- Nonostante i pochi casi al mondo si moltiplicano gli allarmi su un salto di specie. La risposta? Sempre la puntura...
- Covid: svelati i messaggi dei «Fauci boys» sulla teoria, finora bollata come cospirazionista, di un’origine legata a un vaccino anti Aids.
Lo speciale contiene due articoli.
I virus H5N1 starebbero mutando per infettare l’uomo. I patogeni responsabili dell’influenza aviaria avrebbero questa missione, secondo i simpatici auspici degli ormai esperti del terrore. Eppure la Food and drug administration, l’agenzia regolatoria statunitense, sottolinea che l’altamente patogeno dell’H5N1 «si riferisce a un impatto grave sugli uccelli, non necessariamente sugli esseri umani».
«Il virus dell’influenza aviaria continua a diffondersi nell’Unione europea, e altrove, provocando un’elevata mortalità tra gli uccelli selvatici, spillover tra i mammiferi selvatici e domestici e focolai negli allevamenti», ha comunicato l’Autorità europea per la sicurezza alimentare Efsa, senza registrare contagi umani nel Vecchio continente.
Il passaggio ai bovini da latte, segnalato negli Stati Uniti (il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti ha individuato 15 aziende agricole in sei Stati con problemi di aviaria), sarebbe per alcuni la conferma che dopo tassi, orsi, gatti, linci, lontre, procioni, leoni marini, delfini, furetti, visoni, volpi, leopardi, maiali, il virus che prima infettava gli uccelli ora si starebbe preparando all’assalto umano. Prima passando per i gatti, che si sarebbero ammalati in Polonia e negli Usa bevendo latte crudo.
«Oggi l’aviaria non è più un problema di quella specie (aviaria, ndr), dovremmo forse smetterla di chiamarla così perché oggi si sta avvicinando pericolosamente all’uomo. Dire che non va consumato il latte crudo, in Usa almeno, vuol dire che ci può essere un potenziale rischio che l’H5N1 diventi il prossimo problema pandemico», ha dichiarato sulla Stampa l’infettivologo Matteo Bassetti.
I rischi per la salute umana a oggi evidenziati sono molto bassi. Pochissimi i casi registrati negli ultimi tempi: un lavoratore di un allevamento del Texas, risultato positivo ad aprile dopo essere stato in contatto con mucche da latte con aviaria, e che ha lamentato solo una congiuntivite, è il secondo contagio rilevato negli Stati Uniti. Il precedente risale al 2022, un detenuto infetto dopo che si era occupato dell’abbattimento di uccelli presso un impianto di pollame commerciale in Colorado.
Sempre quest’anno, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) elenca un positivo a marzo in Cile e nello stesso mese il virus fu trovato anche in uno studente del Vietnam che aveva intrappolato uccelli selvatici vicino a casa sua prima e dopo le vacanze del Capodanno lunare. «Dal 2003 al 1° aprile 2024, sono stati segnalati in tutto il mondo da 23 Paesi un totale di 889 casi e 463 decessi causati dal virus dell’influenza A (H5N1)», evidenzia l’Oms. Si tratta di appena 42 casi l’anno, nei complessivi 23 Paesi, tanto per rendersi conto della minaccia.
«Nella comunità scientifica la preoccupazione è grande», riferisce invece Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), appena rientrato dal congresso della Società europea di microbiologia clinica e malattie infettive (Escmid) di Barcellona. Secondo il professore, «la circolazione nei mammiferi indica che il virus sta evolvendo in una direzione chiara: ha imboccato una strada che inevitabilmente, prima o poi porterà all’arrivo nell’uomo il quale potrà diventarne serbatoio e diffusore».
Nella dichiarazione rilasciata ad Adnkronos salute, l’ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili, parla dell’aviaria come della prossima, possibile pandemia. «È inevitabile che quando il virus entrerà più e più volte nell’uomo potrà assumere quella “fitness”, cioè quella capacità di adattamento alle cellule umane, che permetterà all’uomo di fare da reservoir e quindi da diffusore per altri uomini».
Per farci dormire sonni più tranquilli, ha aggiunto che sebbene il contagio tra umani non sia mai stato confermato, «non è detto che una trasmissione uomo-uomo non sia già possibile, o che quantomeno qualche ceppo non si sia già stabilizzato nell’uomo». Pronto a essere stimolato, per contagiare come ogni dannato virus. Aggiungete che «non esistono vaccini specifici per prevenire l’infezione da virus dell’influenza A (H5N1) nell’uomo», secondo la rassicurante nota dell’Oms, e vedrete se di aviaria non si parlerà con toni sempre più allarmistici.
Magari invocando a gran voce misure di contenimento e nuovi vaccini salvifici, di cui si farà alfiere l’immancabile Roberto Burioni, scivolato sempre più in basso nelle sue esternazioni sui social. Incapace di cogliere le riflessioni di Susanna Tamaro sulle conseguenze della pandemia affidate al Corriere della Sera, il professore ha attaccato il quotidiano («Perché ospitate simili scemenze?») e in modo greve la scrittrice dicendo che «ci spiega i vaccini producendosi in una mirabile crestomazia di “ragionamenti” identici a quelli dei somari antivaccinisti. Ne dovevamo uscire migliori, invece ne siamo usciti tutti virologi, anche la Tamaro».
