Il nome non è una scelta da poco. Una persona lo deve portare addosso tutta la vita, quello di un'azienda può essere d'auspicio per un roseo futuro. È quello che ha pensato Alessandro Tortato quando è nata la sua bimba, alla quale ha dato il nome di Bianca, e quando ha aperto i battenti della sua azienda di maglieria, Scudrera, che produce il marchio di cashmere di altissima qualità Biancalancia, chiamato così proprio in onore di Bianca. Scudrera, invece, era un personaggio del libro di Giulio Bedeschi Centomila gavette di ghiaccio. «Un alpino della ritirata di Russia particolarmente caparbio e limpido», spiega Tortato, «mi aveva colpito e mi sono detto che con un nome così sei inaffondabile. Le ha passate tutte e dalla battaglia di Nikolajewka è riuscito a tornare a casa».
È il 2010 quando Scudrera vede la luce, «la mia creatura». La maglieria era nel suo Dna. «Mastico maglie fin da bambino. Vengo da una famiglia che ha fatto maglie tutta la vita, ma poi ho compiuto un percorso autonomo lavorando come manager in un'altra azienda finché non ho deciso di partire da solo».
Scudrera nasce ex novo, dal nulla.
«E il brand Biancalancia è l'unico che distribuiamo, per questo la società e il brand sono legati a doppio filo. Creiamo una collezione dal disegno, alla produzione, alla distribuzione in tutto il mondo, non ci dedichiamo ad altri marchi, non produciamo per conto terzi ma ci occupiamo esclusivamente dello sviluppo della nostra idea».
Un'idea che si focalizza sul cashmere.
«Trattando solo l'eccellenza non si poteva che partire da lì. Negli anni ci siamo ampliati fino a proposte complete, dagli accessori a camicie, abiti, capotti, scarpe, un vero e proprio total look, anche se la nostra anima resta il cashmere».
Un filato prezioso ma che non è tutto uguale.
«Parlando oggi di cashmere siamo in una giungla perché si possono marcare 100% cashmere filati dalle performance più differenti, dai mediocri agli eccellenti. Noi specifichiamo sempre che il nostro cashmere è solo Cariaggi o Loro Piana, i più importanti disponibili in commercio. Le differenze sono sostanziali a cominciare dalla purezza e dalla lunghezza della fibra e dalla modalità della tintura. Abbiamo selezionato come partner esclusivo per la fornitura del puro cashmere il filo di Cariaggi, in particolare, la parte più sottile e leggera, il duvet, che Biancalancia utilizza. È l'essenza per una fibra unica in quanto a morbidezza e calore. L'infinita gamma di colori tutti tinti in fiocco proposta da Cariaggi ci consente una notevole libertà stilistica. La coloritura avviene in origine, sulla materia prima, il fiocco, e non sul filo greggio. Ciò permette al cashmere di mantenere inalterate le sue caratteristiche di morbidezza, lucentezza e resistenza, evitando lo stress della tintura in filo che ne provoca il decadimento e un filo più scadente, più schiacciato, più stressato e più soggetto a fare peeling. Grazie a tali caratteristiche Biancalancia può lavorare cashmere a due, tre, quattro fili, utilizzando i macchinari dalle finezze più estreme, realizzando capi fluttuanti, luminosi, leggeri e ancora più caldi».
Non manca l'attenzione all'ambiente.
«Assolutamente no e si parte dalla scelta delle tinture. Utilizziamo solo quelle naturali, colori vegetali tutti ecologici. Ad esempio la radice della robbia per ottenere sfumature di rosso molto brillante; la foglia di reseda soprattutto per i toni più caldi del giallo; il guado, già nota nel Medioevo, per il blu indaco. Questi sono accorgimenti fondamentali che danno tonalità di colore uniche ma che richiedono una manutenzione altrettanto curata. Bisogna avere la consapevolezza di portare un capo particolare. Il nostro cashmere è di provenienza quasi esclusivamente mongola. E il fiocco deriva solo dalla pettinatura del vello delle capre hircus: significa che le capre vengono pettinate e non tosate perché si è visto, anche in molti reportage, che la tosatura è una pratica molto stressante e violenta per l'animale. Del baby alpaca addirittura utilizziamo solo i cascami, la peluria che viene persa naturalmente durante la muta. I capi in pelle e montone derivano da animali che provengono dalla catena alimentare».
