata, la facile affaticabilità nelle attività quotidiane, la ritenzione di liquidi con comparsa di gonfiore agli arti inferiori e/o addominale. Questi segni e sintomi non sono però esclusivi dello Sc e quindi quando si presentano necessitano di una valutazione attenta da parte di un clinico che, per definire in modo preciso la diagnosi, si potrà avvalere, oltre che della visita, di altri accertamenti di laboratorio e strumentali, che permetteranno anche una diagnosi eziologica, quindi l’identificazione della causa».
Come si può eventualmente prevenire?
«Tra le varie cause di Sc la cardiopatia ischemica rappresenta la principale, seguita dalle malattie del muscolo cardiaco. Si può prevenire agendo innanzitutto sui fattori di rischio cardiovascolare che contribuiscono allo sviluppo di cardiopatia ischemica; è quindi importante controllare l’ipertensione arteriosa, trattare l’ipercolesterolemia, fare attività fisica ed astenersi dal fumo. È fondamentale anche curare in modo appropriato patologie non cardiache che possono comunque favorire lo Sc, come il diabete mellito e l’insufficienza renale cronica».
Come si affronta?
«Nonostante i numeri dimostrino un aumento della epidemiologia ed un’alta mortalità, nuove linee di trattamento hanno permesso di aumentare significativamente la sopravvivenza dei pazienti con scompenso cardiaco. Oltre che mantenere un corretto stile di vita, è importante avere un riferimento clinico a cui affidarsi e assumere le terapie farmacologiche raccomandate. Abbiamo oggi a disposizione vari farmaci che in grandi studi si sono dimostrati in grado di migliorare la sopravvivenza di questi pazienti, di ridurre le loro ospedalizzazioni e di migliorare anche la qualità della vita e la capacità funzionale. È importante, una volta che è stata posta la diagnosi, iniziarli il più presto possibile ed assumerli regolarmente e continuativamente perché lo Sc è una malattia cronica. Bisogna poi sottoporsi ai controlli clinici e agli esami ematochimici e strumentali prescritti con la cadenza indicata dai medici».
Come si riesce a tornare alla vita normale?
«Nella maggioranza dei pazienti la messa in atto dei trattamenti farmacologici permette di tornare a svolgere le normali attività quotidiane. È consigliabile comunque evitare sforzi eccessivi e repentini e condividere con il proprio curante il livello di attività fisica che sarà condizionato dal grado di gravità della malattia. Lo Sc è una patologia cronica, dobbiamo quindi pensare, oltre all’ottimizzazione della terapia, anche all’ottimizzazione organizzativa per l’inserimento dei pazienti in percorsi assistenziali innovativi attraverso una gestione integrata territoriale ed ospedaliera sulla base delle necessità del singolo paziente. Siamo in una condizione in cui possiamo garantire ai pazienti affetti da Sc un’assistenza in termini di terapia farmacologica e non farmacologica che può cambiare la traiettoria di malattia, garantendo migliore sopravvivenza, riduzione delle ospedalizzazioni e migliore qualità di vita. Tutto questo deve essere supportato da modelli di cura innovativi in cui il paziente possa essere preso incarico in modo multidisciplinare e personalizzato».
«Tutti dovrebbero fare un elettrocardiogramma entro la maggiore età»
Massimo Grimaldi, presidente designato Anmco
Massimo Grimaldi è presidente designato di Anmco e direttore di Cardiologia all’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti (Bari).
Dottore, che cosa sono esattamente le aritmie?
«Con il termine aritmie indichiamo tutte le alterazioni del ritmo cardiaco. Il cuore si contrae in modo regolare garantendo un battito al secondo circa, ovvero 60 battiti al minuto. La frequenza cardiaca a riposo può essere più lenta negli atleti o più rapida nei bambini o nelle persone sedentarie. La frequenza cardiaca può fisiologicamente accelerare anche oltre i 150 battiti al minuto durante sforzo o stress emotivo. Una improvvisa ed immotivata accelerazione del cuore è invece generata da un problema del sistema di eccito conduzione, potremmo definirlo un disturbo dell’attività elettrica del nostro cuore. Le aritmie possono essere anche di tipo bradiaritmico ovvero manifestarsi come rallentamenti o pause del ritmo cardiaco».
