Questa settimana, in occasione della seconda lezione per imparare a diventare belve infrangibili, Silvana De Mari ha preparato anche un video, in cui ci spiega in che modo mettere in atto la tecnica del judo contro chi ci accusa di essere «kattivi» e vuole imporci il linguaggio politicamente corretto a furia di manipolazioni
Resistere al linguaggio manipolatorio. Un terrificante incendio in Toscana. Sono state bruciate le risorse e la bellezza, sono state bruciate le case. Un terrificante fatto di cronaca. Sono stati torturati e amputati due anziani che dormivano serenamente nei loro letti.
Il primo compito di uno Stato non è la generosità e nemmeno la solidarietà a estranei, ma la sicurezza sulla propria terra, nella propria casa, un tale numero di idranti e canadair che i fuochi possano essere spenti immediatamente. L'accoglienza è riservata solo a chi è stato costretto a venire per salvare la propria vita: fuga da vere guerre, veri perseguitati.
Nessuna nazione ha il dovere di accogliere e mantenere chiunque desideri essere accolto e mantenuto, nemmeno se per arrivare a essere accolto e mantenuto ha rischiato la vita, non è un merito, nessuna nazione ha il dovere di accogliere e poi esporre i suoi cittadini alle rappresaglie quando promesse irrealizzabili non vengono mantenute, quando sogni assurdi si rivelano chimere.
Se accenniamo a questi argomenti, veniamo immediatamente redarguiti, rimessi in riga come scolaretti che si sono messi le dita nel naso durante la visita del sindaco o, meglio, orfanelli che si sono scaccolati durante la visita del patronato. Siamo tizi senza valore e senza diritti che devono solo stare zitti e buoni, mentre i nostri boschi bruciano, le nostre notti si riempiono di incubi, abbiamo paura di camminare nelle nostre strade di notte - e salire su un regionale dopo le 21 non è un'impresa che si faccia a cuor leggero.
Le maestrine con la penna rossa dalle lande locali e i maestrini con la penna rossa da New York alzano il sopracciglio e il ditino e ci spiegano che noi abbiamo tutto da imparare dalle nuove presenze, in tutto a noi superiori. Aggiungono che siamo plebei e cafoni, troppo zotici per capire che ci vogliono due milioni di nuove presenze l'anno perché il sistema pensionistico europeo non faccia acqua. Noi che in effetti plebei e cafoni lo siamo, non abbiamo capito come persone non in grado di entrare nel mondo del lavoro per carenze tecniche loro e carenze tecniche nostre (il lavoro non c'è), possano entrare in un sistema pensionistico. Maestrine e maestrini con la penna rossa a questo punto si irritano e ci spiegano che oltre che plebei e cafoni siamo anche kattivi, con la kappa, anzi due: kkattivi.
Se siamo stufi di stare in ginocchio sui ceci, vale la pena di imparare come uscire dal linguaggio manipolatorio. Per linguaggio manipolatorio si intende una comunicazione che ci fa abdicare ai nostri diritti elementari, libertà di parola, libertà di dormire tranquilli nei nostri letti, libertà di salire su un treno o su un mezzo pubblico dopo le 22 senza patemi, senza sentirci kattivi e senza essere trattati da criminali.
Per uscire dal linguaggio manipolatorio bisogna usare il judo, portare nella comunicazione la tecnica del judo. Io spingo e l'avversario spinge: questa è la lotta greco romana. Nel judo l'avversario spinge e io tiro, l'avversario tira e io spingo, cioè assecondo il suo movimento, lo spingo all'estremo e lo sbilancio. A tutti coloro che mi ricorderanno che la nostra criminalità fa ben di peggio rispetto alle nuove presenze rispondiamo che hanno ragione. Abbiamo già una florida criminalità locale, non è il caso di importare nulla, siamo già ben oltre il massimo tollerabile. Avevamo già una mafia locale che scioglie le persone con l'acido, perché importare gente che smembra una diciottenne con un machete e la mette in due trolley? Sarebbe come importare zucchero a Cuba.
A tutti coloro che spiegano che più del 50% degli stupri è fatto da italiani, rispondiamo che è vero, e che appunto, essendo già forniti di nostro, non necessitiamo di incentivare, e solo qui possiamo aggiungere che se l'8,5% della popolazione commette il 40% degli stupri e il 91,5% ne commette il 60%, la minoranza è evidentemente più «vivace», come sempre sono più «vivaci» i grossi gruppi a forte prevalenza maschile fuori del proprio territorio.
A tutti coloro che ci spiegano che gli europei in Africa hanno compiuto crimini atroci, rispondiamo che è vero, innegabile. Sono stati costruiti ospedali e scuole, ma sono stati commessi crimini. I belgi in Congo hanno commesso crimini atroci che mai avrebbero commesso in Belgio, così come italiani, inglesi francesi eccetera, perché fuori dalla propria terra, senza il controllo sociale, senza il timore di incontrare lo sguardo della propria madre o della vicina di casa la gente diventa peggiore.
Tutta la gente, l'umanità è sempre la stessa, basta razzismi. Tutti i gruppi etnici, soprattutto se composti da masse di maschi, fuori dalla propria terra, peggiorano, quindi è meglio se ognuno se ne resta nella propria terra. Inoltre gli africani che sono stati massacrati da europei potevano consolarsi dicendo che avevano perso la guerra: i conquistatori erano più forti e non c'è stato niente da fare. Noi, quando l'impressione di aver perso territorio e libertà ci attanaglia, non abbiamo neanche la consolazione di aver perso una guerra, anzi, abbiamo pagato navi e mantenimento.
Se ci dicono che non amiamo le nuove presenze, rispondiamo che è vero. La libertà di non amare chi ci è estraneo e non contribuisce alla nostra idea di nazione non è una colpa. Una colpa è odiare, non amare è un diritto. E, alla fine, se il vicino di casa, la zia che non sentiamo mai, il cugino odioso, ci chiede di svegliarci alle due del mattino per accompagnarlo all'aeroporto per partire per le Maldive, altrimenti ci accuserà di essere egoisti, rispondiamo che, certo, siamo egoisti.
Se ci domandano come facciamo a essere così egoisti, rispondiamo che ci alleniamo, tutti i giorni, con convinzione. Stessa risposta diamo a maestrini e maestrine dalla penna rossa che ci chiedono come possiamo essere così cafoni e plebei. Ci alleniamo.