«Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione? E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni d’esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppo? Eppoi Luciano mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi». La frase è di 31 anni fa e Giovanni Pellegrino, ex parlamentare del Pci e del Pds, ma soprattutto ex presidente della giunta per le autorizzazioni a procedere durante il periodo di Tangentopoli, la attribuisce tra virgolette a Massimo D’Alema. L’intervista a uno dei protagonisti della stagione che decretò la fine della prima Repubblica, e la cancellazione del pentapartito con cui si sarebbe dovuta spianare la strada alla gioiosa macchina da guerra di Achille Occhetto, è stata pubblicata ieri sul Corriere della Sera. Pellegrino rivela i retroscena dell’iniziativa giudiziaria che portò all’arresto di molti onorevoli e, di fatto, alla liquidazione del Psi e del suo leader Bettino Craxi, oltre che alla sparizione della Dc. A D’Alema, dice l’ex senatore, spiegai che «Mani Pulite non tendeva a colpire la corruzione amministrativa, ma il finanziamento irregolare della politica, per svuotare di forza i partiti. Tutti i partiti. Per renderli deboli finanziariamente e politicamente. E per realizzare così il primato del potere giudiziario». In pratica, Pellegrino nel colloquio con Francesco Verderami ricostruisce quello che potremmo definire un golpe, condotto per di più strizzando l’occhio alla sinistra, come lui stesso ammette facendo riferimento al ruolo di Luciano Violante, ex magistrato e a quei tempi esponente tra i più autorevoli del Pds. «Era stato Borrelli di fatto a teorizzarlo (il colpo di Stato, ndr) in un’intervista. Aveva detto che se l’Ottocento era stato il secolo dei parlamenti e il Novecento quello degli esecutivi, non escludeva che il secolo seguente sarebbe potuto essere il secolo della giurisdizione».
Le parole dell’ex presidente della commissione da cui passavano le richieste di autorizzazione a procedere della magistratura, sono gravi, ma ancor più grave è il silenzio con cui sono state accolte. Non si hanno notizie di reazioni da parte di Massimo D’Alema, forse troppo occupato a fare affari in Albania e negli incontri al Quirinale con Sergio Mattarella. Zero commenti anche da quest’ultimo, che pure è sempre pronto a esternare sull’Europa, sulle riforme e sui migranti. Zitto persino Achille Occhetto, che secondo Pellegrino fu sollecitato a riconoscere che il suo partito, cioè il Pci-Pds, riceveva «soldi irregolarmente». I finanziamenti che prima arrivavano tramite Mosca, con la caduta dell’Unione sovietica giungevano grazie al sistema delle cooperative rosse, spiega l’ex senatore, alle quali erano assegnati appalti pubblici nella misura del 10-15%, soldi che poi in parte venivano retrocessi tramite il sostegno alle iniziative di Botteghe oscure.
Sì, un silenzio generalizzato è calato sulle rivelazioni di Pellegrino. E invece ci sarebbe molto da dire. E non tanto per rifare la storia di Mani pulite, del protagonismo di alcuni magistrati e del disegno politico che secondo l’ex presidente della commissione stragi (guidò anche quella) «si basava sul primato del potere giudiziario, un principio in contrasto con il disegno costituzionale», ma per comprendere le ragioni per cui oggi è necessaria una profonda riforma della magistratura. Secondo le rivelazioni contenute nell’intervista al Corriere, non solo le Procure «salvarono» il Pci Pds, ignorando il sistema con cui Botteghe oscure alimentava le attività del partito, ma ci fu il potere giudiziario che cercò di sopraffare il potere legislativo e quello esecutivo, con un’operazione che a giudizio di Pellegrino fu una specie di colpo di Stato.
Perché sono importanti le rivelazioni dell’ex presidente della giunta per le immunità? Perché c’è un motivo in più per fare in fretta la separazione delle carriere fra pm e giudici con l’istituzione di due Csm, allo scopo di tagliare per sempre le mani alle correnti. Mani pulite fu una degenerazione del Sistema in contrasto con la Costituzione. E se vogliamo che non si ripeta, c’è un solo modo: limitare il potere che i pm hanno sulla politica e sulla stessa magistratura.