Il Trattato pandemico è morto e neanche il Regolamento sanitario internazionale (Rsi) si sente tanto bene: parafrasando Eugène Ionesco, sono queste le notizie che arrivano da Ginevra, dove dal 27 maggio al 1 giugno si riunirà l’Assemblea mondiale della sanità, che in teoria avrebbe dovuto approvare il Trattato e gli emendamenti al nuovo Rsi. Il cataclisma che si è riversato sulla città svizzera che ospita l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) arriva dagli Stati Uniti, dove ormai la metà delle istituzioni del Paese si è schierata contro il colpo di mano di Tedros Ghebreyesus, benedetto anche dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden, e invoca a gran voce la bocciatura dell’accordo. Alle lettere al presidente Usa inviate da 49 senatori americani e da 22 dei 50 procuratori generali degli Stati Uniti, si è aggiunta due giorni fa anche quella sottoscritta da 24 dei 50 governatori americani. «Siamo uniti nell’opposizione a due strumenti che pretenderebbero di garantire all’Oms poteri senza precedenti». Fonti vicine alla Verità assicurano che i funzionari Oms faranno il possibile, prima del 27 maggio, per far approvare il Trattato, ma sono consapevoli che la strada è impervia, se non addirittura senza via d’uscita.
Il Trattato pandemico non rappresenta l’unica minaccia alla sovranità sanitaria. A Ginevra si stanno infatti tenendo due negoziati paralleli: quello sul Trattato ma anche quello sul nuovo Rsi. E nella cittadina svizzera, in queste ore, regna il caos: se la bocciatura del Trattato è ormai data per certa, anche i negoziati sul Rsi - fino a qualche settimana fa blindati - sono oggi in discussione. La spaccatura politica registrata oltreoceano ha coinvolto anche i round negoziali sul nuovo Rsi che, seppur diverso, è in molti passaggi sovrapponibile al Trattato. Entrambi gli strumenti si concentrano infatti sul «miglioramento della capacità globale e del coordinamento per affrontare la minaccia di emergenze sanitarie come epidemie e pandemie», ed entrambi hanno dichiarazioni di scopo simili. Non è un caso che il Rsi sia stato definito, dagli addetti ai lavori, un «cavallo di Troia» del Trattato. La bocciatura degli emendamenti al Rsi, però, è più complicata.
Se infatti il Trattato è un testo nuovo, con un iter di approvazione lungo e farraginoso (l’approvazione richiede una maggioranza dei due terzi dei Paesi membri dell’Assemblea e, in caso dovesse passare, necessita comunque di ratifica parlamentare in sede nazionale), il Rsi, invece, essendo già in vigore dal 2005, necessita soltanto di approvazione a maggioranza semplice e per consenso, ossia per silenzio assenso: se gli Stati membri non lo rigettano espressamente, entra in vigore dopo dieci mesi a partire dalla chiusura dell’Assemblea. È per questo motivo che la sua eventuale approvazione è più insidiosa, come è stato rilevato ieri al Sovereignity Summit di Washington.
La convention internazionale, organizzata dalla Sovereignity Coalition insieme con il senatore repubblicano Ron Johnson, è stata convocata con urgenza al fine di consolidare, prima dell’avvio dell’Assemblea di lunedì prossimo, l’affossamento definitivo del Trattato. Stanno partecipando i parlamentari nazionali di oltre 20 Paesi membri dell’Assemblea generale dell’Oms. Per l’Italia sono intervenuti i senatori Claudio Borghi della Lega e Lucio Malan di Fratelli d’Italia.
«L'Italia dirà no al Trattato» ha annunciato Borghi, «l’ultima interlocuzione che ho avuto con il nostro ministro della Salute va in questa direzione. Ne sono abbastanza convinto, ma non sicurissimo, perché so come vanno queste cose: ci sono forti pressioni internazionali. Un consiglio che vorrei dare a tutti i membri della Sovereignity Coalition», ha ammonito Borghi, «è di non cadere nella trappola di accettare qualsiasi tipo di emendamento: non abbiamo bisogno di un Trattato pandemico e neanche di un Trattato pandemico emendato». Malan ha confermato che la linea politica dell’Italia è quella del «no», sia al Trattato che alle modifiche suggerite sul nuovo Regolamento sanitario internazionale. Il senatore di Fratelli d’Italia ha inoltre rilevato che l’articolo 55 del Rsi stabilisce che eventuali emendamenti avrebbero dovuto essere presentati a tutti gli Stati membri quattro mesi prima della discussione in Assemblea, «cosa che non è avvenuta: sono arrivati soltanto poche settimane fa. C’è quindi un problema di procedura disattesa, che potrebbe essere violata se tali emendamenti venissero presentati all’Assemblea la prossima settimana». Inoltre, ha dichiarato Malan, «l’accettazione del Trattato o l’implementazione automatica degli emendamenti al Rsi comportano un pesante onere finanziario. In Italia, e penso anche negli altri Paesi, ogni spesa deve essere coperta da una disposizione di legge», ha spiegato Malan, «di conseguenza invito tutti i colleghi a fare opposizione su questo punto».
La strada del colpo di mano sanitario globale, insomma, sembra ormai segnata.