Domani è atteso il verdetto dell’agenzia Moody’s sul rating dell’Italia, anche se le previsioni escludono un declassamento (anzi, qualcuno azzarda pure un miglioramento del cosiddetto outlook). Per il 21 novembre è prevista la pagella della Commissione europea alla legge di bilancio italiana, che dovrebbe contenere una promozione sostanziale ma con un richiamo alla riduzione del debito e a maggiori investimenti. Mercoledì 22 novembre riprenderà alla Camera la discussione sulla ratifica del Mes. Il giorno dopo, il 23, si terrà la riunione straordinaria dell’Ecofin per arrivare a una bozza di accordo sulla riforma del Patto di stabilità da portare sul tavolo del vertice decisivo dell’8 dicembre. Patto su cui il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha però espresso forti perplessità ventilando un veto del governo italiano se passerà l’attuale versione. Alla vigilia di questo fitto calendario di fine anno che sarà decisivo per il futuro dei conti pubblici nostrani, ecco che da Bruxelles arriva l’ennesimo cartellino giallo sul fronte delle previsioni economiche. La Commissione di Ursula von der Leyen ieri ha, infatti, limato al ribasso la stima per il Pil italiano nel 2023, portando la previsione al +0,7% rispetto al +0,8% delle precedenti stime. Per il 2024 la revisione è leggermente al rialzo, con un +0,9% mentre le stime diffuse a settembre indicavano un +0,8%. Nel 2025 la crescita è vista all’1,2%. L’inflazione è prevista al 6,1% nell’anno in corso, per poi scendere al 2,7% nel 2024 e al 2,3% nel 2025. Il tasso di disoccupazione si attesterebbe al 7,6% nel 2023, al 7,4% il prossimo anno e al 7,3% nel 2025. La riduzione del debito pubblico e del deficit in rapporto al Pil, evidenzia la Commissione, si fermerà nel 2024-2025. In particolare, il debito pubblico si attesterà al 139,8% del Pil nel 2023, poi poi salire al 140,6% nel 2024 e al 140,9% nel 2025. Per quanto riguarda il deficit/Pil, le stime di Bruxelles indicano un 5,3% nel 2023, seguito dal 4,4% del 2024 e dal 4,3% del 2025.
Ai numeri si sono aggiunte le parole del commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, che ha ribadito come l’attuazione del Pnrr sia «fondamentale per sostenere la crescita e per mantenere le prospettive di crescita che per quanto limitate esistono nelle nostre proiezioni, e per evitare rischi di recessione». Poi ha aggiunto che «effettivamente c’è una differenza nel deficit e nel debito tra le proiezioni dei documenti italiani e le nostre stime. La differenza si basa fondamentalmente su tre punti: il primo è che le nostre stime includono un incremento più alto del costo degli interessi sul debito; il secondo è che la Commissione include nelle stime il prolungamento della misura sul cuneo fiscale; il terzo è che la stima della Commissione assume un incremento nel valore dei salari e degli stipendi pubblici maggiore di quello previsto nelle stime italiane».
Intanto, però, il compromesso sul nuovo Patto di stabilità ipotizzato dalla presidenza di turno spagnola per accontentare i tedeschi è peggiorativo per l’Italia che non ha ottenuto nemmeno un’apertura sulla possibilità di scorporare le spese del Pnrr dal deficit. Prima di Natale, Giorgia Meloni e Giorgetti non intendono giocarsi il panettone su una tavola che rischia di essere già apparecchiata dall’Europa con a capotavola Francia e Germania (in recessione, con alcune sue grandi banche in difficoltà e alle prese, ieri, con la decisione della Corte costituzionale federale tedesca che ha stabilito che la decisione del governo di riallocare 60 miliardi di euro di debito inutilizzato dell’era della pandemia al suo fondo per il clima è «incostituzionale») .
La partita sul Mes (il Meccanismo europeo di stabilità) si giocherà in casa, ovvero alla Camera, tra il 22 e il 23. Si incrocia, dunque, con il secondo round all’Ecofin. L’Italia, ricordiamolo, è l’ultimo Paese a dover ratificare questo trattato di secondo livello, come più volte richiesto dal commissario Gentiloni, ma punta a legare la firma sull’ex fondo Salvastati a condizioni di maggiore flessibilità nel computare le spese per investimenti in Difesa e transizione ecologica nel nuovo Patto di stabilità. «Attualmente non mi pare che» il Mes «stia slittando. È all’ordine del giorno, è calendarizzato, vedremo», ha detto ieri la Meloni, parlando con i giornalisti. A chi le chiedeva se dunque sarà discusso in Aula la prossima settimana, il presidente del Consiglio ha risposto che «i lavori parlamentari quelli sono, se la settimana prossima è calendarizzato la settimana prossima si discuterà». Per quanto riguarda il giudizio sul Mes, ha concluso, «per me non è cambiato niente».
Il negoziato si incrocia anche con il via libera di Bruxelles alla finanziaria varata dal governo fatta per due terzi in deficit e che vede crescere il suo debito oltre il 140% del Pil. Proprio ieri, tra l’altro, Bankitalia ha aggiornato i dati sul debito pubblico che a settembre è risalito 2.844,2 miliardi (+3,8 miliardi rispetto al mese precedente). Mentre l’Istat ha dato i dati competi sull’inflazione di ottobre: crollo a +1,7% su base annua rispetto al +5,3 di settembre, mentre su base mensile si registra un -0,2%