A Francoforte hanno imparato l’arte delle allusioni. Parlano di «vulnerabilità» di «bruschi aggiustamenti». Ad ascoltare con attenzione, tra le righe si sente un nome che risuona come un brontolio lontano. Non serve pronunciarlo: basta dire crisi di fiducia, conti pubblici esplosivi, spread che si stiracchia al mattino come un vecchio atleta arrugginito per capire che l’ombra ha sede in Francia. L’elefante nella cristalleria finanziaria europea.
Ed è qui che entra in scena Luis de Guindos che ripete la lezione di Christine Lagarde, la vestale dell’euro che indossa sempre foulard e spille impeccabili. Il vicepresidente della Bce ha il talento raro di far tremare i mercati senza alzare la voce. Presenta il Rapporto sulla stabilità finanziaria come chi mostra un referto medico: qui c’è un’arteria ostruita, là una pressione che sale, in fondo una tossina che circola. E poi quel passaggio, chirurgico, che mette in fibrillazione gli addetti ai lavori: «Le valutazioni sono molto alte i mercati scontano uno scenario troppo benigno». Tradotto: basta un soffio perché inizi la danza delle vendite. Ma la vera questione è un’altra, e tutti lo sanno: se un Paese «di sistema» comincia a scricchiolare, l’intera costruzione europea rischia. E negli ultimi mesi Parigi ha iniziato a muoversi come un pachiderma insonnolito, con debito in aumento, deficit fuori controllo e la prospettiva - neanche tanto nascosta - di ulteriori spese per il riarmo. Perché la nuova stagione geopolitica impone investimenti in difesa, e non saranno certo autofinanziati da miracoli contabili o da politiche industriali inesistenti. Risultato: nuovo debito. Nuova pressione sui mercati. Nuovo rischio di contagio.
Il dramma è che non si parla di un Paese periferico: si parla del secondo motore dell’Eurozona. Il rapporto della Bce, nella sua prosa glaciale, va oltre. Avverte che le valutazioni degli sono gonfie come palloncini di compleanno e che un «brusco aggiustamento» potrebbe travolgere le banche. E qui il problema si fa serio: se a Wall Street scoppia la bolla dell’Intelligenza artificiale - quella che oggi nutre investitori in trance agonistica - il contraccolpo non si limiterà all’Atlantico.
E chi sarà il primo a ballare? Indovinate.
Non l’Olanda, non la Finlandia. Parigi. Quella Parigi che oggi mostra un bilancio dissestato e domani potrebbe trovarsi con il costo del debito che sfugge come un cavallo imbizzarrito. È questo l’allarme non detto della Bce: se il «grande malato» europeo inciampa, i mercati non chiederanno spiegazioni. Puniranno. E lo faranno senza pietà.
De Guindos, con il suo fare da entomologo dei mercati, non si limita all’analisi dei rischi finanziari. Indica anche i detonatori: dazi americani che generano incertezze tra annunci e retromarce, imprese europee esposte ai colpi di Washington, istituzioni finanziarie bancarie fragili come vetro soffiato. In questo quadro, l’Europa sembra più una compagnia teatrale che recita commedie mentre dietro le quinte infuriano incendi.
E intanto, sulle Big tech americane, si continua a ballare. Le capitalizzazioni esagerate, l’esaltazione collettiva attorno all’Intelligenza artificiale, la narrativa zuccherosa di una crescita infinita. «Le possibilità di un incidente ci sono», dice De Guindos. E nella sua calma glaciale si nasconde un messaggio: se l’America prende un raffreddore, l’Europa va in polmonite.
Il punto, però, è che questa volta il malato più vulnerabile è proprio la Francia. Il Paese che dovrebbe fare da ancora politica e finanziaria rischia invece di diventare l’epicentro delle turbolenze. E la Bce lo sa. Non lo dice, non lo scrive, non lo nomina. Ma ogni parola del rapporto punta verso Parigi come una bussola impazzita.
L’Eurozona entra così in una fase inquietante: i mercati nervosi, le Big tech su vette irreali, la geopolitica che impone spese militari, un Paese cardine europeo che barcolla sotto il peso dei suoi numeri.
E mentre la Bce avverte con voce bassa ma ferma, la politica europea reagisce con il solito sorriso svagato. Come se la scossa non potesse mai arrivare. Come se i mercati, una volta irritati, non potessero trasformare una crepa francese in un terremoto continentale.
Ma gli incidenti - lo dice proprio De Guindos - succedono quando tutti pensano che non succederanno.






