Quando, dopo lo scandalo delle nomine a tavolino, concordate tra esponenti del Csm e politici del Pd, Sergio Mattarella autorizzò la sostituzione dei soli membri del consiglio coinvolti, probabilmente pensava che cacciati i reprobi tutto si sarebbe risolto. Invece, come denunciò uno dei principali artefici delle spartizioni degli uffici giudiziari, ovvero l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, quello era il Sistema con cui le correnti amministravano la giustizia ed eliminare qualche «mela marcia» di certo non era sufficiente a cancellare la lottizzazione con cui si decidono sanzioni e promozioni di giudici e pm. Tutto ciò lo scrivemmo all’epoca e lo ripetiamo ora, con un elemento ulteriore a sostegno della nostra tesi. Infatti, da giorni impazza un altro scandalo che vede coinvolto l’organismo di autogoverno della magistratura e in particolare la sezione disciplinare, quella che vigila sui comportamenti delle toghe. Una di questa, sotto procedimento per alcuni suoi comportamenti ma anche per alcune accuse rivolte ai colleghi, a suo dire sarebbe stata avvicinata da un esponente laico del Csm che avrebbe cercato di convincerla ad addolcire certe sue prese di posizione, offrendo in cambio un trattamento meno duro.
La toga, invece di chinare il capo, ha registrato il colloquio e una volta davanti alla sezione disciplinare ha denunciato tutto, segnalando presunte anomale pressioni dell’esponente della sezione che avrebbe dovuto giudicarla. Già è fuori dalle regole che un membro della disciplinare parli riservatamente con il magistrato su cui deve esprimersi. Ma ancor più contrario alle norme è il fatto che nel colloquio si rivelino dettagli che riguardano la camera di consiglio, cioè gli orientamenti del collegio che ha espresso il giudizio.
Apparentemente sembrerebbe un comportamento scorretto di un esponente della sezione. Ma in realtà, come abbiamo rivelato nei giorni scorsi, c’è di più, in quanto le relazioni pericolose di uno dei membri della disciplinare si incastrano alla perfezione con alcune nomine degli uffici. Infatti, mentre la toga sotto procedimento denunciava l’anomalo comportamento dell’esponente del Csm che la doveva giudicare, altri si incaricavano di avvisare lo stesso membro della sezione che non solo avrebbe dovuto astenersi nel caso in discussione, ma avrebbe proprio dovuto evitare di partecipare alle votazioni per altri delicati incarichi dirigenziali, lasciando dunque campo libero a nomine che magari avrebbero potuto essere diverse.
Insomma, un intreccio inquietante, dove le pressioni a suscitare scandalo non sono solo quelle esercitate sulla toga sottoposta a provvedimento disciplinare, ma anche quelle per evitare una conta che avrebbe potuto non essere favorevole a una maggioranza di sinistra. Già, perché nel Csm si confrontano correnti di diverso segno, alcune di area rossissima e altre moderate. E in questo caso, come ai tempi della sostituzione degli esponenti coinvolti nel caso dell’hotel Champagne, ha vinto la componente di sinistra. Affare chiuso? No. Perché Carlo Taormina, avvocato della toga sotto procedimento, quella avvicinata affinché modificasse la propria versione, ha denunciato tutta la sezione disciplinare, convinto che l’esponente che ha parlato con la sua cliente agisse per conto dell’intera commissione. In pratica, i giudici che dovrebbero decidere dei comportamenti scorretti dei magistrati rischiano di finire imputati. Da censori a probabili censurati. E siccome non si possono aspettare i tempi della giustizia per sapere se chi deve giudicare è al di sopra delle parti o invece direttamente coinvolto, Mattarella dovrebbe fare l’unica cosa possibile, ovvero sollecitare le dimissioni di tutti, invitando il Parlamento a varare una seria riforma del Csm, che ponga fine al gioco delle correnti della magistratura. Avrebbe dovuto farlo tempo fa, con lo scandalo sollevato dal caso Palamara, ma è ancora in tempo per rimediare.