Emmanuel Macron (Ansa)
I magistrati europei bocciano i (brutali) respingimenti al confine. La sentenza dovrebbe spingere Parigi a collaborare con l’Italia.
Il ministro degli Interni, Gérard Darmanin: «Governo italiano incapace di gestirli». La replica: «Offese inaccettabili». Dietro l’attacco si cela il clima da fine impero all’Eliseo e la debolezza di Emmanuel Macron che rischia di essere scavalcato da Marine Le Pen alle Europee.
I francesi sono vittime del loro complesso di superiorità. Cresciuti col mito della grandeur, ogni volta devono dare lezioni al prossimo e in particolare a noi italiani, amici-nemici, di cui si considerano da sempre rivali. Ma oltre a questo vizio d’origine, la spiegazione della nuova polemica che ci contrappone a Parigi è costituita anche da un altro elemento, ossia la disastrosa situazione in cui versa Emmanuel Macron. Rieletto appena un anno fa, Monsieur le President nei sondaggi è al minimo storico. La riforma delle pensioni da lui imposta a colpi di poteri presidenziali, scavalcando le Camere, lo ha fatto precipitare nei consensi. Sebbene la Corte costituzionale abbia approvato gran parte della legge che innalza di due anni l’età a cui è consentito lasciare il lavoro, legittimandone dunque l’introduzione anche senza un voto parlamentare, la popolarità dell’inquilino pro tempore dell’Eliseo ha raggiunto il punto più basso. Tanto che i più recenti sondaggi dicono che se si votasse oggi, Macron perderebbe la sfida con Marine Le Pen.
Lo scorso anno, quando si trattò di scegliere il nuovo presidente, la leader del Rassemblement national non riuscì a scavalcarlo nemmeno al primo turno e al secondo fu sconfitta 42 a 58. Passati 12 mesi, la situazione appare ribaltata, al punto che se si votasse oggi sarebbe Macron a uscire con le ossa rotte: 55 a 45. Sono lontani i tempi dell’elezione del 2017, quando l’intero arco costituzionale, escluso dunque lo schieramento del Front national, appoggiò il fondatore de En marche. Oggi tutti, o quasi, stanno dall’altra parte, cioè contro di lui. Fatta questa premessa, che inquadra il clima che circonda l’Eliseo, con una Parigi messa spesso a ferro e fuoco con manifestazioni di protesta che paralizzano la città, si capisce che Macron e i suoi ministri si aggrappano a tutto pur di non affondare. Non so se ricordate quando, dopo la vittoria del centrodestra in Italia, la premier francese Elisabeth Borne disse che avrebbe vigilato sul corretto andamento democratico del nostro Paese. La frase, per quanto irrispettosa e spocchiosa, non era rivolta a noi, ma destinata a casa propria, perché in questo modo la signora lanciava messaggi a Marine Le Pen, ma anche alla Nupes, ossia al rassemblement di sinistra guidato da Jean-Luc Mélenchon, comunista duro e puro che vede i fascisti anche sotto il letto. Borne forse sperava di farselo amico, evitando che questi presentasse contro di lei un’altra mozione di sfiducia.
Adesso, ad attaccarci è il ministro dell’Interno, tal Gérard Darmanin, che Macron ha voluto al suo fianco nella speranza che lo aiuti a recuperare i voti dei gollisti migrati verso il partito della Le Pen. Darmanin, che ha un passato come portavoce di Nicolas Sarkozy, viene da movimenti e partiti di destra, anche se con un rapido voltafaccia ha mollato i Repubblicani per il più moderato Macron. Ora però, c’è bisogno di qualcuno con la faccia feroce, soprattutto sul tema dei migranti e dunque il ministro dell’Interno si presta. Si era già distinto mesi fa, con un attacco al nostro Paese, quando l’Italia si era rifiutata di far sbarcare 234 profughi in arrivo dall’Africa e questi poi erano stati dirottati verso le coste francesi. Darmanin reagì come un galletto, annunciando la sospensione del piano di ricollocamento. Sarà Roma a rimetterci, spiegò in diretta tv, perché noi non accoglieremo nessuno dei 3.500 immigrati che ci eravamo impegnati a prendere. Fu l’inizio dei rapporti tesi con Parigi, proseguiti con alcuni sgambetti da parte dei nostri cugini, che però non ottennero alcuna marcia indietro da parte del governo Meloni.
Adesso, nel tentativo di dirottare l’attenzione verso i problemi di ordine pubblico a casa sua, Darmanin ci riprova, prima schierando i gendarmi al confine con l’Italia, per impedire che i profughi lo attraversino, e ora con l’accusa sgradevole di incapacità nel gestire il fenomeno migratorio, a cui il nostro governo ha risposto annullando la visita del ministro degli esteri Antonio Tajani. Il tirapiedi di Macron punta ad alzare lo scontro, nella speranza di guadagnare qualche consenso per sé e per il suo capo. Alle viste ci sono le elezioni europee dell’anno prossimo dove, stando ai sondaggi, la Le Pen potrebbe trionfare, contribuendo a un cambiamento degli equilibri a Bruxelles. Ma non c’è solo il voto del 2024, c’è anche quello del 2027, quando si tornerà a eleggere il presidente. Il Napoleone tascabile che lo occupa al momento non potrà ricandidarsi e Darmanin - ambizioso e spregiudicato com’è - non vede l’ora di prenderne il posto. Insomma, quella a cui abbiamo assistito ieri non è che l’entrée di un tizio pronto a sgomitare pur di farsi notare e a quale il governo fa bene a replicare senza troppi riguardi.
Il ministro degli Interni, Gérard Darmanin: «Governo italiano incapace di gestirli». La replica: «Offese inaccettabili». Dietro l’attacco si cela il clima da fine impero all’Eliseo e la debolezza di Emmanuel Macron che rischia di essere scavalcato da Marine Le Pen alle Europee.