Piazza San Marco rimane all'asciutto nonostante la marea di 119 centimetri: al sicuro locali e negozi già piegati dal Covid. Il sistema, per anni nel mirino degli ambientalisti, dimostra di essere indispensabile.
Quarto giorno di alluvione. Centro storico sommerso per il 70% e chiuso fino al pomeriggio. Passerella di politici, ma le cineprese di Stefano Accorsi urtano i veneziani. Luigi Brugnaro: «Non c'è di peggio che la speculazione».
Luigi Di Maio attacca Luca Zaia. E sbotta: «L'emergenza non è solo in laguna, maltempo anche a Matera».
Adesso che Venezia è allagata, l'Italia piange sull'acqua versata. Peccato che gli stessi che ora lacrimano e si indignano per i capolavori e i palazzi sommersi, siano in gran parte gli stessi che hanno ostacolato l'unica soluzione ritenuta possibile, dopo anni di studi e discussioni, per fermare l'alta marea: il Mose. Già, la grande diga che doveva evitare l'inondazione è combattuta da quasi 35 anni, cioè da quando il progetto viene presentato ad Amburgo. Dopo un dibattito senza sosta, che dura dal 1966, quando l'aqua granda invade la città, fino al 1985, Bettino Craxi dà il via libero definitivo e Gianni De Michelis, che a Venezia è nato e ha casa, assicura che entro dieci anni le paratie mobili avrebbero protetto la città.In realtà, tra polemiche e contestazioni, nel 1995 si riesce appena a costituire un comitato per valutare l'impatto ambientale dell'opera. (...)
Il maltempo causa due morti e l'acqua sale fino a 187 centimetri. Ci fossero state le barriere mobili, la città si sarebbe difesa. La prima pietra è del 2003, ma nel 2013 uno scandalo rallentò tutto. E ora servirebbero 100 milioni l'anno per la manutenzione.