Sta creando imbarazzo dentro a Leonardo la notizia anticipata dalla Verità della visita alla base militare di Galatina, in Puglia, dei collaboratori di Massimo D’Alema nella trattativa per la vendita di 24 M-346 all’aviazione colombiana. Infatti a introdurli in un’area off limits è stato Giovanni Basile, direttore della joint venture Leonardo-Cae (Canadian aviation electronics) che si occupa della formazione dei piloti di jet e della manutenzione. Prima di quella visita gli uomini di Leonardo avevano portato in Puglia il generale Kerly Sanchez Pesca e il capitano (pilota collaudatore) Enrique Sergio Sanchez Ramirez. Il primo è capo della commissione selezionatrice per il Light combat aircraft, il programma di ammodernamento della flotta aerea del Paese sudamericano, il secondo ha testato il caccia italiano. Il 23 novembre i colombiani hanno visitato la fabbrica di Venegono (Varese) e il giorno dopo sono sbarcati a Galatina. Qui, nella base dove si svolgono i corsi di addestramento avanzato dell’aeronautica con gli M-346, hanno fatto gli onori di casa per Leonardo i manager Carlo Bassani, «vicepresident commercial & customer services Latin America», Omar Bertini e Carmine Russo, oltre al generale di squadra aerea Settimo Caputo.
Ma nonostante questa visita ufficiale, D’Alema e i suoi hanno continuato la loro trattativa parallela. Tanto che il 4 gennaio scorso, verso l’ora di pranzo, Basile ha chiesto l’autorizzazione a far entrare nell’aeroporto il broker Emanuele Caruso e l’ex sindaco di Carmiano Giancarlo Mazzotta. Quest’ultimo è imputato in tre processi per reati che vanno dall’istigazione alla corruzione all’estorsione aggravata dal metodo mafioso, dai reati fiscali agli abusi edilizi. Mazzotta, pochi giorni dopo quell’accesso, è volato insieme con i figli Paride ed Hermes in Colombia e qui ha trovato Bassani di Leonardo oltre ai broker e a due professionisti di fiducia di D’Alema. L’ex primo cittadino è stato anche introdotto dall’ex premier presso l’ambasciata italiana come promoter di Leonardo e Fincantieri. La visita nella base di Galatina è stata molto veloce come risulta dai registri dell’ufficio passi della Vigilanza dell’aeronautica militare. È durata dalla 12.45 alle 13.20. A che cosa è servita? Non lo sappiamo. Di certo i due collaboratori dell’ex ministro degli Esteri hanno avuto giusto il tempo di fare qualche foto vicino o a bordo dei velivoli. A quanto ci risulta Leonardo chiederà spiegazioni al suo dipendente, che, secondo le nostre fonti, è in ottimi rapporti con uno dei figli di Mazzotta, Paride, promosso ieri da Forza Italia capogruppo in Regione Puglia.
Intanto in azienda si è quasi concluso l’audit sulla vicenda colombiana. L’indagine interna, ordinata dal presidente Luciano Carta, ha permesso di ricostruire tutti i passaggi dell’affaire e sarebbe arrivata alla conclusione che l’azienda, pur peccando di superficialità con alcuni suoi manager, non avrebbe violato la legge 185 sugli armamenti. Dopo Pasqua il documento sarà inviato al ministero dell’Economia, azionista di maggioranza di Leonardo, per le opportune valutazioni.
Di certo non tutti i protocolli sono stati rispettati. Per esempio Dario Marfé, senior vice president commercial &customer services, a ottobre avrebbe inviato la «proposta principale» di Leonardo per l’aviazione colombiana con i prezzi di vendita di 24 caccia M-346 comprensivi di equipaggiamenti, manutenzione e opere civili collegate. Un conto da 2,13 miliardi di euro. Lo stesso Marfé, a dicembre, ha spedito a D’Alema brochure riguardanti sistemi radar e nell’occasione ha ricordato all’ex premier la questione aperta degli M-346. Uno scambio epistolare che rappresenta una grave leggerezza, essendo stati inviati documenti con informazioni sensibili a un soggetto che non aveva alcun incarico ufficiale nell’operazione. Infatti a settembre D’Alema, inquadrato come semplice «soggetto segnalatore», aveva informato l’ad Alessandro Profumo dell’opportunità che si era aperta in Colombia. Un’occasione che a piazza Montegrappa hanno ritenuto di cogliere al volo, dopo che ad aprile avevano avuto un via libera della Uama (l’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) per trattare la vendita di caccia con Bogotà. Ma D’Alema, quando ha ottenuto le schede, non aveva, come detto, nessun titolo per riceverle.