«I cattolici devono essere grati all’amministrazione Trump, grazie alla quale la legge morale naturale è tornata a fondamento dall’azione statale». È una presa di posizione piuttosto netta, quella espressa dal cardinale Gerhard Ludwig Müller nel suo intervento alle «Tavole di Assisi» (Tavolediassisi.it), la due giorni dei cristiani conservatori promossa da Simone Pillon e realizzata nella città umbra questo fine settimana - precisamente alla Basilica di Santa Maria degli Angeli, presso il Cenacolo francescano - con la partnership anche della Verità, e che vedrà la partecipazione, tra gli altri illustri ospiti (quali Rod Dreher, Roberto Vannacci, Costanza Miriano), del nostro vicedirettore Francesco Borgonovo. Diversamente da quanto sperato, a causa di concomitanti impegni in Polonia, il porporato tedesco, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, non è fisicamente presente al fine settimana.
Tuttavia, come indica anche il programma della manifestazione, ha comunque voluto inviare alle centinaia di partecipanti un videomessaggio tutt’altro che tiepido o scontato. In un discorso d’una decina di minuti, infatti, Müller ha inteso toccare numerosi tasti rilevanti. In primis, quello del ruolo della Chiesa «istituzione visibile e sacramentale, inseparabile da Cristo come suo capo», la quale, pur «assolutamente indipendente da qualsiasi potere secolare», può comunque trovare una «cooperazione fruttuosa con lo Stato, ad esempio nei settori dell’educazione e della formazione e nelle istituzioni sociali e caritatevoli», se «lo Stato adempie il suo mandato di servire il bene comune della società, e se il potere statale riconosce i diritti umani inalienabili come base e limite delle sue azioni nei rami esecutivo, legislativo e giudiziario».
Questa «cooperazione fruttuosa», purtroppo, non è sempre stata possibile; e per evidenziarlo, il cardinale ha richiamato la «storia recente delle ideologie atee». In particolare, nel messaggio inviato alle «Tavole di Assisi», il porporato si è voluto soffermare sull’esperienza del regime nazionalsocialista di Adolf Hitler, nel corso del quale «i nazisti sapevano in coscienza che uccidere persone innocenti è un crimine davanti a Dio agli uomini, ma hanno intorpidito la loro coscienza con la loro ideologia razziale, sostenendo che gli ebrei e gli altri popoli non erano pienamente umani - e che quindi la legge non uccidere, iscritta nel cuore di ogni essere razionale, in quel caso non si applicava». «Allo stesso modo», ha proseguito Müller, gli ideologi abortisti «sanno che il bambino nel grembo materno è un essere umano, una persona, che non può essere ucciso, ma per nascondere il crimine sostengono che i bambini nel grembo materno non sono ancora pienamente umani e possono quindi essere uccisi se necessario».
Un accostamento non lieve che il cardinale ha rilanciato anche per quanto riguarda gli arresti che si fanno, in Inghilterra, a quanti pregano in prossimità delle cliniche abortiste; arresti che ricordano, ha sottolineato, la vicenda del beato Bernhard Lichtenberg, il quale «morì sotto custodia della Gestapo nel 1943, semplicemente per aver pregato nel Duomo di Berlino per gli ebrei perseguitati e altri perseguitati». Fatto un duro richiamo anche all’ideologia gender e al cosiddetto cambio di sesso («spinge a una miseria fisica e a una sofferenza per tutta la vita»), il cardinale - tornando a quanto si diceva in apertura, - ha elogiato l’operato di Donald Trump, schieratosi appunto contro l’ideologia gender più volte, cosa che ha rimesso «la legge morale naturale nuovamente a fondamento dell’azione statale».
Infine, citando un recente discorso di Papa Leone XIV, Müller ha sottolineato «che la coscienza dei politici cattolici non può essere divisa in una sfera privata - in cui obbediscono a Dio e secondo gli insegnamenti della Chiesa - e una sfera pubblica in cui seguono la logica dei giochi di potere dei loro partiti, come era l’uso nel Partito democratico». Parole certamente collegate alla politica americana, ma valide anche a latitudini più prossime alla nostra: chi ha orecchi per intendere, intenda.
