Viktor Orbán (Getty Images)
Non conosco Viktor Orbán, ma a prima vista non mi sembra quel dittatore che parrebbe leggendo i giornali italiani. Semmai si tratta di un politico pragmatico, che bada molto agli interessi del proprio Paese.
E infatti, da quando lui è al governo, cioè dal 2010, l’andamento dell’Ungheria dal punto di vista economico è molto migliorato. Orbán è uno specialista nel giocare a nascondino con l’Europa, ottenendo da Bruxelles quanti più soldi gli riesce, ma senza mai assoggettare il Paese ai dogmi politicamente corretti dei vertici della Ue. Insomma, sa tirare la corda dalla sua parte, ma è sempre pronto a mollarla un attimo prima che si spezzi. In altre parole, è tutt’altro che un fesso, anche se qualcuno ama dipingerlo come una sorta di dittatore rozzo e violento, solo perché nel suo Paese si perseguono i manganellatori (ogni riferimento a Ilaria Salis è puramente casuale).
Vi chiedete perché stia facendo un ritratto del premier ungherese quando abbiamo già tanti guai in casa nostra di cui occuparci? La ragione è che da Budapest ieri sono rimbalzate alcune dichiarazioni di Orbán e non sono affatto tranquillizzanti. Per lui, ma soprattutto per noi. Infatti, il capo del governo ungherese, a proposito della guerra in Ucraina, ha detto che non c’è alcun pericolo che la Russia attacchi un Paese facente parte della Nato. «Mosca», ha spiegato, «non è riuscita a piegare Kiev, figuratevi se è disposta a una guerra totale che coinvolga Europa, Stati Uniti e Paesi alleati». A tutta prima sembrerebbero parole rassicuranti che indurrebbero a girarsi dall’altra parte e dormire fra due guanciali. Infatti, negli ultimi tempi non passa giorno senza che dai Paesi Baltici, ma anche dalla Polonia e da altri Stati che un tempo gravitavano nell’orbita della cortina di ferro, giungano allarmi che farebbero pensare a una prossima invasione dei carri armati russi. Niente di tutto questo invece sarebbe alle viste secondo il premier ungherese. Perché allora dico che invece c’è da rizzare le antenne e tenere gli occhi ben aperti? La ragione è nelle parole che hanno accompagnato le prime frasi di Orbán. Infatti, dopo aver detto che nessun Paese della Nato corre il rischio di vedersi alle porte quella che un tempo era chiamata l’Armata rossa, il leader di Fidesz (il partito con cui 15 anni fa ha conquistato il governo) ha aggiunto che a volere estendere la guerra è l’Europa.
Sì, lo so che potrebbe sembrare un’esagerazione, perché gli arsenali del vecchio continente sono mezzi vuoti, in quanto gran parte delle armi sono state regalate a Kiev e dopo due anni resta il minimo necessario. Però, rileggendo le dichiarazioni bellicose di Emmanuel Macron, le promesse tuonanti di Rishi Sunak e di Olaf Scholz, c’è poco da stare allegri. I principali leader europei, in perfetta sintonia con Joe Biden, invece di moderare i toni sembrano intenzionati ad aumentarli. Più le truppe di Kiev arretrano, sospinte da una violenta offensiva da Nord a Sud, più la tregua invece di avvicinarsi si allontana.
Già, al posto di un cessate il fuoco sembriamo avviarci verso un inasprimento del conflitto. Dicono che una volta conquistato gran parte del Donbass e dopo aver raggiunto anche alcune cittadine al di fuori della regione allo scopo di creare una zona cuscinetto, Vladimir Putin sia pronto a trattare. Il problema è che a non essere disposti a sedersi intorno a un tavolo sono l’America e l’Europa, intenzionate a riconquistare qualche territorio per poter trattare da una posizione più forte. Non so quanto di vero ci sia in queste indiscrezioni. Tuttavia condivido il pensiero di Orbán, il quale teme un’escalation che porti l’intera Europa in guerra.
Sono trascorsi oltre due anni da quando Mosca decise di varcare il confine e attaccare l’Ucraina. Doveva essere una guerra lampo. Questo almeno pensavano i russi e anche gli occidentali, convinti che le sanzioni economiche avrebbero costretto Putin a mollare la presa. Così non è stato. La disfatta dell’ex Armata rossa, nonostante le sconfitte della prima ora, non c’è stata. E nemmeno abbiamo avuto il fallimento della Russia prefigurato dalla maggior parte degli analisti. Nonostante le perdite, economiche e umane, i soldati di Mosca avanzano e con questa realtà dobbiamo fare i conti.
L’alternativa del resto qual è? Avventurarsi in una sorta di guerra mondiale come fa intendere Orbán? L’offensiva anche di un solo Paese Nato contro la Russia sarebbe il suicidio dell’Europa e, probabilmente, del mondo intero. Perché farebbe coalizzare tutti i Paesi canaglia. È questo che l’Occidente desidera? In tal caso, prego, si accomodi. Però non nel mio nome.
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Viktor Orbán (Getty Images)
Non conosco Viktor Orbán, ma a prima vista non mi sembra quel dittatore che parrebbe leggendo i giornali italiani. Semmai si tratta di un politico pragmatico, che bada molto agli interessi del proprio Paese.
Giuseppe Conte (Getty Images)
Mario Pediniè stato a lungo parlamentare democristiano nella prima Repubblica. Da ministro dell’istruzione nel quarto governo Andreotti, passò alla storia per essersi esibito al pianoforte durante una puntata del Maurizio Costanzo show e per aver destinato gran parte dei fondi dell’edilizia scolastica sperimentale al suo collegio elettorale. Perché ricordo un vecchio doroteo ormai scomparso da più di vent’anni? Perché in questi giorni Giuseppe Conte mi ha ricordato il defunto onorevole della Dc.