«La Germania, come gli Stati Uniti, cerca di frenare l’impennata dei richiedenti asilo». Così titolava ieri l’edizione europea del Wall Street Journal. Che anche il governo tedesco stia pensando a un modo per rallentare l’invasione, respingendo l’ondata di migranti, lo avevamo capito da un pezzo, soprattutto dopo che il ministro dell’Economia e vicecancelliere Robert Habeck aveva parlato di dare un taglio secco ai sussidi a favore dei profughi. Ma il quotidiano americano ieri ha fatto un passo avanti, rivelando l’intenzione di Berlino di spostare il problema un po’ più in là, vale a dire in terra straniera. Infatti, secondo il corrispondente della testata a cui si abbevera la comunità finanziaria internazionale, il cancelliere Olaf Scholz «sta lavorando a un piano per inviare alcuni richiedenti asilo in Africa». Sì, avete letto bene, il governo semaforo (ne fanno parte i socialdemocratici, i liberaldemocratici e i verdi, da qui la simpatica definizione) studia un accordo con Kenya, Ghana, Senegal, Marocco e altri Paesi del continente per «ospitare alcuni richiedenti asilo in attesa delle loro domande di accoglienza». Processo che, precisa il giornale americano, «a volte può richiedere anni». In pratica, la Germania si appresta a fare quello che intende fare l’Italia, cioè mandare i migranti il più lontano possibile, con la differenza che Giorgia Meloni ha scelto l’Albania, che sebbene non faccia parte dell’Unione è pur sempre Europa, mentre i tedeschi meditano di raggiungere intese direttamente con l’Africa. Certo, mentre da noi si usano toni apocalittici contro la decisione di trasferire tremila extracomunitari a Tirana e si parla di deportazione, tirando addirittura in ballo Guantanamo, la prigione extraterritoriale dove gli americani hanno rinchiuso i jihadisti, i tedeschi sostengono di voler «solo» esternalizzare il controllo e la gestione dei flussi migratori. Esternalizzare non fa venire in mente i vagoni piombati e nemmeno i campi di concentramento evocati dalla sinistra di casa nostra. È un verbo gentile, diffuso nelle aziende quando si sceglie di conferire all’esterno una produzione, rinunciando a farla in casa propria. Sarà per questo che nessuno ieri si è indignato di fronte all’articolo del Wall Street Journal. Mentre dopo la conferenza stampa di Giorgia Meloni ed Edi Rama, i compagni hanno dissotterrato l’ascia di guerra evocando la violazione della Costituzione (la Carta è come la mamma: vi si ricorre ogni volta che si è in difficoltà nella speranza che dia uno scappellotto al compagno che ci ha rubato il pallone), ieri a Largo del Nazareno non è volata una mosca. Tutti zitti nonostante fino al giorno prima avessero strepitato, parlando di palesi violazioni delle norme internazionali e di scelta disumana. A un certo punto, come abbiamo già raccontato, Schlein e il vicesegretario per le questioni internazionali, tal Giuseppe Provenzano, coppia sostenuta da quel fine giurista che è l’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando, hanno addirittura ipotizzato una ritorsione nei confronti del premier albanese, reo di aver sottoscritto l’intesa con Meloni con il dichiarato scopo di aiutare l’Italia. Essendo Edi Rama il capo del partito socialista della repubblica balcanica, la compagna Elly e i suoi accoliti hanno minacciato di far cacciare il premier di Tirana dal Pse, ovvero dal gruppo che rappresenta i socialisti europei, in quanto non in linea con le politiche umanitarie che ispirano lo schieramento. L’iniziativa, oltre a rivelarsi velleitaria e dimostrare che il furore ideologico spesso spinge a schierarsi perfino contro il proprio Paese (è l’obiezione mossa da Rama), ha coperto il Pd e tutta la sinistra di ridicolo. Non soltanto perché il primo ministro albanese ha liquidato le accuse del Partito democratico con un paio di frasi nette, definendolo un partito di pazzi che neppure conosce le procedure, ma anche perché hanno dimostrato una volta di più di non avere alcuna idea concreta su come affrontare il fenomeno migratorio e di essere come sempre in ritardo sui tempi. Se l’Inghilterra, ma anche la Danimarca, parlano di spedire i richiedenti asilo in Rwanda e l’idea è copiata addirittura dalla Germania, significa che il vento sta cambiando e con i chiari di luna che si registrano sulla scena economica non è più tempo di accoglienza indiscriminata. I tedeschi, per bocca della relatrice dei liberaldemocratici sul tema migratorio, sollecitano il ministro dell’Interno a «facilitare l’elaborazione delle richieste d’asilo nei Paesi terzi», vale a dire in Africa. E stiamo parlando di un partito che sta al governo e occupa ruoli importanti. L’aria che tira dev’essere poi mutata anche a Bruxelles perché, nonostante le pressioni esercitate dalla sinistra italiana, in Europa si sono guardati bene dallo schierarsi contro l’alleanza fra Italia e Albania. Insomma, più passano i giorni e più i veri extracomunitari appaiono gli esponenti della sinistra. Infatti, mentre il governo semaforo fa scattare il rosso per gli arrivi dall’Africa, sono ancora fermi ai box dell’accoglienza. E se questa è la linea dei prossimi mesi, probabilmente sono destinati a rimanerci per un bel po’.
Olaf Scholz e Giorgia Meloni (Ansa)
L’esecutivo di Berlino intende delegare il controllo delle domande d’asilo a Paesi terzi. Ovvero ciò che ha fatto Giorgia Meloni con Tirana.