Secondo lei, il consumatore è preparato a distinguere un capo al quale è stata prestata tanta attenzione da uno prodotto in maniera scorretta sia per l'ambiente sia per gli animali?
«È un'evoluzione che si deve compiere altrimenti non andiamo da nessuna parte né come produttori né come specie umana. Anche a livello politico, negli ultimi tempi, c'è una certa sensibilità, abbiamo sempre più rappresentanti che all'interno delle istituzioni portano avanti queste istanze. La consapevolezza deve maturare all'interno delle persone. Io faccio informazione attraverso le mie etichette e i nostri comunicati stampa. Sono temi che valorizziamo anche sui social. La gente per fortuna è sempre più attenta e preparata».
Quali sono i vostri mercati di riferimento?
«Vendiamo per il 70% in tutto il mondo: i principali Paesi sono Giappone, Cina, Russia, Stati Uniti e l'Europa in generale. Il resto in Italia, che per noi è la realtà più importante. La nostra azienda si trova in provincia di Venezia ed è una fortuna perché siamo all'interno di un distretto in cui l'abbigliamento e la maglieria di alta gamma sono molto radicati».
Com'è strutturata la vostra azienda?
«Siamo in sette, un manipolo di coraggiosi. Il modello industriale che ho voluto sviluppare, già replicato, è un modello che si ispira all'outsourcing. Noi disegniamo, ci occupiamo dell'approvvigionamento delle materie prime, seguiamo la logistica, abbiamo controllori della produzione che escono quotidianamente nei laboratori che lavorano per noi, e poi amministrazione e backoffice per i nostri clienti. In questo modo riusciamo ad attingere alle eccellenze, che sono moltissime qui intorno a noi, per produrre diverse tipologie di capi. Seguendo le mie esigenze e i dettami della moda posso cercare chi sa fare un determinato tipo di lavorazione al meglio e il prossimo anno posso programmare una lavorazione diversa. Abbiamo un indotto notevole e lavoriamo con una trentina di laboratori. È la consapevolezza che non possiamo fare il meglio da soli. Se si tratta di maglie possiamo consideraci leader, ma se si tratta di tessuti ci rivolgiamo a chi ne sa più di noi».
Carpisa
Penelope Cruz, l'attrice spagnola più celebre al mondo, è di nuovo protagonista della campagna pubblicitaria primavera/ estate 2019 di Carpisa, noto brand leader nel settore delle borse e della valigeria. «Perché amo l'Italia? Amo lo stile Italiano, perché racconta anche parte di me. Il cinema, i nostri sogni. Per questo ci siamo scelti», queste sono le parole di Penelope Cruz nello spot televisivo. Penelope, innamorata dell'Italia, propone un modello di bellezza femminile autentica e un esempio di eleganza raggiungibile. La collezione di borse primavera estate 2019 indossata da Penelope è ispirata alla donna contemporanea, protagonista del tempo in cui viviamo, una proposta ricca e trasversale per incontrare le esigenze di ogni giorno di una donna dinamica ma sempre elegante.
«Penelope è nostra testimonial dal 2015», spiega Gianluigi Cimmino, presidente di Pianoforte Holding, «è stata scelta perché è la sintesi perfetta dello charme internazionale e della sensualità mediterranea, è un concentrato di classe e femminilità e quindi ambasciatrice perfetta per le nostre collezioni. Incarna talmente bene i nostri valori e la nostra idea di bellezza, che dal 2015 Penelope oltre ad essere testimonial delle nostre campagne, disegna anche ogni stagione, insieme alla sorella Monica Cruz, una capsule collection in limited edition per le nostre clienti».