Prima di salutare i partecipanti alle «Tavole di Assisi», il cardinale tedesco ha ricordato quale deve essere l’impegno dei cattolici in politica: «Cooperare alla costruzione di una comunità giusta, libera, sociale e solidale tra il nostro popolo e la nostra comunità globale delle Nazioni, come il Concilio Vaticano II lo ha descritto nella Gaudium et Spes, con l’insegnamento sociale della Chiesa fin dai tempi di Papa Leone XIII». Insomma, ha aggiunto il porporato, la priorità è quella di seguire «le parole di Gesù» rendendo «a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». E quando vi fosse un conflitto tra autorità statale e coscienza religiosa, ha concluso Müller, «si applica l’interpretazione autentica di questa parola di Gesù da parte della Suprema autorità magisteriale di San Pietro davanti al Sinedrio. Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini».
Lo hanno definito «il Donald Trump» della Chiesa cattolica. Il cardinale Gerhard Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, difficilmente si scandalizza: «Non ho a che fare con Trump, ma in America, come nel resto del mondo, dinanzi allo scontro tra chi è a favore della vita e chi promuove la cultura della morte, la Chiesa non può essere neutrale». Abbiamo incontrato il porporato nel santuario di Paola, in Calabria, dove ha presentato il suo ultimo libro, edito da Cantagalli: Il Papa. Missione e ministero.
Cardinale, nel suo saggio ricorda che, in Germania, i protestanti rivolgevano alla Chiesa cattolica più o meno le stesse obiezioni che oggi avanza l’opinione pubblica laicista: nella Chiesa domina la logica del potere, girano troppi soldi. E sono venuti a galla anche gli scandali sessuali. Come replicare?
«La Chiesa ha la missione di guidare la gente a Cristo. Dunque, soprattutto i sacerdoti, che sono i pastori, devono condurre una vita esemplare. Non è possibile evitare totalmente il peccato, ma non si può nemmeno accettare che i sacerdoti conducano una doppia vita. Si possono ingannare gli altri, ma alla fine arriverà il giudizio individuale. Verrà l’ora della verità».
Lei scrive che «nessuno degli insigni rappresentanti dell’ideologia degli antichi pagani o dei moderni avversari del cristianesimo» può offrire una prospettiva capace di «superare la finitezza, il dolore, la morte». Il nichilismo ci irretisce con seduzioni effimere, ma al termine del nostro percorso terreno, ci lascia con un pugno di mosche?
«In realtà, nella filosofia precristiana, non c’era propriamente del nichilismo. Platone o Aristotele non hanno conosciuto il mistero dell’alleanza tra Dio e Israele, ma sono arrivati a verità fondamentali sull’essere, sul cosmo, sull’ordine che esiste nel creato».
E il nichilismo?
«Una volta che è sorta la consapevolezza di un Dio personale, non si può tornare indietro al senso filosofico del divino, all’etica di Platone, Aristotele, Plotino, Seneca, Marco Aurelio. Si cade così in una nuova forma di negazione del senso rivelato. Il nichilismo è un odio verso sé stessi: la verità viene da Dio, ma io non la voglio accettare».
Ha duramente criticato le ideologie del «grande reset» e del «nuovo ordine mondiale». Sa che chi le tira in ballo viene accusato di complottismo?
«Be’, gli unici in grado di organizzare un complotto globale sono quelli della setta di Davos, che maneggiano miliardi e, dopo la crisi del coronavirus, hanno aumentato le loro ricchezze, mentre i popoli s’impoverivano».
Che pericoli intravede in queste tendenze?
«Naturalmente, noi cattolici non siamo comunisti e accettiamo il contributo delle forze del mercato. Ma l’economia è solo una parte della vita. E chi ha avuto successo in economia non è anche un grande filosofo, o un grande esperto di etica. Quelli di Davos, George Soros, Bill Gates, credono che, con le leggi economiche, si possano risolvere tutte le questioni esistenziali dell’uomo. Ma, ad esempio, non è possibile superare la morte tramite soluzioni tecnologiche o mediche. Chi ha i miliardi non è perciò stesso più intelligente di Platone, Aristotele, Sant’Agostino o San Tommaso. Non si può ridurre l’uomo alla dimensione economica - ed è per questo che nemmeno i comunisti sono riusciti a risolvere i problemi dell’umanità. La nostra risposta è la dottrina sociale della Chiesa: preghiamo Dio affinché ci dia il pane quotidiano, ma non di solo pane vive l’uomo. Questa è la nostra critica al circolo di Davos».
Cioè?
«Vogliono creare un mondo nuovo, un uomo nuovo. