james mattis

Trump vuole la superiorità nei cieli. Il nuovo segretario della Difesa arriva da Boeing
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Le recenti dimissioni rassegnate dal segretario dalla Difesa, James Mattis, hanno portato un certo subbuglio alla Casa Bianca. Non apprezzando particolarmente le critiche mosse alla sua politica estera, il presidente americano, Donald Trump, ha accelerato l'uscita di scena del generale. E ha scelto come sostituto il suo vice, Patrick Shanahan. Proviene dal colosso dell'aerospazio e potrebbe condividere la nuova linea di dominio aeronautico del globo.

Trump ritira le truppe, i pacifisti sbandano
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La Casa Bianca annuncia il rientro dei soldati da Siria e Afghanistan e il governo si spacca: il segretario alla Difesa, James Mattis, dà le dimissioni, nel Partito repubblicano c'è scetticismo. Pur di non applaudire il puzzone, pure la sinistra insorge contro di lui.
Lascia anche il segretario della Difesa di Trump: voleva restare in Siria
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Nuovo scossone nell'amministrazione Trump. Il Segretario alla Difesa, il generale James Mattis, ha annunciato ieri le sue dimissioni, che diventeranno effettive a partire dal 28 febbraio 2019. La notizia arriva emblematicamente dopo le tensioni esplose a seguito dell'intenzione, dichiarata dal presidente, di ritirare le truppe statunitensi dal territorio di Damasco. Una scelta che il Pentagono ha subito mostrato di non condividere, ritrovandosi di fatto spalleggiato da svariati senatori dello stesso Partito Repubblicano (come Marco Rubio e Lindsey Graham).

Elogio del nazionalista Bolton spedito a Mosca
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Il consigliere Usa la prossima settimana sarà in Russia per organizzare il vertice estivo tra Donald Trump e Vladimir Putin. Bollato come falco e neoconservatore, l'ex ambasciatore è l'uomo in grado di sintetizzare le varie anime di un'amministrazione determinata, dopo gli anni di Barack Obama, a far tornare il Paese protagonista nel mondo. E il primo obiettivo è il reset con il Cremlino.

Non solo navi militari. La Cina alla conquista dall'Australia con studenti e manager
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Il leader Xi Jinping ha promesso di seppellire il «secolo dell'umiliazione» e far tornare il Dragone in primo piano sullo scacchiere internazionale. Anche a costo di usare le sue «armi magiche». Alle tensioni con gli Usa nell'Oceano Indiano e con Canberra nel Pacifico si aggiunge il ruolo di alcune figure al soldo del Partito sbarcate in terra di canguri per influenzare la politica e la società.

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