Sara Kelany (Imagoeconomica)
Un emendamento di Fdi toglie alle sezioni speciali il potere di decidere sui trattenimenti nei Cpr (incluso quello in Albania). A esprimersi dovrebbero essere le Corti d’appello. I progressisti e l’Anm insorgono.
Per l’occasione si è fatta viva anche una vecchia conoscenza come Frans Timmermans. Il socialista olandese, a lungo commissario europeo, l’uomo a cui in gran parte si devono i guai del Green deal con cui tutti siamo costretti a fare i conti, è uscito dal letargo in cui l’hanno spedito gli elettori e si è messo a lanciare allarmi. «Ci troviamo dinanzi a un vero pericolo. L’Europa ha davanti a sé una sfida esistenziale. Wilders (leader del Partito per la libertà, movimento che oggi è maggioranza nei Paesi Bassi, ndr) viene in Italia, ma lui vuole spaccare l’Ue, il suo è un pensiero nazionalista e di certo non vi aiuterà se fosse necessario». Con il fondatore del Pvv, da lui definito un populista di destra, Timmermans ha un conto aperto, perché è stato Wilders a mandare in frantumi il sogno dell’ex commissario di ritornare in patria, dopo gli anni trascorsi a Bruxelles, e divenire capo del governo del suo Paese. Invece, alla guida di una sorta di campo largo in salsa olandese (come sta scoprendo Elly Schlein, la definizione inventata da Goffredo Bettini per definire l’ammucchiata a sinistra non porta benissimo), Timmermans è stato stoppato dal Partito per la libertà, che della guerra all’immigrazione clandestina e all’islam radicale ha fatto una sua bandiera.
Ma evidentemente i recenti risultati dell’Alternative fur Deutschland in Germania e del Partito della libertà (Fpo) in Austria, oltre al successo del Rassemblement national in Francia, hanno risvegliato l’ex commissario europeo dal letargo e dunque è ripartita la campagna allarmistica contro le destre europee. Su questo giornale ne ha parlato già Francesco Borgonovo, denunciando come le elezioni, massimo esercizio di democrazia, diventino improvvisamente un pericoloso esperimento autoritario se a vincere non è la sinistra ma la destra. Fra i compagni, italiani o europei non fa differenza, ogni elezione persa è buona per denunciare derive fasciste o naziste. Quel che è successo, e succede, in Italia, con le accuse a Giorgia Meloni, si ripete puntualmente in Francia, con Marine Le Pen, in Olanda, con Geert Wilders, in Germania, con Alice Weidel, in Austria, con Herbert Kickl.
Tuttavia, tutto questo allarmismo per quella che di volta in volta viene definita una svolta verso l’estrema destra si ferma agli ipotetici pericoli per la democrazia e le minoranze, ma non va mai oltre, nel senso che mai spinge i vari Timmermans, ma anche le Elly Schlein, i Macron, gli Olaf Scholz e gli altri leader europei a una rigorosa autocritica e, soprattutto, a un’altrettanto energica inversione di marcia. Se il 30 per cento degli italiani vota per la destra una ragione precisa c’è e lo stesso si può dire della Francia, della Germania, dell’Olanda e dell’Austria, tanto per rimanere alle elezioni più recenti. In tutta Europa c’è uno spostamento dell’elettorato verso i partiti che più difendono gli interessi dei cittadini, di fronte a un’immigrazione senza frontiere e una sicurezza che mette a repentaglio la tranquillità delle persone. Come si fa a non capire che i governi di sinistra nei Paesi che svoltano a destra hanno profondamente deluso gli elettori, tanto da spingerli nelle braccia di chi promette loro ciò che finora non hanno ottenuto? Prendete il caso italiano. Anni di esecutivi progressisti, con Renzi, Gentiloni e Conte, dove ci hanno portato? A una crescita senza pari dei reati commessi da immigrati e questo per di più nelle città amministrate dalla sinistra, come Milano, Roma e Rimini (per non parlare di Torino e Firenze). E poi, sempre grazie ai compagni, che spalleggiati dai vari Timmermans le hanno imposte in Europa, la nostra industria vive una profonda crisi per effetto delle misure green che tanto piacciono a Bruxelles. L’esempio più clamoroso è la Fiat, che al di là delle manchevolezze della famiglia Agnelli, si trova a fare i conti con un mercato dell’auto elettrica che non c’è e dunque è costretta a fermare gli impianti e a mettere in cassa integrazione i dipendenti, ipotecandone il futuro.
Se la gente vota a destra, in Italia e altrove, una ragione c’è e a convincerla a votare a sinistra non basteranno le lamentazioni di un politico sconfitto come Timmermans. Dopo le batoste elettorali, in Francia e Germania si corre ai ripari, con un giro di vite nei confronti dei migranti e con decisioni che frenano le norme capestro volute in nome della transizione energetica. Ovviamente, non è mai troppo tardi. Ma almeno i compagni ci risparmino le loro lezioncine sull’onda nera, che se esiste è solo una legittima difesa dovuta ai loro errori.