Grosse novità in vista per chi guida un taxi o gestisce una spiaggia. Ma anche per chi importa farmaci od opera nel settore delle telecomunicazioni. Ieri sera verso le 18 si è riunita la cabina di regia dedicata al decreto Concorrenza che sarà presentato dopo le ultime modifiche al Consiglio dei ministri di questo pomeriggio. Il testo riemerge dopo una settimana complessa che aveva visto l'opposizione di alcuni partiti come la Lega non disposti ad accettare la modifica della direttiva Bolkestein sulle concessioni demaniali. La bozza di decreto, mercoledì della scorsa settimana, era così ritornata a Palazzo Chigi e nei cassetti di Francesco Giavazzi, il professore già liberista ora consulente del premier Mario Draghi. La settimana è trascorsa senza portare cambiamenti decisivi. Così il testo è ritornato in cabina di regia sollevando un po' di tensione e qualche bagarre politica attorno al futuro dei taxisti italiani. Infatti, uno dei settori su cui Draghi vorrebbe intervenire è proprio quello del «trasporto pubblico non di linea».
L'idea è aprire alla concorrenza, soprattutto a quella delle app. Un tema rimandato da anni e che ha acceso in numerose città italiane, a partire da Milano, feroci scioperi delle auto bianche. A meno che la categoria venga di nuovo protetta dai partiti, c'è da scommettere che sarà così anche stavolta. Tanto più che i taxisti troveranno buona compagnia con chi ha in concessione aree demaniali per il commercio e le spiagge. Di fatto se la proroga delle concessioni balneari scadute, confermata dal decreto Rilancio del 2020, è costata a dicembre dello scorso anno una nuova lettera di messa in mora della Commissione Ue nei confronti dell'Italia, l'Antitrust ha chiesto al governo la modifica dell'attuale norma nazionale che ha prorogato fino al 2034 le attuali concessioni balneari, violando così la direttiva europea. Prima dell'estate una serie di sentenze di Tar e Consiglio di Stato hanno imposto ai sindaci di disapplicare la legge nazionale a favore di quella europea: autorizzazioni da rilasciare, per un periodo di tempo limitato, attraverso una procedura di selezione aperta, pubblica. Palazzo Chigi ha deciso di chiudere il corto circuito con il Cdm di questo pomeriggio. L'ampio testo toccherà anche le concessioni energetiche, relative alla distribuzione del gas e dell'idroelettrico. Sarà toccato il comparto dei rifiuti e anche la futura distribuzione lungo la penisola delle colonnine elettriche. Un capitolo intero del decreto concorrenza riguarderà il settore farmaceutico: dalle medicine equivalenti agli emoderivati del plasma. Ci saranno sei mesi di tempo (la stessa tempistica che riguarda anche gli altri capitoli di riforma) per mettere a terra un decreto attuativo che andrà a modificare sostanzialmente l'accreditamento e le convenzioni delle strutture sanitari e delle cliniche private. Le Regioni dovranno cambiare passo e aprire alla trasparenza. C'è da immaginare un rivoluzione e un possibile scardinamento di situazioni cristallizzate da tempo. Novità anche sui criteri di investimento nelle infrastrutture sensibili, come la fibra ottica e quelle di nuova generazione digitali, compreso il servizio postale universale. Potranno operare sul territorio italiano anche assicurazioni con sede legale all'estero e anche i notai dovranno fare i conti con una novità. D'ora in avanti ciascun notaio potrà operare su tutto il territorio della penisola. Un piccolo comma che interviene su una legge del 1913 cambierà decisamente le carte in tavola in una delle categorie più ingessate d'Italia.
Infine, a chiudere il testo anche la riforma dell'Authority che si occupa della concorrenza sia in termine di poteri di intervento ma anche di mediazione sia in termine di scelta dei componenti e relative procedure di nomina.
Insomma, le oltre 40 pagine sono il culmine di un percorso fermo da quasi 5 anni. Dai tempi del governo Renzi nessuno si era deciso a intervenire in modo così radicale sulla società italiana. C'è ancora la possibilità che qualcosa cambi entro questo pomeriggio, ma l'intenzione di Draghi e del suo consigliere Giavazzi è tirare dritto.
Interessante l'uscita di Mario Monti su Il Foglio di ieri. L'ex premier, senza mai citarlo, si è rivolto più volte all'attuale consigliere di Palazzo Chigi e suo consigliere nel 2012 perché abbia coraggio nello strappare i cerotti del passato. Buffo immaginare Monti che racconta come i governi possano intervenire con la fiscalità per sostenere e indirizzare i mercati. Buffo, perché l'intervista, dall'inizio alla fine, ha omesso che - da premier - Monti ha usato la fiscalità per abbattere il Pil, non certo per sostenere i mercati. Ora la domanda di fondo è: visto che l'approccio liberale sull'economia da parte di Palazzo Chigi resta più un ricordo dei vecchi editoriali sul Corriere, chi beneficerà dello scardinamento delle attuali logiche? Dall'estero o in Italia chi coglierà le opportunità di investimento? Domanda non irrilevante visto che i prezzi sono quasi tutti a saldo.