Ci sono dei segnali di rischio?
Il primo segnale di rischio è sicuramente rappresentato dalla presenza di un parente morto improvvisamente o con storia di arresto cardiaco resuscitato. Poiché molte aritmie a rischio di vita hanno un’origine genetica, sarebbe auspicabile una visita cardiologica nei parenti di un soggetto affetto da aritmie gravi o arresto cardiaco. Il secondo segnale di rischio sono le sincopi (improvvisa e transitoria perdita di coscienza) o pre-sincopi, talora associate a traumi da caduta. Una sincope preceduta da cardiopalmo o la rapida e completa ripresa dopo l’episodio indirizzano fortemente verso una sincope di tipo aritmico. Le sincopi che insorgono dopo aver urinato in ortostatismo o dopo una prolungata e statica stazione eretta sono in genere meno pericolose ma meritano comunque un consulto cardiologico. Le sincopi precedute da strane sensazioni visive o olfattive ovvero seguite da un prolungato (ore) stato di stanchezza o cefalea indirizzano invece verso una causa neurologica».
Altri segnali da tenere d’occhio?
«Il cardiopalmo a brusca insorgenza e risoluzione e soprattutto il dolore toracico. Un dolore al petto che duri da qualche minuto fino a mezz’ora può essere il campanello d’allarme di una patologia delle coronarie. La cardiopatia ischemica è la prima causa di morte improvvisa, in questo caso la strategia vincente è giocare d’anticipo e quindi andare in Pronto Soccorso o consultare immediatamente il medico».
Come si possono eventualmente prevenire le aritmie?
«Un semplice elettrocardiogramma è in grado di individuare numerose patologie a rischio aritmico. Tutta la popolazione dovrebbe eseguire almeno un elettrocardiogramma entro la maggiore età. Un corretto stile di vita, ovvero attività fisica regolare e corretta alimentazione, è fondamentale per prevenire la cardiopatia ischemica che rappresenta la prima causa di morte improvvisa. Nella corretta alimentazione ricordiamo, soprattutto d’estate, il giusto apporto di sali minerali di cui frutta e verdura sono ricchi. In caso di diarrea o sudorazione profusa si consiglia di ricorrere agli integratori».
Ma quando si presentano come si possono affrontare le aritmie?
«Il trattamento delle aritmie è estremamente variabile in base alla causa. Alcune aritmie benigne, come ad esempio le extrasistoli non a rischio, non hanno bisogno di alcuna terapia. Altre aritmie possono essere trattate con farmaci antiaritmici o con l’ablazione transcatetere. Si tratta di una tecnica eseguita con sottili cateteri che, posizionati nel cuore attraverso il sistema venoso, risolvono il problema grazie a piccolissime lesioni mirate sul tessuto che provoca l’aritmia. Nei soggetti a rischio di morte improvvisa può essere necessario l’impianto di un defibrillatore automatico. Si tratta di sistemi ad altissima tecnologia che vigilano sul nostro cuore ed intervengono solo qualora questo vada incontro ad un’aritmia ad imminente rischio di vita. Si impiantano sottocute sul torace in anestesia locale e sono muniti di cateteri che si posizionano all’interno o all’esterno del cuore».
Come si torna alla vita normale?
«Il ritorno ad una vita normale è possibile se l’aritmia è curabile con l’ablazione o se è stata provocata da una causa transitoria. Un esempio classico è la fibrillazione atriale provocata da un ipertiroidismo o un’aritmia ventricolare provocata da una transitoria alterazione degli elettroliti (potassio, calcio…). Negli altri casi il ritorno ad una vita normale è condizionato non solo dal tipo di aritmia ma soprattutto dalla patologia di base che la provoca».