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Ignorati i risultati del trial del Nirsevimab di Astrazeneca, che faceva ammalare il 16,9% dei bimbi. Nonostante questa efficacia negativa e i dubbi dell’Iss, le Regioni lo stanno somministrando a tappeto.
Al principio parlare di monoclonali veniva considerata una roba da no vax. Dopo che però si sono resi utili per curare anche un iper vaccinato come il professor Massimo Galli, l’utilizzo di questi farmaci è stato sdoganato e infine fortemente raccomandato per i soggetti fragili. Le Regioni che li utilizzano di più sono Veneto, Lazio e Toscana. Sono molti gli ospedali che vorrebbero usarne di più, purtroppo però, a causa dei soliti problemi di programmazione e di approvvigionamento, anche questi farmaci risultano carenti in molti presidi ospedalieri. L’allarme è arrivato anche da Letizia Moratti, assessore al Welfare in Lombardia, che ha denunciato una «carenza di anticorpi monoclonali» nella sua Regione, chiedendone «più scorte da Roma».
È stato appurato che dei quattro tipi di farmaci monoclonali più diffusi, solo uno si è reso fondamentale contro la variante Omicron. Si tratta del Sotrovimab che viene prodotto in Italia nello stabilimento Gsk di Parma e per la maggior parte spedito negli Stati Uniti, questo perché fino ad adesso il suo funzionamento era stato screditato o sottovalutato. Invece è stato provato che se somministrato entro i primi 5/7 giorni dal contagio, quando il paziente ha ancora sintomi lievi, è in grado di frenare gli effetti del virus rendendolo meno pericoloso.
Non tutti possono usufruirne perché ce ne sono pochi e costano molto. Il metodo di approvvigionamento è oltretutto complesso. La struttura commissariale ha il compito di reperire i farmaci e distribuirli ma in alcune Regioni si sono avuti problemi. È successo in Liguria dove a metà gennaio nell’ospedale di Sanremo, mancavano le terapie monoclonali. Il primario del reparto di malattie infettive, Giovanni Cenderello, si è mostrato preoccupato perché oltre ad aver finito le scorte non si sapeva quando ne sarebbero arrivate di altre. Il tema poi è salito alla ribalta quando la stessa Letizia Moratti ha denunciato la scarsità del Sotrovimab e della sua difficoltà di reperimento. Al 19 gennaio, nelle farmacie ospedaliere lombarde, rimanevano solo 280 confezioni dell’unico monoclonale efficace contro la variante Omicron del virus. In un momento di così grande diffusione del contagio essere così impreparati è pericoloso e può costare diverse vite umane. «Abbiamo chiesto un’audizione al direttore generale di Aifa, Nicola Magrini» dice Moratti, rispondendo in commissione Sanità, «Ci è stato assicurato un aumento delle consegne soprattutto del Sotrovimab, che pare quello più efficace nei confronti di Omicron». Altri tipi di monoclonali come quelli sviluppati dal Toscana life sciences, stanno perdendo efficacia contro la variante Omicron. Tanto che il team di ricerca della Fondazione Tls coordinato dal professor Rino Rappuoli ha deciso di sospendere la sperimentazione clinica.
Al contrario della carenza di altri farmaci, che spesso deriva da problemi di produzione, in questo caso il problema di approvvigionamento riguarda la logistica che è resa difficile da eccessivi passaggi burocratici. L’ospedale di Lodi, ad esempio, non ha la possibilità di stoccare farmaci antivirali e monoclonali. Ogni volta che si rende necessario bisogna farli arrivare da altri siti come Milano o Pavia. Questa trafila rende difficoltoso l’approvvigionamento, ma soprattutto fa sì che si perda tempo prezioso per i malati. I monoclonali possono essere somministrati senza necessità di ricovero, in regime ambulatoriale, ma non avendo disponibilità immediata è difficile pensare di prevenire le ospedalizzazioni che invece sono e rimangono il più grosso problema della pandemia. In Lombardia esistono solo due siti di stoccaggio che si trovano al Sacco di Milano e agli Spedali civili di Brescia, ma ogni volta che serve fare una terapia con i monoclonali bisogna fare la richiesta e inviare un’auto per recuperare il monoclonale. Il problema è che, a differenza di prima, questa terapia viene richiesta molto di più, soprattutto perché si è visto che funziona e spesso serve anche a chi ha completato il ciclo vaccinale e che una volta contagiato comunque rischia di sviluppare la malattia in forma grave.
Le cure preventive, quelle che risparmiano il paziente dal ricovero ospedaliero, non sono mai state trattate con sufficiente interesse, eppure il Sotrovimab diventerà sempre più richiesto. Mentre in alcune Regioni si riesce a trovare, seppur con difficoltà di approvvigionamento, in altre, questo tipo di monoclonale non lo hanno mai visto. Fra queste ci sono la Basilicata, secondo i dati Aifa in questa regione sarebbe stato usato zero volte, mentre in Valle d’Aosta solo due volte. Pochissimo anche in Piemonte, nelle province autonome di Trento e Bolzano e in Umbria, Molise e Sardegna. In totale, da quando è monitorato da Aifa, è stato somministrato meno di 2.000 volte in Italia. Peccato perché, stando ai dati, è capace di abbattere le forme gravi della malattia in quasi l’80% dei casi.