Ieri Il Foglio mi ha arruolato nell'armata degli utili idioti del populismo. In un lungo articolo, steso ad asciugare come un lenzuolo su ben tre pagine del quotidiano diretto da Claudio Cerasa, Francesco Cundari accusa me e altri colleghi di aver fomentato il populismo, fenomeno che secondo lui in Italia non trarrebbe origine dal basso, cioè dai ceti più disagiati che si ribellano alle élite, ma dall'alto. In pratica, intellettuali, conduttori tv, scrittori e giornalisti avrebbero lavorato anni per predisporre il terreno contro l'establishment. Una classe dirigente che mette alla gogna sé stessa. Questa per lo meno è la tesi di Cundari il quale per sorreggerla, trattandosi di materia zoppicante, tira in ballo chiunque e spalma l'analisi sugli ultimi 30 anni. In mezzo ci finisce pure Silvio Berlusconi, che non si capisce se debba essere classificato fra i populisti o gli anti populisti, dato che mentre in principio veniva comunemente registrato nel primo gruppo, negli ultimi tempi si sarebbe redento, opponendosi (...)
Ci sarebbe piaciuto che Massimo Gramellini avesse gonfiato il petto anche negli anni passati, quando per esempio a Palazzo Chigi c'era un tizio di nome Matteo Renzi.
Nell'inchiesta sullo stadio spunta il nome di Conte: «Avrebbe dovuto risolvere i guai del simbolo 5 stelle»
- Dalle carte dell'informativa dei carabinieri emerge che Alfonso Bonafede, neo ministro di Grazia e Giustizia, avrebbe riferito a Luciano Costantini che il premier (da avvocato) si sarebbe dovuto occupare dei contenziosi legali attorno alla proprietà del logo del Movimento.
- L'ex ministro Luca Lotti aveva anche la delega al Cipe, la cabina di regia sulle infrastrutture. Il costruttore Luca Parnasi nelle riunioni con il suo staff parlava del fedelissimo renziano
- Indagini a rilento su Luca Lanzalone, il presidente di Acea agli arresti: pochi giorni prima delle manette avrebbe cancellato tutte le email.