L’apertura della Ue nei confronti della Cina dopo l’introduzione dei dazi americani è un caso di schizofrenia politica. Per tre anni, da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, i leader europei ci hanno ripetuto che il sostegno a Kiev era necessario per difendere i valori occidentali, minacciati dalla prepotenza di Putin. E di fronte al conseguente rallentamento dell’economia, e agli aumenti del prezzo del gas dovuti alle sanzioni occidentali e al divieto di importare da Mosca prodotti petroliferi, ci è stato detto che dovevamo scegliere tra la libertà o l’aria condizionata. Ora però, messa alle strette dalle misure di Trump, l’Europa si appresta a preferire «l’aria condizionata» di Pechino invece della libertà, i vantaggi economici al posto della democrazia.
In questi anni abbiamo accusato Putin di aver spedito nei gulag molti oppositori e in più di un caso di essersene sbarazzato facendoli liquidare dai sicari dell’ex Kgb. Ma ciò che giustamente denunciamo come un crimine quando a commetterlo è lo zar del Cremlino, è commesso allo stesso modo anche dai vertici della Repubblica popolare cinese. Due giorni fa è uscito l’ultimo rapporto di Amnesty International e, nonostante il regime abbia imposto una censura che impedisce di avere numeri ufficiali, la Cina è risultata essere il Paese con il più alto numero di esecuzioni. Sarebbero migliaia le persone giustiziate nel solo 2024, una cifra che ha fatto balzare Pechino in cima alla classifica degli Stati con più violazioni dei diritti umani. L’Europa si indigna per come i regimi opprimono le minoranze e monitora ogni limitazione della libertà di parola. Ma se si tratta di Pechino sembra non accorgersi di quel che accade. Eppure, la relazione dell’associazione che lotta contro la tortura è chiara e segnala detenzioni arbitrarie e sentenze inique, oltre alle persecuzioni nei confronti degli uiguri, dei tibetani e di altre minoranze etniche. Tuttavia, se ciò che accade in Russia dopo l’inizio dell’invasione ucraina è oggetto di forti denunce, la realtà cinese non merita neppure una lievissima critica. Anzi: se con quella canaglia di Putin ogni relazione è vietata, con Xi Jinping l’Europa spinge per avviare nuove e proficue relazioni d’affari.
Ciò che è accaduto con la Russia, dunque, non ha insegnato nulla. Prima che i carri armati di Mosca varcassero il confine ucraino e gli aerei sganciassero bombe su Kiev, giornalisti come Anna Politkovskaya e oppositori come Boris Berezovskij o Alexander Litvinenko venivano eliminati, proprio come Pechino fa sparire chi si oppone alle decisioni dei massimi vertici cinesi. Qualcuno forse obietterà che al momento, pur avendo fatto giustiziare migliaia di persone e avendo incarcerato giornalisti, intellettuali e chiunque si permetta di criticare Xi Jinping e i vertici del Partito comunista, la Cina non ha invaso nessun altro Paese. Vero, ma ogni giorno stringe sempre di più il cappio intorno al collo di Taiwan e le notizie che filtrano non lasciano trasparire la possibilità di una soluzione pacifica della crisi tra i due Paesi. Come Putin vuole ricreare la Grande Madre Russia, Xi Jinping vuole riprendere il controllo dell’isola di Formosa e trasformarla in una provincia di Pechino come ha fatto con Hong Kong.
E però tutto ciò non inquieta affatto i vertici di Bruxelles e i leader europei, i quali fanno a gara per stringere accordi commerciali con il Dragone. Pedro Sánchez, premier socialista spagnolo, a quanto pare, non vede l’ora. E Ursula von der Leyen sembra si appresti a volare in Oriente capitanando i rappresentanti dell’Unione. Baci e abbracci presentati come una risposta alle misure capestro introdotte da Trump. Un’alternativa per sottrarsi alla guerra commerciale scatenata dal presidente americano. Capisco il tentativo di trovare nuovi mercati, ma affidarsi alla Cina significa contraddire tutto ciò che si è detto e fatto fin qui contro la Russia. Anche Mosca ci vendeva (ma soprattutto lo cedeva alla Germania) il gas a un prezzo conveniente dal punto di vista commerciale. Ma abbiamo visto com’è finita. Con la Cina il rischio è addirittura più alto, perché la potenza di fuoco ed economica di Pechino, cioè di un’autocrazia, è molto più elevata di quella russa. Certo, Xi Jinping non minaccia di invaderci con i carri armati, ma di sovrastarci con le sue merci sì. Non attaccherà l’Europa con i missili, ma con le importazioni che ci renderanno dipendenti e schiavi sì.
Nella mossa dei vertici della Ue non rilevo solo una schizofrenia, che ci porta a tutelare i diritti umani a giorni alterni e a seconda della convenienza. Mi pare di scorgere anche istinti suicidi. Legarci a Pechino, come vuole fare qualcuno, è la sconfitta di quei valori occidentali che i compagni dicono di voler difendere.