(Ansa)
Alla fine la Commissione Affari Costituzionali della Camera è riuscita a terminare l’esame degli emendamenti.
Alla fine la Commissione Affari Costituzionali della Camera è riuscita a terminare l’esame degli emendamenti.
Sono lontani i tempi in cui Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, si faceva fotografare con i profughi afghani appena arrivati da Kabul e, dal suo profilo Facebook, assicurava che l’accoglienza della Regione da lui guidata non si sarebbe fermata. All’epoca, si rallegrava perché l’indomani sarebbero giunte altre famiglie in fuga dalla guerra.
Ancor più lontani i tempi in cui, di fronte alla rivolta degli abitanti di Gorino, i quali avevano fatto le barricate per impedire l’arrivo di un gruppo di migranti, il governatore chiedeva premi per chi accoglieva gli extracomunitari, ma allo stesso tempo sollecitava qualche penalità nei confronti di quei Comuni che si fossero dichiarati contrari a spalancare le porte dei loro centri ai nuovi arrivati.
Sì, ne è trascorso di tempo da quel periodo e nel mezzo abbiamo anche visto l’ex candidato alla segreteria del Pd dichiarare con una certa polemica che, nonostante il governo facesse sbarcare le navi delle Ong cariche di profughi proprio nelle città amministrate dal centrosinistra, lui e gli altri amministratori rossi avrebbero fatto la loro parte. Oggi, passati un po’ di mesi e avendo visto sfilare qualche migliaio di richiedenti asilo, Bonaccini sembra assai meno propenso all’accoglienza. Infatti, da giorni è sulle barricate insieme ad altri governatori progressisti contro l’idea di istituire in ogni regione dei Centri di permanenza per il rimpatrio. «Non se ne parla», ha tuonato, mettendosi alla testa della rivolta insieme a Eugenio Giani, suo collega toscano, e a Vincenzo De Luca, omologo campano. Tutti uniti contro l’idea di creare in ogni regione una struttura dove ospitare, ma sarebbe meglio dire rinchiudere, gli extracomunitari che non devono rimanere nel nostro Paese. Oggi, la maggior parte di coloro che sono sbarcati senza essere richiedenti asilo, in quanto non in fuga da alcuna guerra o persecuzione, ma solo in cerca di un posto dove stare meglio e magari farsi mantenere, vengono lasciati liberi di vagare per la Penisola e, naturalmente, anche di far perdere le proprie tracce una volta lasciata Lampedusa o altre località di arrivo. Il piano del governo prevede invece di allungare il periodo in cui un non avente diritto alla protezione umanitaria possa essere trattenuto in un Cpr, al fine di consentire entro il periodo ragionevole di un anno e mezzo l’espulsione. Oggi i posti dei Cpr non arrivano a 1.000, dunque si pone il problema di creare altri centri per poter «parcheggiare» migliaia di migranti in attesa di espulsione e, secondo i piani del ministero dell’Interno, ogni Regione dovrebbe averne uno.
Ecco, alla sola idea di avere un Cpr in casa, Bonaccini e compagni sono insorti. Non si sa se perché contrari all’idea dei rimpatri di chi non ha diritto a restare o se per banali esigenze politiche, che potrebbero consistere nel voler ottenere una contropartita economica o nel non voler inimicarsi quella parte di elettorato che di migranti non ne può più. Nel primo caso, se cioè la contrarietà al piano di tanti Cpr diffusi sia dovuta a una linea pro richiedenti asilo, la soluzione semplice è che Bonaccini e colleghi si facciano carico dei clandestini, sistemandoli a casa loro. Qualora invece l’opposizione al progetto di nuovi centri per il rimpatrio fosse dovuto a banali esigenze di cassa, come già in passato lo stesso Bonaccini fece capire, reclamando un aumento del 50 per cento dei contributi per ogni persona accolta, sarebbe la conferma che i «profughi» sono un affare. Perché, come diceva Salvatore Buzzi, il boss di Mafia Capitale, ogni immigrato vale oro per chi si occupa della sua accoglienza. Oppure, più banalmente, la ragione di tanta opposizione non è dovuta solo alla volontà di tenere anche chi non ha diritto di restare e nemmeno alle intenzioni di speculare sulla pelle di gente che ha rischiato la vita per attraversare il Mediterraneo. Infatti, dietro alle belle parole sull’accoglienza poi c’è la realtà dei fatti e come quando si parla di opere pubbliche, si scopre che le vogliono tutti, ma non nel loro giardino. Ecco, Bonaccini e compagni sanno benissimo che se ospitassero un Cpr a Bologna o a Firenze la popolazione insorgerebbe e la loro popolarità precipiterebbe e dunque sono pronti a opporsi, invocando perfino l’autonomia regionale che fino a ieri hanno contrastato in tutti i modi. Ma dietro alle posizioni ufficiali, gratta gratta viene sempre fuori la realtà, che è quella che lo stesso governatore dichiarò mesi fa, quando accusò il governo di non essere capace di fermare gli sbarchi. Sì, con grande imbarazzo della compagna Elly Schlein, favorevole all’accoglienza sempre e comunque, il presidente del partito disse proprio così: «Nelle città ormai è emergenza arrivi. Quadruplicati gli sbarchi da quando governano». Ma come? Gli immigrati non erano una risorsa e l’emergenza un’invenzione della destra? La risposta della segreteria del Pd fu che il governatore era stato frainteso, anche se quelle frasi le aveva scritte su Twitter. Frainteso? No, forse fraintendiamo quando i compagni dicono di essere pronti all’accoglienza.
Sono lontani i tempi in cui Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia-Romagna, si faceva fotografare con i profughi afghani appena arrivati da Kabul e, dal suo profilo Facebook, assicurava che l’accoglienza della Regione da lui guidata non si sarebbe fermata. All’epoca, si rallegrava perché l’indomani sarebbero giunte altre famiglie in fuga dalla guerra.