La piattaforma per le consultazioni online si sgancia dal M5s dopo la fine dei versamenti mensili dagli eletti. Ora i soldi servono per il partito di Giuseppe Conte, ma in molti storcono il naso. Stefano Buffagni: «A Milano andremo da soli».
Il leader designato per risollevare le sorti grilline resta alla finestra: non vuole intestarsi la sconfitta alle amministrative. Ma se attende troppo potrebbe trovare solo macerie.
Beppe Grillo (Sergione Infuso/Corbis via Getty Images)
Uno vale uno, ma poi qualcuno deve pagare il conto. Così, dodici anni dopo la sua nascita ufficiale, il Movimento 5 stelle affonda per una banale faccenda di soldi e la piattaforma Rousseau, lo strumento che secondo l'idea di Gianroberto Casaleggio avrebbe dovuto garantire agli italiani la democrazia diretta, crolla sotto il peso dei debiti. Ieri, il figlio dell'uomo che insieme con Beppe Grillo voleva aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno, ha annunciato la cassa integrazione per i dipendenti dell'associazione, ma soprattutto ha sancito il divorzio tra Rousseau e i 5 stelle.
Tra i 5 stelle volano gli stracci. Per il titolare della piattaforma Rousseau tutta la politica deve passare dal digitale. Oltre ai partiti e ai movimenti sono quindi da escludere come reliquie del passato anche le persone. Ma dimentica l'articolo 49 della Costituzione.
La beffa della Transizione ecologica fa insorgere i dissidenti: «Su Rousseau siamo stati ingannati, bisogna rivotare». E il malcontento trova benzina nel ridimensionamento del Sud nell'esecutivo: ora è tutti contro tutti.
Il segretario del Pd ha paura che il nuovo titolare del Lavoro possa prendersi il partito. Polemica sulle quote rosa: «Perché Mario Draghi non ha scelto nessuna donna dem?»