Il cancelliere tedesco Friedrich Merz (Ansa)
Si impenna l’indice manifatturiero. Bruxelles autorizza Berlino a dare 5 miliardi di aiuti di Stato «green».
- Il «Corriere» ridicolizza i dubbi sul piano Merz: «Critici disinformati o in malafede». Ma la mossa tedesca è davvero un rischio: riconverte l’industria minando la stabilità Ue.
- Dal 2011 (eccetto gli anni di guerra e Covid) i cancellieri hanno sforato il 6% della bilancia commerciale indebolendo gli Stati dell’Unione. Alla faccia dell’austerity che ha portato alla rovina di Grecia e Pigs.
Lo speciale contiene due articoli.
Carri armati Rheinmetall (Getty Images)
Quelli che ci raccontavano che la Russia era sull’orlo del collasso, adesso vogliono farci credere che le truppe di Putin stiano per invaderci. Una balla per creare l’«emergenza Difesa». Con il risultato che presto ci sarà di nuovo un potente esercito tedesco.
A chi serve un piano da 800 miliardi per armare l’Europa? Di certo non all’Europa, che in questo momento - a differenza di ciò che si vuol far credere - non è minacciata da alcuna invasione. Fino all’altro ieri ci è stato assicurato che, grazie alle sanzioni imposte dai Paesi occidentali, l’economia di Mosca fosse sull’orlo del fallimento. «Il burro costa il 30 o il 40% in più rispetto all’inizio della guerra, milioni di persone non possono più permetterselo e gli scassinatori sfondano le vetrine delle latterie a notte fonda per saccheggiarlo», scriveva tre mesi fa il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, dando voce al pensiero delle principali cancellerie europee su un prossimo crollo del sistema. Ma se un Paese è allo sfinimento e la sua economia su un piano inclinato (così scriveva Fubini due mesi fa), com’è che, in poche settimane, il «colosso malato» è diventato un gigante che corre minaccioso verso le nostre frontiere per aggredirci? Misteri della propaganda che, però, inducono ad alcune riflessioni. Non soltanto su quanti, dopo averle sbagliate tutte, oggi pretendono di indicarci nuovi rischi, ma anche sui Paesi a cui conviene spaventarci a morte per spingerci ad armarci fino ai denti.
Sulla prima domanda, c’è poco da dire: quello di politici e giornalisti è un doppio salto carpiato. Erano arciconvinti che, chiudendo i rubinetti del gas, sequestrando i beni degli oligarchi, escludendo le banche russe dal circuito finanziario e riempiendo di bombe gli arsenali ucraini, la guerra sarebbe stata vinta. Invece, a tre anni di distanza, occorre riconoscere che la guerra è persa: anche se non ha conquistato Kiev, Vladimir Putin ha strappato il 20% del territorio ucraino e non ha alcuna intenzione di restituirlo.
Così, ora, sono costretti a fare i conti con la realtà ma rovesciandola, per dire che Mosca non è allo stremo, bensì minaccia l’Europa. E qui veniamo alla seconda domanda: chi ha interesse a inventare un rischio che, al momento, non trova alcuna conferma nei fatti? La risposta è semplice: la Germania. Berlino è un Paese in crisi, con un sistema industriale che non regge la concorrenza internazionale. Il Pil langue, la Cina avanza, il gas non è più a buon mercato. Lo scorso anno l’Ocse ha calcolato una contrazione del prodotto interno lordo dello 0,2% e, per il 2025, ha previsto che crescerà ma solo dello 0,4%, facendo meglio soltanto del Messico. Perciò la Germania ha bisogno di investimenti ma, allo stesso tempo, la gabbia di ferro che ha costruito per imprigionare gli altri Paesi della Ue e renderli schiavi ora tiene in ostaggio anche l’economia tedesca.
Dunque, è necessario trovare la giustificazione per liberarsi dalla morsa dei parametri di Maastricht. Il pericolo di vedere i carri armati alle porte di casa giustifica tutto, anche il debito che, fino a ieri, era la minaccia più temuta dagli arcigni funzionari di Bruxelles. Grazie a Putin, invece, ora l’Europa non ha più paura di non rispettare il rapporto deficit-Pil. Tuttavia, nonostante la rimozione dei vincoli, a causa dell’alto debito ci sono Paesi, per esempio l’Italia, che non possono indebitarsi ulteriormente perché vorrebbe dire pregiudicare la stabilità futura dei conti pubblici. E come noi, ma magari non quanto noi, stanno in una situazione simile anche altri, per esempio la Grecia, il Portogallo, la Francia e la Spagna. Chi può spendere per comprare armi, quindi? La Germania, appunto. Che non soltanto se lo può permettere, ma ne ha anche bisogno in quanto, con quei soldi, potrà far crescere la propria industria, riconvertendola. Non saranno soltanto le aziende degli armamenti a beneficiarne, bensì anche i gruppi automobilistici che, oggi, sono in affanno a causa del rallentamento del mercato dovuto alla transizione verde.
E di tutte queste armi, con cui la Germania rifornirà i suoi arsenali e farà ripartire le sue industrie, ne abbiamo bisogno? L’Osservatorio dei conti pubblici della Cattolica guidato da Carlo Cottarelli ha calcolato che la spesa militare dell’Europa rispetto a quella russa nel 2024 è stata superiore del 58%. In sostanza: spendiamo in armi quasi il 60% più di Mosca e domani, con le centinaia di miliardi che investiranno i tedeschi, è assai probabile che la percentuale raddoppi. Attenzione però: in base a quanto detto, non sarà la Ue a essere ulteriormente armata, ma solo i tedeschi. I quali avranno a disposizione un esercito fornito dei migliori strumenti bellici e pronto alla guerra.
A questo punto viene spontanea una domanda: visti i precedenti, siamo sicuri che sia un bene?
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Carri armati Rheinmetall (Getty Images)
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