Trentasette su 39: in pratica, il 95 per cento. Non sto dando i numeri, semplicemente ho fatto il calcolo della percentuale di persone che hanno precedenti penali tra quelle denunciate per gli scontri con le forze dell’ordine delle ultime settimane. Alla quasi totalità di coloro che sono stati segnalati alla magistratura erano già stati contestati gli stessi reati. E ciò vuol dire che gli aggressori di agenti e carabinieri sono sempre gli stessi. Cambiano le città e le motivazioni prese a pretesto, ma i teppisti che lanciano sampietrini e petardi rimangono quelli di sempre. A volte giustificano le sassaiole e le bombe carta con ciò che sta accadendo a Gaza. Altre la protesta violenta è innescata da un corteo di CasaPound, che pur essendo autorizzato i contestatori vorrebbero impedire. Di recente l’argomento usato per giustificare proteste e scontri è la morte di Ramy. «Carabinieri assassini» è il nuovo slogan dei manifestanti, ma si capisce che il giovane egiziano, morto in sella a uno scooter mentre fuggiva insieme a un amico all’alt di una pattuglia dell’Arma, non c’entra niente con il coro delle proteste. Si tratta solo di un pretesto per scontrarsi con la polizia, nient’altro. Al posto di Ramy potrebbe esserci un altro argomento, magari un’opera pubblica, come in passato è capitato con la Tav, ma il risultato sarebbe identico: pali divelti in strada e lanciati contro gli agenti, ordigni fatti esplodere contro il cordone di polizia chiamato a mantenere l’ordine pubblico.
Che i protagonisti degli scontri siano gli stessi dimostra un paio di cose. La prima è la più ovvia. Infatti, scoprire che su 39 denunciati 37 hanno precedenti simili a quelli che vengono loro contestati in queste settimane fa capire perché c’è necessità di un nuovo provvedimento di sicurezza per estendere anche a manifestanti politici la misura che da tempo si applica ai tifosi violenti. In questi anni il Daspo è stato usato con successo dalle questure per impedire trasferte calcistiche a chi è noto per aver partecipato a tafferugli fra opposte tifoserie o con le forze dell’ordine. Vietare la presenza allo stadio o costringere a una visita in caserma nell’ora in cui si tiene la partita aiuta a tenere sotto controllo i facinorosi. Dunque, perché non estenderlo anche a chi ha già precedenti per scontri, facendo in modo che non possa partecipare a manifestazioni a rischio?
Per la sinistra si tratterebbe di una legge liberticida, ma qui l’unica libertà a rischio è quella dei teppisti rossi, i quali ogni volta mettono a ferro e fuoco le città con la scusa di protestare contro il potere, ma che regolarmente finiscono per assaltare la polizia. Qualcuno dovrebbe spiegare a Elly Schlein e compagni che, se non vogliono essere associati ai militanti dei centri sociali, devono stare con le forze dell’ordine. Anche perché durante l’epidemia di Covid il Pd non si fece scrupolo di violare le libertà individuali degli italiani rinchiudendoli in casa. E dunque, perché oggi deve menar scandalo quando si nega a un violento la possibilità di andare a spaccare la testa a un agente?
La seconda considerazione importante riguarda ciò che è accaduto dalle parti di Firenze. Qualche giorno fa abbiamo dato la notizia di un attentato a una caserma dei carabinieri: un uomo ha lanciato materiale incendiario contro il portone della stazione, bruciando la plafoniera dei citofoni e provocando danni all’edificio. Ieri i militari dell’Arma hanno arrestato il presunto attentatore: si tratterebbe di un anarchico già noto alle forze dell’ordine per episodi analoghi. L’uomo sarebbe il responsabile di attentati alla linea dell’alta velocità, ma guarda caso, nonostante fosse già segnalato, denunciato e perfino condannato, al momento era libero di andare a incendiare i portoni delle caserme dei carabinieri. Le agenzie di stampa riferiscono che gli inquirenti non parlano di attentato. Beh certo, meglio minimizzare, così magari il pover’uomo tra un po’ potrebbe tornare libero e provare a bruciare qualcos’altro.
Nel frattempo, mentre si minimizza, segnalo che a Milano un gruppo di dieci o forse 12 persone, presumibilmente nordafricane, ha molestato e violentato una ragazza mentre questa era all’esterno di una discoteca con il fidanzato. Proprio come accaduto la notte dell’ultimo dell’anno in piazza del Duomo, hanno circondato la giovane, abusando di lei, con un rituale barbaro, che ricorda i metodi usati nelle tonnare. Stringere la vittima in un cerchio sempre più stretto. Si chiama «taharrush gamea», una molestia collettiva.
Cosa c’entra tutto ciò con gli assalti alle forze dell’ordine? C’entra, perché di poliziotti e carabinieri abbiamo bisogno per difenderci. E attaccarli perché hanno inseguito una moto fuggita davanti all’alt, indagandoli e accusandoli di omicidio, è il modo migliore per affrontare indifesi la situazione di emergenza che ogni giorno registriamo nelle nostre città.