(Getty Images)
Maggioranza e opposizione bocciano la mossa del presidente. Preoccupazione dagli Usa: «Non siamo stati avvisati prima».
L'ultima tendenza che arriva dalla Corea del Sud. E così anche l'haircare si trasforma in un momento unico dove coccolarsi.
Se in passato la cura dei capelli era spesso ridotta a pochi passaggi rapidi, oggi diventa un’arte che integra tecnologia avanzata e una conoscenza sempre più raffinata della cosmesi. Ingredienti come acido ialuronico, ceramidi, vitamine e acidi esfolianti, un tempo esclusivi della skincare, sono ora protagonisti delle formule per capelli, in quella che tecnicamente viene identificata come «skinification» della haircare.
Un approccio più attento che, come nella cura del viso, si avvale di quei dieci step resi celebri dalla Corea del Sud e segna una rivoluzione concettuale nell’haircare, applicando ai capelli le stesse attenzioni e tecniche utilizzate per la pelle.
Come per la pelle, la filosofia coreana suggerisce che stratificare prodotti diversi, ognuno con una funzione specifica, è il segreto per ottenere risultati ottimali. In altre parole, non basta uno shampoo seguito da un rapido balsamo: la cura dei capelli richiede un rituale completo e paziente, capace di nutrire, idratare e proteggere ogni singola fibra dalla radice alle punte.
Il primo passo per una chioma sana inizia con l’esfoliazione del cuoio capelluto. Questo processo consente di eliminare cellule morte, residui e impurità accumulate, lasciando spazio a capelli più forti e vitali. Si può eseguire in due modi: uno semplice, utilizzando un pettine per rimuovere delicatamente i residui; oppure optando per un prodotto specifico a base di acido salicilico, che dissolve le cellule morte e l’eccesso di sebo. Basta applicare una piccola quantità di prodotto sui capelli asciutti e massaggiarla con cura per qualche minuto prima della doccia.
La scelta dello shampoo è personale e dovrebbe rispondere alle esigenze del momento. I capelli, infatti, mutano con le stagioni e l’età, richiedendo formule diverse a seconda delle necessità. Dopo lo shampoo, un massaggio del cuoio capelluto è essenziale per migliorare la circolazione e stimolare la crescita dei capelli. Anche se si può fare con le mani, le spazzole apposite rendono il gesto un vero momento di relax. Una volta risciacquati i capelli, massaggiate delicatamente il cuoio capelluto con movimenti circolari per riattivare i follicoli.
Il balsamo rappresenta il cuore dell’idratazione. Dopo aver tamponato i capelli, applicatelo lasciandolo in posa dai 10 ai 15 minuti, soprattutto se avete capelli ricci o secchi. Questo permette ai capelli di assorbire a fondo i nutrienti. È anche il momento ideale per districare eventuali nodi, sempre con delicatezza per non stressare il cuoio capelluto. Ricordate di non applicare il balsamo alla radice: il pH diverso potrebbe creare squilibri.
Il risciacquo acido, con una miscela di aceto di mele e acqua, è il segreto per mantenere l’equilibrio del pH del cuoio capelluto. Aiuta a chiudere le cuticole, prevenire le doppie punte, illuminare i capelli e combattere problemi come acne o forfora. Dopo aver applicato la miscela, attendete qualche minuto e risciacquate con acqua fredda.
Come per il viso, anche il cuoio capelluto ha bisogno di uno scrub. Un trattamento esfoliante granuloso libera i pori dalle impurità, ossigenando la pelle alla radice dei capelli. Successivamente, il tonico per il cuoio capelluto aiuta a lenire infiammazioni e idratare la pelle, svolgendo anche un’azione volumizzante. Applicatelo con le dita dopo la doccia per un effetto tonificante.
Gli oli per capelli, invece, offrono una protezione contro agenti esterni come smog e calore, sigillando l’idratazione. Le essenze, da spruzzare durante la giornata, mantengono i capelli idratati e luminosi senza appesantirli, ideali per ravvivare la chioma prima dello styling.