Non contenta, la virostar che al linguaggio scientifico preferisce il trash pur di farsi ancora notare, innalza un peana al vaccino «che ha salvato molte decine di milioni di vite, compresa forse pure la tua», aggiunge sempre rivolto alla scrittrice. «Permettendoti di partecipare da viva alle Olimpiadi delle bojate», erutta il professore. Nel salotto di Fabio Fazio, di cui è l’esperto di fiducia, evidentemente si usa così.
Mail segrete: «Tracce di Hiv nei laboratori di Wuhan»
Se non bastavano le mille indagini che stanno chiudendo il cerchio sull’origine da laboratorio del virus Sars Cov-2 (pochi giorni fa è stato ascoltato al Congresso anche Peter Daszak della Ecohealth alliance), è dalla Germania che arriva un’altra pista investigativa sui pericolosi esperimenti effettuati in Cina, stavolta sul virus dell’Hiv.
Come La Verità ha documentato in questi anni, le tesi finora accertate si erano in gran parte concentrate sulla presenza del famoso sito di scissione della furina. Meno attenzione era stata prestata ad altre anomalie e, in particolare, alla presenza dei cosiddetti inserti di Hiv, il virus dell’Aids, segnalati per la prima volta dal gruppo di ricerca indiano Pradhan e altri alla fine di gennaio 2020, ripresi dal premio Nobel per la medicina Luc Montagnier e presto liquidati come «teorie del complotto». Gli esiti delle ricerche del gruppo Pradhan sugli inserti di Hiv erano arrivati anche al gruppo di scienziati riuniti intorno a Anthony Fauci e diretti da Kristian Andersen dello Scripps research, autore insieme con Andrew Rambaut, Ian Lipkin, Edward Holmes e Robert Garry del famoso paper The proximal origin of Sars Cov-2. Il documento, pubblicato su Nature il 17 marzo 2020 stabiliva - senza lasciare spazio al dubbio - che il virus aveva origine naturale. Ma non era vero.
Negli stessi giorni in cui Prashant Pradhan pubblicava le sue ricerche, i «Bethesda boys» (dalla sede del Niaid di Anthony Fauci, che si trova a Bethesda) erano concentrati a spingere la teoria dell’origine naturale del virus per distogliere l’attenzione dalla possibilità che il virus fosse stato ingegnerizzato a Wuhan. I timori, soprattutto di Fauci, che emergessero le responsabilità americane nel laboratorio cinese da lui finanziato, erano tali che immediatamente i suoi uomini avevano preso le distanze da Pradhan e dagli inserti Hiv.
Una recente richiesta di accesso agli atti Foia ha consentito di leggere le loro email e i messaggi Slack di quei giorni, chiarendo che in realtà la tesi di Pradhan non era stata liquidata perché inverosimile ma perché troppo eclatante: anche i Bethesda Boys avevano notato le anomalie ma, come scriveva Edward Holmes in un’email del 4 febbraio 2020 a Jeremy Farrar (ex direttore del Wellcome trust) e in un messaggio su Slack lo stesso giorno, «se lo diciamo passeremo per pazzi». La sorte poi toccata a Montagnier che invece aveva preso la ricerca di Pradhan molto sul serio concludendo, fin dall’inizio, che l’origine del Sars Cov-2 era in laboratorio: il solo fatto di averlo ipotizzato gli è valsa la gogna della comunità scientifica. Secondo Montagnier, lo scenario più probabile era che il virus fosse stato progettato nel tentativo di creare un vaccino contro l’Hiv, utilizzando un coronavirus come vettore, come confermava, in una delle email rese pubbliche dopo la richiesta di accesso agli atti, anche Kristian Andersen: «Non riesco a togliermi dalla testa l’idea che la versione fuga da laboratorio sia fottutamente probabile», scriveva Andersen, «e sia possibile perché stavano già facendo questo tipo di lavoro: i dati molecolari sono pienamente compatibili con quello scenario». Nessuno dei Bethesda boys in quel momento immaginava che a Wuhan si stesse sperimentando un vaccino contro l’Hiv, ma in realtà era proprio questo l’obiettivo del progetto di virologia cooperativa tedesco-cinese che ha dato origine a un laboratorio proprio a Wuhan, non solo presso il Wuhan institute of virology (Wiv) finanziato dal Niaid ma anche presso l’Union hospital; i due istituti collaboravano assiduamente.
I Repubblicani Usa stanno lavorando da due anni per far emergere i mille indizi che confermano la teoria della fuga da laboratorio, ma se c’è una «pistola fumante» con le impronte digitali tedesche, più ancora che americane, è proprio a Wuhan. Il lavoro sull’Hiv veniva fatto proprio lì, al Wiv, con il suo famoso deposito di coronavirus.