La campagna è stata realizzata da Xavi Gordo, lo styling è dell'attrice spagnola Goya Toledo, il video è stato realizzato da Twin Studio. Di strada Carpisa ne ha fatta davvero tanta. Fondato nel 2001, il brand di borse, valigeria e piccola pelletteria, di proprietà del gruppo Pianoforte Holding, nata nel 2010 dalla fusione di Inticom-Yamamay e Jaked, con Kuvera-Carpisa e che oggi fa campo alle famiglie napoletane Cimmino e Carlino, in breve tempo Carpisa ha sviluppato una rete franchising di oltre 650 punti vendita in Italia e nel mondo, superando i 500 dipendenti impegnati tra la sede e il territorio. Nel 2017 nasce GoCarpisa il nuovo negozio dedicato al mondo del viaggio. Materiali supertecnologici, design contemporaneo, personalizzazione per trolley, beauty, borsoni, zaini e vari accessori sono il valore aggiunto do una collezione speciale. GoCarpisa è anche online con autentiche «storie di viaggio».
Ogni mese il sito è aggiornato con una nuova storia, creata sul lancio di prodotti o innovazioni e tecnologie brevettate. Ogni storia ha una destinazione «tipo» e delle peculiarità relative alla modalità di spostamento e alle caratteristiche del viaggiatore. Chi naviga si deve riconoscere e deve vivere in prima persona un'esperienza scoprendo quale è il miglior equipaggiamento possibile per affrontare la meta.
Da anni Carpisa è partner e promotore di iniziative di grande rilievo nel mondo dello sport, della moda e della cultura. Molti giovani atleti hanno prestato la loro immagine alle campagne pubblicitarie del brand. Tra questi Federica Pellegrini, Massimiliano Rosolino, Matteo Manassero, Tania Cagnotto e Diego Occhiuzzi.
American Vintage lancia il denim ecosostenibile
La produzione responsabile è ormai uno degli argomenti portanti del nuovo volto della moda. E non c'è come la tela jeans a inquinare. Dal momento che la produzione di denim necessita di una grande quantità d'acqua e di energia (la maggiore del settore tessile), American Vintage si impegna in una produzione responsabile in una fabbrica speciale per la realizzazione di una selezione della sua gamma di jeans. Fondata nel 1989 a Bizerte, in Tunisia, questa fabbrica high-tech è dal 2005 il riferimento mondiale per una produzione di denim etica e sostenibile. E in occasione della 34ma edizione del Festival International de la Mode et de la Photographie di Hyères, American Vintage ha creato uno spazio dedicato alla tintura vegetale, in partnership con l'azienda francese Whole.
Partner dal 2017 della celebre kermesse, American Vintage dedica ai talenti emergenti della fotografia il suo award, il Prix de la Photographie American Vintage grazie al quale, nelle precedenti edizioni, i vincitori Luis Alberto Rodriguez (2017) e Sarah Mei Herman (2018) hanno potuto esporre le loro foto in una boutique del brand e hanno ricevuto un premio del valore di 15.000 euro.
American Vintage, che da sempre sostiene iniziative dall'alto contenuto creativo, riconferma anche quest'anno il suo impegno creando, in parallelo con il suo premio, una serie di workshop dedicati alla tintura vegetale organizzati con l'azienda francese Whole. Un'occasione unica per permettere ai visitatori del Festival di scoprire e realizzare loro stessi tinture artigianali, naturali e resistenti, su capi in cotone di American Vintage. In blu grazie all'estratto di indaco, una pianta nota per i suoi pigmenti colorati, o in rosa, grazie a una preparazione a base di buccia di avocado: in questo modo le t-shirt e le canottiere iconiche del brand si tingeranno di un'aurea eco- sostenibile, gioiosa e accattivante. Un vero e proprio tributo che il brand di Marsiglia dedica alla sua passione per lo sviluppo di colori unici e vibranti, che la caratterizza sin dalla sua nascita, nel 2005.
Per far vivere l'esperienza di questo spazio anche oltre il momento del Festival, American Vintage ha creato un'edizione limitata di t -shirt e di canottiere nella tinta rosa che caratterizza il salone di Villa Noailles, cuore della manifestazione, realizzata da Whole e che saranno in vendita nei giorni del festival, in una selezione di boutique American Vintage e sul suo e- commerce.