Sergio Mattarella (Ansa)
Il bollino del Colle smentisce la stampa che prevedeva valutazioni lunghissime.
«Mai visto». «Superato ogni limite». «Dichiarazioni eversive». «Profanazione». Non c’è che dire: le penne d’oro dell’armata corazzieri danno sempre il meglio quando c’è da difendere il loro eroe Sergio Mattarella. C’era una volta l’eskimo in redazione, adesso c’è il pennacchio in redazione: elmo e criniera d’ordinanza, le meglio firme del giornalismo di palazzo si sono schierate come un suol uomo a protezione del Colle. «I leghisti hanno superato ogni misura accettabile» (Marzio Breda, Corriere). «Spinta a raschiare il fondo, attacco sguaiato, rapinetta elettorale» (Stefano Cappellini, Repubblica). Il vicepremier Salvini «non può certo restare al suo posto» (Flavia Perina, La Stampa). Logico, no? Mattarella nel giorno della festa della Repubblica sostituisce la sovranità popolare degli italiani con la sovranità europea. E chi si deve dimettere è Salvini. Ma che ci volete fare? A cuor non si comanda. E loro del Colle sono innamorati come pere cotte. Anzi, Perine cotte.
Che l’uscita del presidente della Repubblica fosse infelice era evidente fin da subito. Già nell’edizione di domenica, infatti, il direttore, Maurizio Belpietro, aveva sottolineato sulla Verità che dire «con l’elezione del Parlamento europeo consacreremo la sovranità dell’Ue» era fuorviante (eufemismo). «Io l’8 e il 9 giugno andrò a votare per celebrare la sovranità del popolo italiano», ha scritto Belpietro. Inconfutabile. A scatenare la polemica è stato, nelle ore successive, un tweet del leghista Claudio Borghi: «Se il presidente pensa che la sovranità sia dell’Ue invece che dell’Italia», ha detto, «dovrebbe dimettersi, perché la sua funzione non avrebbe più senso». Salvini, interrogato sul tema, non ha fatto che ribadire una verità pacifica: «Oggi c’è la festa degli italiani, non della sovranità europea», aggiungendo poi un prudentissimo: «Non chiediamo le dimissioni di nessuno». Ma tanto è bastato per scatenare la bufera contro gli «eversori leghisti». «Agguato che supera ogni limite». Lesa maestà. Addirittura «profanazione». Come se Mattarella fosse Dio sceso in terra e criticarlo una bestemmia meritevole di rogo purificatore.
Non vorremmo sconvolgere le anime belle, i difensori di cappelle, Cappellini&Cappelletti, ma abbiamo il fondato sospetto che Mattarella non sia Dio. E che dunque non sia infallibile. E come tutti gli umani sia criticabile, nelle forme e nei modi dovuti. Per altro quella frase sulla sovranità dell’Ue, nel migliore dei casi, gli è uscita male. E per quanto il suo ventriloquo Marzio marziale Breda, quirinalista del Corriere, si affanni a cercare di giustificarla facendo riferimento all’articolo 11 della Costituzione, è evidente che la spiegazione non sta in piedi. L’articolo 11 dice infatti che «l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità». Ma Mattarella non ha detto che «con l’elezione del Parlamento europeo sceglieremo l’Ue, cui abbiamo concesso una parte della nostra sovranità» (cosa ahinoi vera). Ha detto che «consacreremo la sovranità dell’Ue». Tout court, too much, per essere internazionali anche noi. «Consacreremo». E «la sovranità Ue». Senza riferimento ad altro. E senza contare il fatto che se Mattarella davvero amasse così tanto l’articolo 11 della Costituzione, a tal punto da preferirlo addirittura all’articolo 1, viene da chiedersi perché non s’è mai speso per difenderlo davvero. Perché non ha ribadito a gran voce che «l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» dal primo momento in cui abbiamo cominciato a mandare armi in Ucraina. Perché non lo ribadisce ora che le armi Nato (per fortuna non quelle italiane, almeno per il momento) vengono usate per attaccare la Russia, e dunque come «strumento di offesa». Perché non dice nulla ai nostri alleati. E perché non dice nulla all’Ue, cui «abbiamo ceduto sovranità» nella speranza che producesse pace e non guerra.
L’articolo di Breda merita particolare attenzione perché si sa che l’autore è assai vicino al Quirinale. Difficile che qualcosa esca dalla sua penna senza il consenso del Colle. Quindi, quando parla di «farsa» o quando parla di «dichiarazioni eversive», è chiaro che quello viene letto come il messaggio di Mattarella alla politica. E non è un messaggio da poco. Gli altri corazzieri con l’elmo in redazione non sono da meno, però. Flavia cuor di Perina sulla Stampa, per dire, scrive di «attacco che supera ogni limite», che «ferisce la dignità della giornata» e «solleva dubbi sulle capacità delle componenti dell’attuale maggioranza di dare continuità al senso della nazione». Niente meno. Tutto per aver ricordato che in Italia, fino a prova contraria, la sovranità appartiene al popolo italiano e non all’Unione europea? Stefano Cappellini su Repubblica mette in dubbio la capacità dei leghisti di comprendere le parole di Mattarella. Ma forse dovrebbe mettere in dubbio, la capacità di Mattarella di farsi capire. Perché delle due l’una: o il presidente non voleva dire quel che ha detto, e allora ha sbagliato. Oppure lo voleva dire, e allora ha sbagliato ancor di più. Questa è l’unica «profanazione» che si è vista in questi giorni. La profanazione della sovranità popolare da parte di un presidente che dovrebbe difenderla.
Che poi mi chiedo dove fossero tutti questi difensori del Quirinale quando il Quirinale veniva attaccato dai loro medesimi giornali con toni così violenti che al confronto Borghi è un petalo di rosa. Ricordate? Erano i primi anni Novanta e sul Colle c’era Cossiga. La Stampa s’interrogava su come «mettergli la museruola», Galli della Loggia lo definiva un incrocio tra «Badoglio e Peron», venivano intervistati neurologi per dichiararlo pazzo o, come minimo, «affetto da sindrome depressiva». «Cossiga a metà tra Shakespeare e Cicciolina», titolava sempre La Stampa, mentre Marco Pannella parlava di «attentato alla Costituzione», Giorgio Napolitano di «comportamenti abnormi» e Achille Occhetto chiedeva che il presidente della Repubblica fosse silenziato in campagna elettorale. Voi ve lo immaginate se oggi Salvini chiedesse di silenziare Mattarella in campagna elettorale? Eppure Perina, sulla medesima Stampa che parlava di «museruola» per il capo dello Stato, ora scrive che una cosa così «non l’avevamo mai vista succedere». Evidentemente si sbaglia. A meno che si riferisca alla piaggeria dei corazzieri. Quella sì, senza precedenti.