JK Rowling (Getty Images)
La società, che sta producendo una serie su «Harry Potter», si schiera con l’autrice dopo gli attacchi trans. Non è il primo gruppo a fare retro. Invece il governo inglese benedice la sorveglianza sull’«odio» online.
Pietro Dubolino, Presidente di sezione a riposo della Corte di Cassazione
Molto rumore per nulla? A tale conclusione, riprendendo il titolo della nota commedia di William Shakespeare, si potrebbe pensare che debba giungersi con riguardo alle polemiche che hanno preceduto, accompagnato e seguito l’incontro di boxe femminile tra l’algerina Imane Khelif e l’italiana Angela Carini ai Giochi olimpici di Parigi.
Sembra, infatti, prevalere, ultimamente, l’opinione di «esperti» (o presunti tali) secondo cui la Khelif sarebbe puramente e semplicemente una donna a tutti gli effetti, non potendosi il contrario desumere - si afferma - dalla sola presenza, nel suo organismo, del cromosoma Y, caratteristico del sesso maschile; elemento, questo, sulla cui base, com’è noto, l’Iba (International boxing association) l’aveva esclusa dai campionati mondiali tenutisi a Nuova Dehli nel 2023. Sul nulla sarebbero state, quindi, montate, le affermazioni di quanti, a cominciare da Elon Musk e J.K. Rowling, poi seguiti, tra gli altri, dal nostro Matteo Salvini (tutti sbrigativamente definiti «di destra» se non addirittura, ovviamente, «fascisti»), hanno pubblicamente inteso denunciare l’assurdità che in una gara sportiva come è quella del pugilato, caratterizzato dall’impiego della forza fisica di ciascun contendente nei confronti dell’altro, venisse ammesso a competere con una donna un soggetto che, siccome dotato di caratteristiche maschili, era per ciò stesso da ritenersi anche dotato di una forza superiore.
Le polemiche
Di qui l’accusa di totale irresponsabilità (se non peggio) che, da tutto il mondo «progressista» - fin dall’inizio massicciamente schierato a favore dell’atleta algerina - viene oggi rovesciata sugli autori della suddetta denuncia, ai quali si addebita, tra l’altro, di aver preso per oro colato il giudizio espresso a suo tempo dall’Iba; giudizio che sarebbe stato, invece, da riguardarsi non solo come privo di validità scientifica ma anche fortemente sospetto di condizionamento politico, per via del fatto che presidente dell’Iba è il russo Umar Kremlev, ritenuto fedele amico dello «zar» Vladimir Putin e, quindi, ben disposto a compiacere quest’ultimo nel suo presumibile intento di sabotare in tutti i modi possibili il buon andamento dei Giochi olimpici nei quali un suo nemico - quale ormai è da considerarsi il presidente francese Emmanuel Macron - ha impegnato tutto il proprio prestigio.
In realtà, non risulta ben chiaro come e perché potesse prevedersi che l’esclusione della Khelif dai campionati mondiali di Nuova Dehli, nel 2023, si sarebbe poi prestata a costituire causa di contestazioni e di polemiche nei Giochi olimpici programmati per l’anno successivo. Ma non è questo il punto che più interessa. E neppure interessa, in fin dei conti, se la presenza del cromosoma Y nell’organismo della Khelif (sulla quale, comunque, non sembrano esservi dubbi) fosse o meno compatibile, scientificamente, con la sua pacifica assegnazione al sesso femminile.
Quel che invece interessa, e che rende macroscopicamente incoerente la posizione del fronte «progressista», è che quest’ultimo, nel sostenere a spada tratta il diritto della Khelif a partecipare alle gare olimpiche di pugilato femminile, non si basava sull’assunto - ora dato per acquisito - che si trattasse di persona da considerare comunque, per le sue proprie caratteristiche organiche e morfologiche, come una donna «normale», ma pretendeva, invece, che per tale la si «dovesse» considerare, nonostante che, per la pur riconosciuta anomalia riscontrata dall’Iba, sarebbe stata da qualificare, se non come «transgender», quanto meno come «intersex».
Ora, come si legge nel sito internet dell’Istituto superiore di sanità, «Intersex è un termine ombrello che include tutte le variazioni innate (ovvero presenti fin dalla nascita) nelle caratteristiche del sesso, caratteristiche che non rientrano nelle tipiche nozioni dei corpi considerati femminili o maschili». E, ancora, secondo l’enciclopedia Treccani on line, l’intersessualità è un «fenomeno che si manifesta con la coesistenza in uno stesso individuo (intersessuale) di caratteri maschili e femminili più o meno intermedi fra i due». Ciò in quanto «tutte le cellule del corpo hanno il corredo cromosomico di un sesso, ma durante lo sviluppo avviene un’inversione per cui l’individuo, che aveva incominciato a svilupparsi come maschio, continua il suo sviluppo nel sesso femminile e viceversa».
gli ultrà pericolosi
Essendosi data, dunque, per ammessa la validità scientifica di tali definizioni (sulle quali, in realtà, per quanto è dato sapere, la discussione tra «esperti» è tutt’altro che chiusa), ne deriva che a muovere lo sdegno delle «anime belle» della sinistra - quali, ad esempio, quelle di Monica Cirinnà, Laura Boldrini, Nicola Fratoianni, Alessandro Zan e compagnia cantando - non era il fatto che si volesse togliere alla Khelif il diritto di partecipare, come una vera e propria «donna», alla competizione con un’altra «donna». Era, invece, il fatto che quel diritto le venisse negato in violazione del dogma della «inclusività» per cui, a qualsiasi fine, quella che dovrebbe contare è solo la percezione che il soggetto abbia della propria sessualità a prescindere anche da anomalie (tra le quali, indubbiamente, rientra anche la «intersessualità»), che la rendano oggettivamente incerta e dalle quali possa derivare ad altri soggetti un ingiusto pregiudizio. Il che risulta particolarmente demenziale in un campo come quello delle discipline sportive, in cui il confronto fra i contendenti in tanto può essere ritenuto valido in quanto sia accertata, per quanto possibile, la oggettiva parità, a termini di regolamento, delle condizioni di partenza.
Indipendentemente, quindi, dalla validità o meno dei presupposti di fatto sui quali si basavano, a ben vedere, tanto i critici quanto i fautori della partecipazione della Khelif alle Olimpiadi femminili di pugilato, rimane la fondamentale differenza che i primi si battevano in favore delle donne in quanto tali e, quindi, del diritto di ciascuna di esse a non essere esposta a danni o pericoli incompatibili con la sua natura e le sue caratteristiche fisiche, mentre i secondi si battevano in favore di un preconcetto ideologico del quale proprio le donne (e, nella specie, la nostra Angela Carini) erano chiamate a fare, volenti o nolenti, le spese.
Lasciamo al sagace lettore il compito di stabilire quale delle due posizioni sarebbe stata da considerare la più vicina ai movimenti femministi e a quanti, più in genere, hanno a cuore la tutela delle donne da tutto ciò che può ledere la loro dignità e la loro sicurezza.
Strike è stato prodotto nel 2017: un poliziesco sui generis, nel quale alla dimensione personale è stato accordato uno spazio preponderante. La serie televisiva, adattamento dei romanzi che J.K. Rowling ha scritto sotto lo pseudonimo di Robert Galbraith, ha cinque stagioni e un futuro davanti prospero quanto quello della saga letteraria.