Chi nei due anni passati si è fatto angosciare dall’invasività dello Stato divenuto Grande Igienista, ora può finalmente tranquillizzarsi: lo Stato non serve più. Negli ultimi tempi abbiamo assistito alla trasformazione del Parlamento in una sorta di ente inutile, deputato a ratificare senza fare troppe storie gli estemporanei provvedimenti governativi. Adesso siamo passati alla fase successiva: nemmeno la funzione di copertura è più necessaria. La legge è passata in secondo piano, superata da regolamenti privati. Ecco la società anarchica, che apparentemente si autoregola, ma in realtà obbedisce alle istanze di privati i quali dispongono, nei fatti, della capacità di influire sulla vita della popolazione.
La forma più visibile del novello psicopotere è affissa sulla porta di una grande libreria milanese: un santuario del pensiero tramutato in tempietto votivo del pensiero unico. È un cartello non troppo grande, per metà occupato dalla foto di una mascherina. E poi la scritta: «Lo so, non è più obbligatoria, ma se la indossi ne siamo felici. Grazie».
Per prima cosa si nota lo stravagante utilizzo della lingua. Questo manifesto ci parla in prima persona («Lo so») e non si capisce bene a chi appartenga la voce. Alla coscienza collettiva? Al Grande Fratello? A una sulfurea divinità sanitaria? A rendere più inquietante la faccenda c’è che subito dopo la persona diventa plurale («Ne siamo felici»). E di nuovo ci si domanda: con chi stiamo interloquendo? Questo lui sono molti? Il suo nome è legione? Sorvoliamo però sui dettagli: il dramma sta nel contenuto più che nella forma.
Il cartello in questione è prodotto nell’ambito di una campagna organizzata da Confcommercio Milano-Lodi-Monza e Brianza e da Ali, associazione librai di Milano. Queste organizzazioni avrebbero, almeno in teoria, interesse a far entrare nei negozi quanti più clienti possibile, a farli sentire a loro agio, a spingerli a fare acquisti per fare ripartire l’economia dopo un periodo di magra. Invece, i clienti vengono invitati a tapparsi naso e bocca. Cioè a sottoporsi ulteriormente alle restrizioni che hanno reso così difficile la vita a imprenditori, commercianti e professionisti in questi tempi disgraziati.
A ben vedere, di tale iniziativa non ci sarebbe gran bisogno. La gran parte degli italiani sembra aver deciso di continuare a tenere la mascherina nei negozi anche se non è più obbligatorio indossarla. Il dispositivo di protezione è diventato un feticcio a cui aggrapparsi nell’era dell’incertezza, una copertina di Linus a cui si attribuisce chissà quale magica utilità. Certo la confusione e il disorientamento volontariamente creati dalle istituzioni non contribuiscono a fare sentire sicura la popolazione. Lo Stato, ormai perfettamente a suo agio nel ruolo di Madre perversa, stabilisce norme scritte e contemporaneamente invita ad attenersi a non ben specificate regole immateriali. Fa leva su una (presunta) morale non avendo la possibilità, e il coraggio, di imporla con i tradizionali metodi democratici. Tutto ciò fomenta la psicosi e fa crescere la paura.
Soprattutto, però, agendo in questa maniera i governanti sono riusciti a svuotare totalmente di senso le istituzioni e le procedure che le legittimano.
Il cartello esposto nella libreria milanese (e in vari altri esercizi commerciali) ci comunica quanto segue: le leggi non contano, anche perché sono inaffidabili. Sono un frutto del dibattito politico, quindi fallaci per definizione. Ergo non è più alla autorità dello Stato o del Parlamento che dobbiamo fare riferimento, ma a una forza superiore, quella che davvero legittima le azioni: la Scienza. O, meglio, la caricatura di scienza che abbiamo imparato a conoscere di recente. Perché si trattasse di scienza vera, ministero della Salute e (fu) Cts sarebbero in grado di esibire studi seri e chiari a sostegno delle loro decisioni.
Invece non riescono a farlo, come abbiamo raccontato nei giorni scorsi: sulla necessità di tenere le mascherine al chiuso non possono produrre documenti. Possono solo appigliarsi al dogma, al comandamento de «Lascienza» elaborato da qualche sacerdote della Cattedrale sanitaria.
I risultati sono aberranti. Il fondamento della legge è questa nuova religione senza Dio: nasce il diritto scientifico, sostitutivo del diritto naturale. Non è più il popolo, tramite il Parlamento, a detenere la sovranità. Piuttosto sono i tecnici e i comitati composti dai feudatari contemporanei, forti dell’investitura scientifico/divina. I re taumaturghi dispongono, i poteri economici eseguono, i cittadini si devono adeguare.
Il governo ha deciso che la mascherina si può non portare, quindi in teoria chiunque di noi è autorizzato a girare libero. Ma nella pratica la situazione è diversa. Nella realtà non posso entrare senza mascherina nella libreria milanese, perché un cartello passivo-aggressivo mi intima di non farlo. Mi ricatta moralmente come, appunto, una mamma cattiva: «Non ti proibisco di uscite senza canottiera, ma non voglio che lo fai, quindi ti lascio decidere da solo addossandoti il peso della mia riprovazione».
È un meccanismo subdolo, però funziona. Se non si vuole litigare, non resta che coprirsi il volto. Così funziona nella teocrazia: la scienza non conta, la ragione non conta, le leggi umane non contano. Conta la parola divina. In questo caso, però, Dio non c’entra. Semmai, c’entrano uomini che si credono dei. E associazioni di categoria che hanno scambiato l’ottusità per senso civico.