Fino a ieri la sinistra voleva riconoscere il diritto di voto agli adolescenti, ma adesso che il governo vuole inasprire le pene per i minori, all’improvviso i ragazzini non sono più capaci di intendere e di volere.
Cioè, se voti per loro sei responsabile delle tue azioni e puoi decidere addirittura del destino del Paese, ma se spacci e usi violenza contro un agente o un carabiniere torni bambino e non sei più colpevole per quello che hai fatto. Un sistema che prevede due pesi e due misure in uso da tempo fra i compagni, i quali sono sempre pronti a difendere l’indifendibile: in questo caso i bulli e i delinquenti, ancorché minorenni.
Era il giorno della sua incoronazione a segretario del Pd quando Enrico Letta se ne uscì fra gli applausi con la magnifica idea di dare il voto ai sedicenni. «So che è una battaglia divisiva, complicata, ma dobbiamo allargare il peso dei giovani nella società», spiegò, aggiungendo che si trattava di una scelta identitaria per rendere incisivo il partito. La domanda a questo punto è legittima: ma se un ragazzino è ritenuto persona matura fino al punto da consentirgli di votare per Letta o Elly Schlein, perché deve essere considerato immaturo se commette un reato? Oh, certo, l’allora segretario del Pd parlava di consentire il diritto di voto a 16 anni e quei cattivoni del centrodestra, invece, vogliono punire con l’arresto i quattordicenni colti in flagranza, arrivando fino ad ammonire i dodicenni. Purtroppo, però, è la cronaca a spiegarci che gli adolescenti non sono sempre i bamboccioni che immaginavamo.
Qualche mese fa suscitò scalpore la storia di un rapinatore di appena 12 anni, Bilal, il quale, pur essendo stato arrestato in flagranza di reato e con ancora in mano il bottino, non poteva essere rinchiuso dietro le sbarre perché minore di anni 14, limite sotto il quale la legge non prevede l’arresto. Bilal aveva già un curriculum criminale di tutto rispetto, con almeno una decina di rapine e furti alle spalle, ma la Procura, al massimo, lo poteva spedire in una comunità dalla quale, ovviamente, evadeva il giorno dopo. Che si fa con un tipo del genere? Si chiude un occhio perché l’età lo rende impunibile? Oppure si stabilisce che se sei beccato con la refurtiva e gli attrezzi dello scasso in mano finisci comunque in cella, come capita – ma sarebbe meglio dire dovrebbe capitare – a chi è maggiorenne? A me la risposta pare scontata.
Qualcuno potrebbe osservare che Bilal è un caso limite perché è giunto in Italia senza famiglia e si arrangia come può, cioè rubando. Ma anche chi tiene famiglia spesso non si risparmia. Lo dimostrano le vicende raccontate nelle ultime settimane, con stupri commessi da minorenni, spaccio di droga e addirittura un omicidio. I bulli, anche se con un’età inferiore ai 14 anni, non sono un’invenzione di Giulia Bongiorno, promotrice della proposta di abbassare la soglia anagrafica per punire chi commette reati, ma una realtà che si registra di frequente nei mattinali della polizia. Il branco di ragazzi che circonda altri minorenni per rapinarli di tutto, a volte anche delle scarpe e delle felpe, non è fatto di angioletti da rimproverare con un buffetto perché in età da scuola media, ma da dei baby criminali.
Non lo dico io, lo spiega un esperto che ha il nome e il volto di don Luigi Patriciello, il prete che da Caivano, ossia dal quartiere in cui un diciassettenne ha ammazzato a colpi di pistola un altro ragazzo, ha chiesto di inasprire le pene e di abbassare la soglia di punibilità. «A 17 anni sono uomini scafati», spiega.
Del resto, anche l’ex procuratore di Napoli ha parlato di buonismo deleterio perché, evidentemente, sa che si può essere criminali anche se non si ha la maggiore età. Anzi, qualche volta le organizzazioni della malavita certi «lavori» li riservano proprio ai pischelli, sfruttando la legge che non prevede l’arresto sotto i 14 anni. Ilaria Cucchi, parlamentare della sinistra, dice che «è assurdo pensare che la criminalità giovanile possa essere combattuta con l’arresto». Dunque, che cosa facciamo per fermare le baby gang che stuprano, spacciano e rapinano, rendendo alcune zone, create dai compagni, delle banlieue inaccessibili alle forze dell’ordine? Diamo loro un premio? Per redimerli e strapparli alla dura vita dei clan concediamo loro il diritto di votare per il Pd? Baby delinquenti in galera no, ma liberi di votare per il Partito democratico sì? È così che si allarga il peso dei giovani nella società?
Ps. Ieri Le Monde ha pubblicato un articolo in cui racconta la guerra di Giorgia Meloni per riconquistare le banlieue. Diversamente dalla nostra sinistra, in Francia sanno cosa siano le baby gang e, a differenza di Pd e compagni, hanno imparato dagli errori.