Si è mai vista una metropoli a misura di soli pedoni, bici, monopattini e lussuose auto elettriche? Solo nell’immaginario di Beppe Sala. Giorno dopo giorno, il suo irrazionale modellino Lego spruzzato di green ha preso forma, arricchito dei suggerimenti di una sinistra radical chic che odia le polveri sottili, ma accetta la pericolosa violenza che si respira a Milano.
Tra bollette alle stelle e attività che chiudono, il sindaco ha infine pensato che i tempi fossero maturi per iniziare a imporre ai cittadini la rivoluzione verde. Per le strade, ahimè, ci sono ancora Euro diesel 6, da non castigare per il momento, ma quelle brutte auto inquinanti del ceto medio bisognava spazzarle via senza esitazione. Così, voilà, dall’area B di Milano sono state respinte le Euro 2 a benzina e gli Euro 4 e 5 diesel.
Operai, impiegati, cuochi, camerieri, ambulanti, addetti alla manutenzione, ma anche insegnanti, bidelli, custodi, medici, infermieri, una folla enorme di persone dal 3 ottobre è stata lasciata fuori da una zona che si estende per circa il 72% del territorio milanese. «La trasformazione ambientale deve fare il paio con equità sociale», declamava lo scorso giugno il primo cittadino, ospite del Festival di Green&Blue.
«Non possiamo dire alla gente non usate l’auto», sosteneva. Infatti, mica l’ha detto a tutti: nella sua città per soli ricchi, il «sindaco calzetta arcobaleno», non vuole fare entrare e nemmeno circolare «solo» centinaia di migliaia di lavoratori. Secondo l’elaborazione del Centro studi di AutoScout24 su dati dell’Automobile Club d’Italia, considerando l’hinterland milanese il numero di auto che non può muoversi a Milano nelle zone dell’area B sale è di quasi 483.000.
La forza pulsante di Milano, costretta a piedi se non ha i soldi per acquistare le auto gradite a Sala. «Abbiamo acquistato un’auto usata quattro anni fa, l’abbiamo finita di pagare da pochi mesi. È un Euro diesel del 2012, non poi così vecchia e comunque non possiamo permetterci altro. Adesso siamo costretti a lasciarla ferma in strada», racconta Gloria, 34 anni. Insegnante di lettere come il marito Pietro, di un anno più giovane, vivono sul Naviglio Pavese, in zona B.
In quanto precaria, non ha messo preferenze per le sedi dove fare sostituzioni, adesso si sposta in moto «ma appena arriva il freddo non so come farò. Pietro è di ruolo, in un istituto all’altro capo della città. Si muove in bicicletta, impiega un’ora andare, altrettanto per tornare. Rifiuta l’idea del monopattino, non è proprio nella nostra impostazione», spiega.
La scure verde si è abbattuta sulla loro vita, faticano a credere che un sindaco imponga come priorità l’acquisto di una nuova auto. «Facile adottare misure green se non metti tutti in condizioni di andare al lavoro», scriveva ieri sui social Simone, uno dei tanti cittadini colpiti dai nuovi divieti.
Marcella Bassanesi,57 anni, divorziata, vive con i due figli di 14 e 18 anni in Viale Monza, sempre in area B. Consulente d’arte nelle scuole della campagna Bergamasca, è costretta a uscire di casa mezz’ora prima delle 7.30, per non incappare in multe con la sua auto acquistata a rate nel 2016. «La sera, dopo un’intera giornata fuori, devo aspettare in un parcheggio che siano scoccate le 19 e 30 prima di passare sotto l’occhio della telecamera con l’“inquinante” Euro diesel 5, che speravo far durare almeno una quindicina d’anni». Indignata per «la politica anti famiglia di questo sindaco re Sole, che mette monopattini ovunque quando uno ha figli adolescenti e genitori anziani, quindi con ben altre esigenze», la signora ha anche un problema serio di salute. «Sono stata operata per un tumore, mi hanno tolto i linfonodi e fatico a camminare. Lasciare l’auto in un parcheggio lontano da casa è per me uno sforzo fisico eccessivo».
Per altri non sarà una dolorosa fatica, però rappresenta un’impresa impossibile. Inferociti, perché non sanno come raggiungere la città, sono parecchi abitanti del Vigentino, quartiere nella periferia meridionale di Milano. «Manca dappertutto un parcheggio abbastanza grande da raccogliere tutti quelli che da Sud vorrebbero andare, con due cambi, in autobus fino al 24», il tram che dopo 17 fermate ti porta in Piazza Fontana», fa notare Gianni sui social, rilevando che parcheggiare davanti al carcere «pare l’unica soluzione», dal momento che il capolinea del 24 e l’unico parcheggio presente in zona sono in area B.
«Il problema è di tutte le telecamere, sono poste con poca logica», protesta Simona. Cita quella posizionata prima dell’ingresso del Pronto soccorso dell’ospedale Niguarda, che assurdamente vieta ai pazienti di arrivare con l’auto giudicata inquinante. Conclude: «Non è questione di fare spostare una telecamera, che non sposteranno, ma di farle rimuovere tutte», le 188 che controllano i varchi.
Il suo giudizio è netto: «Chi emana questi decreti non conosce questo territorio». Sergio non ha dubbi: «L’area B è stata creata per portare soldi al Comune, non per aiutare chi usa l’auto per lavoro».
Marco lo ritiene «uno dei provvedimenti più classisti che abbia mai visto, scarica tutto sui ceti meno abbienti e non tocca minimamente i privilegi di chi non ha altro problema nella vita che organizzare l’apericena. Sta gettando nella disperazione migliaia e migliaia di lavoratori per bene. Tutto questo accade in un momento terribile per i prezzi, i costi e le bollette. Questo vuol dire incrudelire sulle fasce di popolazione che questa sinistra dice di voler tutelare».