Nel riquadro Brianne Dressen (iStock)
Negli Usa Brianne Dressen è rimasta invalida dopo i test: Astrazeneca le ha offerto solo 1.243 dollari.
«Io esisto» aveva detto nello studio di Fuori dal Coro il 3 aprile scorso. Ingabbiata in una sedia a rotelle, con il cancro che le devastava il corpo dopo la seconda dose di vaccino Pfizer, Rita aveva lanciato un appello al ministro della Salute, Orazio Schillaci: «Mi offro come cavia. Studiatemi. Fatemi a pezzi se serve. Ma voglio sapere quello che mi è successo. La scienza deve darmi una risposta». La scienza, invece, non le ha mai dato una risposta. Il ministro Schillaci neppure. Il corpo di Rita non è stato studiato. Lei è morta l’altro giorno al Gemelli di Roma senza sapere che cosa le sia successo dopo la vaccinazione. L’unico dato certo è che davanti alle telecamere gridava «Io esisto». E adesso non esiste più.
Scriviamo quest’articolo perché qualcuno si accorga della differenza fra l’esistere e il non esistere di Rita e degli altri. Ogni tanto, infatti, abbiamo l’impressione che gli invisibili siano così invisibili che nessuno si accorge quando se ne vanno per sempre. Rita D’Amico, 55 anni, di Roma, donna forte e combattiva, una lunga lotta contro il tumore al seno che sembrava vinta e che invece è riesplosa dopo la vaccinazione, esisteva. Eccome se esisteva. E chiedeva di essere ascoltata. Anzi, di essere studiata. Dalla scienza. Lo ripeteva sempre: scientificamente.
E allora: dove sono i profeti della scienza? Quelli che si sono riempiti la bocca di scienza, salvo prostituirla al dio vaccino? Dove sono i Burioni e i Bassetti che definiscono le vittime degli effetti avversi come «nemici della scienza»? Può essere «nemico della scienza» chi arriva a mettere il suo corpo e la sua sofferenza a servizio della medesima? O il vero nemico è chi chiude gli occhi davanti a tale sofferenza, accecato com’è dal pregiudizio o, peggio, dall’interesse economico?
Mi piacerebbe che il volto di Rita comparisse davanti ai loro occhi, stasera, quando cercheranno di prendere sonno. Mi piacerebbe che li tormentasse rendendo loro la notte agitata. Mi piacerebbe che anche Schillaci si svegliasse di soprassalto, con il volto di questa donna fisso nella mente. Mi piacerebbe che il ministro provasse a spiegarci perché non ha risposto al suo appello. Perché non le ha mai parlato. Perché non l’ha fatta analizzare. All’inizio di maggio una piccola delegazione di vittime degli effetti avversi, senza Rita, è stata ricevuta al ministero. Ma non dal ministro, dal capo della segreteria tecnica. Un breve incontro. Poi più nulla. «Sono spariti. Ora non rispondono nemmeno alle mail», dice chi era presente a quell’incontro. Si sentono presi in giro. Invece Rita non ha fatto tempo nemmeno a sentirsi presa in giro. Nessuno l’ha ricevuta. Nessuno le ha risposto. Nessuno ha preso sul serio il suo appello.
Rita è stata ricoverata al Gemelli il 28 maggio. Ho sentito i suoi ultimi messaggi. «Sono moribonda», diceva con un filo di voce, ma senza smettere di lottare e di sperare: «Chiamo i carabinieri», tuonava di fronte ai disservizi in corsia. E poi: «Il Signore mi aiuterà anche questa volta». L’ultimo vocale è dell’8 giugno: «Appena mi sento meglio vi do notizie». Ma l’unica notizia che è arrivata è quella della sua morte. Adesso non urlerà più. Non verrà in studio a Fuori dal Coro. Non farà più appelli. E a volte si ha l’impressione che sia proprio questo ciò che cercano. L’oblio. Il silenzio. Uno dopo l’altro le vittime degli effetti avversi se ne vanno. Gli altri perdono la voce. La gente si distrae. «Di cosa scrivi oggi?», mi ha chiesto un amico. Effetti avversi, ho risposto. «Ancora? Non ti sei stancato?». No, non mi sono stancato. Non dobbiamo stancarci perché questo è quello che vogliono loro. Lasciare che il tempo cancelli tutto, poco a poco.
Ma come si fa a cancellare la sofferenza di Andrea? O di Giuseppe? Di tutte le persone che vivono ogni giorno con le carni straziate dagli effetti dei vaccini? Come si fa a cancellare la loro domanda di verità? La loro sete di giustizia? E anche i loro problemi pratici, la mancanza di assistenza, le difficoltà economiche, gli indennizzi che non arrivano? Come si fa a cancellare il loro legittimo diritto di sapere e il loro disperato desiderio di vita? Come si fa a non sentirli urlare, proprio come faceva Rita, «io esisto, noi esistiamo»?
Eppure è quello che sta succedendo. Per il mondo loro continuano a non esistere. Infatti la commissione d’inchiesta Covid sembra svanita nel nulla. Il ministero della Salute riceve le vittime degli effetti avversi e poi si eclissa. La legge sugli indennizzi non funziona perché obsoleta, ma non viene modificata. Passano i giorni, muoiono le persone, ma non cambia nulla. Chi è stato male dopo il vaccino deve sparire, come sempre. Non se ne parla. O, al massimo, li si demonizza, definendoli come «no vax», brutali e violenti. Quei terribili «no vax» da cui l’ex ministro Speranza si è sentito «perseguitato». Di cui si è proclamato «vittima». Guardi bene, caro Speranza, chi sono quelle terribili persone che venivano a chiederle giustizia e verità: sono persone come Rita. Non sono no vax. Sono persone che, purtroppo, hanno creduto nella scienza e nelle istituzioni e che sono state tradite. Dimenticate. Offese. Umiliate. E che non chiedono altro che di essere ascoltate, cosa che non avete fatto mai. Smettetela di lagnarvi: voi non siete le vittime. Siete i colpevoli. La vera vittima è Rita. E per lei continueremo a batterci. Per fare in modo che quel suo «io esisto» vi tolga il sonno.