Giancarlo Giorgetti e Maurizio Belpietro
Il ministro dell'Economia durante il Giorno della Verità punta il dito contro il Superbonus di Giuseppe Conte. «Da questo tipo di droga economica bisogna uscire. Purtroppo la disintossicazione è dolorosa ma qualcuno la deve fare».
Intervistato Maurizio Belpietro, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parla a tutto campo al Giorno della Verità e risponde punto per punto alle domande del direttore del nostro quotidiano. A partire dal tema delle dimissioni ventilate in questi giorni sui giornali rispetto alle polemiche interne al governo sul superbonus. «È stata una misura eccezionale in tempi eccezionali, anche Ben Johnson ha vinto le Olimpiadi con il doping» ha detto. Quindi non ci sono dimissioni all’orizzonte. «No, io ho messo in chiaro una cosa che forse, nonostante il dibattito di questi mesi, non è sufficientemente chiara: quella è una misura eccezionale per tempi eccezionali, come tante altre cose fatte in epoca pandemica. Finita quella ubriacatura, da questo tipo di droga economica bisogna uscire'. Purtroppo - prosegue - la disintossicazione è dolorosa ma qualcuno la deve fare. Mi rendo conto che chi più ne trae vantaggi non è d'accordo, ma dalla droga bisogna uscire. Io spero che si metta un punto definitivo, però è giusto e anche mio dovere come ministro dell'Economia mettere in chiaro la situazione».
Del resto, l’impatto voluto della misura voluta dal governo di Giuseppe Conte è drammatico. «I dati sono ormai acclarati è chiaro che nei prossimi quattro anni, o addirittura nei prossimi dieci anni se passa l'emendamento in discussione, avremo allo stato attuale un impatto all'incirca di 30 miliardi ogni anno per i prossimi quattro anni». Perché «al netto delle detrazioni edilizie normali che sono state sempre attuate in questo Paese» qui siamo di fronte a «circa 150 miliardi la cifra in più rispetto alle ordinarie detrazioni che dal '96 sono sempre state praticate, che sono quelle a cui stiamo tornando in un percorso di disintossicazione, cioè le detrazioni in dichiarazione dei redditi in dieci anni per una percentuale dei lavori. «Quello che non è più accettabile perché senza senso - ha aggiunto Giorgetti - è dare il 110% a carico dello Stato a prezzi definiti dalle parti in cui lo Stato non c'è e non può neanche sindacare».
Per il resto, il ministro dell’Economia, ha ricordato che il governo sta «facendo in queste ore uno sforzo per cercare, molto faticosamente, una copertura finanziaria per rinviare l'entrata in vigore della sugar tax "al primo di gennaio del 2025. Credo che alla fine ci arriveremo però credo che non sia questo il tema centrale di politica economica di questo Paese». Rispetto invece al nuovo patto di stabilità che tornerà in vigore dopo gli anni dell’emergenza Covid, ci sarà la definizione di «un percorso che per un Paese molto indebitato e con tassi alti come l'Italia diventa molto difficile da onorare. Noi confidiamo che da un lato i tassi di interesse finalmente scenderanno, e io ritengo che il percorso inizierà presto. Dall'altro lato, dobbiamo fare un esame serio delle spese che ci possiamo permettere, tagliando tutto quello che possiamo tagliare e che non è produttivo. È uno sforzo che la politica deve fare seriamente».
Proprio sui tassi di interesse, Giorgetti ha ricordato di aver iniziato una fase dialettica con Christine Lagarde circa un anno e mezzo fa, dove «a mio giudizio l'inflazione in Italia e in Europa non dipendeva dal surriscaldamento dell'economia ma dall'andamento dei prezzi energetici e quindi una stretta di politica monetaria non serviva a nulla. Ognuno fa il proprio mestiere, la Lagarde fa la cattiva facendo la governatrice della Bce, io cerco di fare il cattivo difendendo gli interessi dell'Italia, facendo il ministro dell'Economia - ha proseguito -. Sono convinto che i tassi debbano scendere e scenderanno perché questa è la logica e la realtà, abbiamo un’inflazione che cuba ormai attorno al 2,5%, se si vuole arrivare alla recessione, non dico all'inflazione ma al deprezzamento, non credo che sia uno scenario realistico né per noi ne per la Bce». Il governo in questi anni ha portato avanti tagli alla spesa pubblica. «Lo scorso anno abbiamo tagliato circa 3 miliardi da ministeri e enti collegati, sembra poco ma di fatto abbiamo ridotto drasticamente la spesa discrezionale, cioè quella per cui non ci sono impegni vincolanti che non si possono disattendere» ha ricordato Giorgetti.
Rispetto invece al mercato europeo, «va bene la competizione all'interno del mercato europeo ma dobbiamo difenderci dalla competizione di chi arriva fuori dal mercato europeo. Non possiamo essere soltanto noi legati al purismo economico e alla teoria del libero scambio» ha detto il ministro dell'Economia, rispondendo a Belpietro che gli ha chiesto se l'Europa potrebbe seguire strada americana dazi contro Cina. «Credo che gli Usa abbiano già iniziato due anni fa con misure che si sono poi tradotte in una competizione con gli Stati europei, perché tante realtà che avevano valutato di fare insediamenti produttivi in Europa hanno optato per gli Usa - ha aggiunto Giorgetti -, grazie al sistema di sussidi. Parte una guerra di dazi e protezionismo e questa guerra economica nasconde una competizione di tipo geopolitico - ha concluso -. Bisognerà capire se l'Europa, come soggetto, saprà interpretare questa nuova fase storica e dare una dimensione anche di tipo strategico ai pilastri su cui è nata l'Unione europea». Proprio per questo motivo nel nostro continente i salari erano più alti negli anni '70, mentre sono crollati all'inizio del nuovo millennio. E se i salari sono bassi in Italia è anche colpa di questi «venti anni di Euro».
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