Vladimir Putin (Ansa)
Funzionari assicurano: lo zar pronto a discutere il cessate il fuoco. Gioco delle parti con Dmitry Peskov, che fa il duro.
Una vulgata stantia continua a ripetere che Donald Trump sarebbe un filorusso, pronto a cedere l’Ucraina a Vladimir Putin. Peccato però che tale narrazione sia stata smentita dallo stesso leader del Cremlino, nel corso di un’intervista rilasciata mercoledì. Il giornalista, Pavel Zarubin, ha chiesto allo zar quale candidato presidenziale americano, tra Joe Biden e lo stesso Trump, «sarebbe meglio» per la Russia. «Biden», ha replicato Putin. «È una persona più esperta, prevedibile, un politico della vecchia scuola», ha proseguito, per poi aggiungere: «Ma lavoreremo con qualsiasi presidente degli Stati Uniti in cui il popolo americano ha fiducia». Lo zar ha infine negato di aver notato problemi di salute in Biden, quando lo incontrò nel 2021. «Il presidente russo Putin mi ha appena fatto un grande complimento, in realtà», ha commentato Trump mercoledì stesso, durante un comizio in South Carolina. «Ho fermato il Nord Stream 2 e [Biden] l'ha approvato subito dopo che me ne sono andato, quindi Putin non è un mio fan in realtà», ha aggiunto l’ex presidente.
Sicuramente qualcuno ricorrerà alla dietrologia e dirà che, in realtà, lo zar avrebbe pronunciato quelle parole per mettere in difficoltà Biden. Tuttavia, a ben vedere, non è la prima volta che il leader russo dà un assist all’attuale presidente americano. A ottobre 2020, Putin smentì Trump, quando quest’ultimo, a pochi giorni dalle elezioni presidenziali di allora, accusò il figlio di Biden, Hunter, di aver ricevuto oltre tre milioni di dollari dalla moglie dell’ex sindaco di Mosca, la miliardaria Elena Baturina. Lo zar, irritato, disse di non avere informazioni di attività criminali da parte di Hunter in Russia o in Ucraina. Parole un po’ strane per uno che, secondo qualcuno, stava cercando di aiutare Trump a essere rieletto.
D’altronde, non è che Biden, da presidente, sia stato granché duro con Mosca. A maggio 2021, revocò le sanzioni al gasdotto Nord Stream 2: una mossa che favorì indirettamente l’invasione russa dell’Ucraina. Inoltre, appena pochi mesi dopo essersi insediato, l’attuale presidente americano ha avviato dei tentativi per ripristinare il controverso accordo sul nucleare con l’Iran: un accordo che, siglato nel 2015, è sempre stato fortemente sostenuto da Putin. Per non parlare di quando, a febbraio 2022, Biden ritirò i diplomatici statunitensi da Kiev, azzoppando così ulteriormente la capacità di deterrenza americana nei confronti di Mosca. Di contro, era stato Trump a imporre le sanzioni al Nord Stream 2 nel 2019, mentre l’anno prima era stato sempre Trump a far uscire gli Stati Uniti dall’intesa sul nucleare con Teheran. Fu inoltre nello stesso 2018 che l’allora presidente repubblicano chiuse il consolato russo di Seattle. Va poi ricordato che il rapporto del procuratore speciale Robert Mueller sul cosiddetto Russiagate non ha rinvenuto prove di alcuno sforzo coordinato tra il Cremlino e il team elettorale di Trump nel 2016.
Infine attenzione: secondo un report investigativo dei senatori repubblicani, Hunter avrebbe preso veramente 3,5 milioni di dollari dalla Baturina. Quella stessa Baturina che, almeno fino allo scorso agosto, non era stranamente ancora finita nella lista delle sanzioni americane contro gli oligarchi russi e che, nel 2014, partecipò a una cena a Washington a cui presero parte Hunter e il padre, che all’epoca era vicepresidente in carica degli Stati Uniti. Nello stesso anno, una società collegata al figlio dell’attuale presidente ricevette denaro anche da Kenes Rakishev: oligarca kazako che, secondo la testata francese Le Media, è stato in passato assai vicino al leader ceceno (nonché stretto alleato di Putin) Ramzan Kadyrov. Insomma, che Mosca si auguri una vittoria di Trump a novembre è tutto da dimostrare.