Infine, il trattamento notturno con maschere o impacchi speciali nutre i capelli in profondità durante il sonno, riparando i danni causati da stress, tempo e inquinamento. E per chi desidera un tocco in più, il profumo per capelli aggiunge una fragranza delicata, offrendo anche protezione dai raggi UV e un tocco di idratazione extra, regalando una chioma non solo bella ma anche protetta.
Incassi magri e scarso interesse per il film di Greta Gerwig: nel Paese asiatico, l’ideologia di cui si fa portatrice la pellicola non attira. Ma potrebbe semplicemente essere una questione di gusti differenti.
Tutti pazzi per Barbie. O quasi. Se in Russia Maria Butina, membro del Comitato per gli affari internazionali della Duma di Stato, ha chiesto di bandirla perché contraria ai valori tradizionali, se in Vietnam il film rischia di essere messo fuori dalle sale perché vi compare una cartina che mostra confini non graditi a Ho Chi Minh City (idem nelle Filippine), in Corea del Sud nessuno ha sollevato obiezioni alla pellicola di Greta Gerwig con Margot Robbie nei panni della bambola più famosa del mondo, solo che… ai sudcoreani non piace.
Dal 19 luglio, infatti, il film ha attirato al cinema solo 460.000 spettatori (Mission: Impossible, per dire, ne ha totalizzati 3,6 milioni). Nel weekend dell’uscita, il film ha coperto solo l’8% del totale dei biglietti strappati, nel secondo weekend il 3,9%. Un ben magro bottino, se si pensa che la pellicola sta facendo incassi record in ogni parte del mondo. In Italia, per esempio, il film ha incassato finora 21 milioni, portando al cinema circa 2,5 milioni di persone. La Corea del Sud, con i suoi 51 milioni di abitanti, ha una popolazione analoga alla nostra: perché, allora, Barbie da noi è stato visto 5,5 volte di più?
La cosa stupisce anche perché, nei Paesi asiatici, la Corea del Sud è quello apparentemente più occidentalizzato, senza revanscismi o risentimenti politici nei confronti della cultura americana. Secondo Haein Shim, militante femminista sudcoreana intervistata dal Guardian, «un film centrato sulle donne con un humor femminista è tuttora considerato un argomento tabù. Le donne potrebbero essere riluttanti ad andare a vedere il film. La paura di essere etichettate come femminista in Corea del Sud è reale. La parola “femminismo” è diventata una parolaccia per molte persone in Corea, e le persone non sono disposte a riconoscere – e sono a disagio nell'affrontare – il patriarcato profondamente radicato che ha guidato la società per così tanto tempo». Una spiegazione che, depurata dell’ideologia, può semplicemente essere letta come: i sudcoreani non si riconoscono nel modello e nel messaggio lanciato dal film. Capita.
Sempre al Guardian, il critico cinematografico Youn Sung-Eun ha affermato che i sudcoreani sono spesso d'accordo sull'uguaglianza di genere in linea di principio, ma ci sono fazioni all'interno della società conservatrice che si oppongono fermamente a ciò che percepiscono come femminismo radicale.
Consci forse di questo contesto, i produttori avevano preso in anticipo delle contromisure. I poster con gli slogan «Barbie è tutto» mentre «Lui è solo Ken», in Corea mostravano sin dall’inizio solo i nomi dei due personaggi, senza lo sberleffo femminista al compagno di Barbie. Dopo le critiche, Warner Brothers Korea ha affermato che la mossa non era intenzionale e che si era concentrata solo sulle immagini e sui nomi del personaggio durante le prime fasi della sua campagna promozionale.
La spiegazione femminista non è comunque la sola a poter spiegare il flop sudcoreano di Barbie. Il Guardian ha infatti ospitato anche il parere di Jason Bechervaise, esperto di cultura cinematografica coreana, secondo cui «Smugglers, un film locale che presenta un grande cast femminile, è in testa al botteghino locale». Il film, in effetti, ha già attirato più di 2 milioni di spettatori da quando è uscito il 26 luglio. Niente avversione alle donne protagoniste, quindi. Solo sensibilità culturali diverse, e magari anche gusti estetici differenti. Un concetto a cui, in epoca di globalizzazione e omogeneizzazione dei gusti a livello mondiale, non siamo più abituati.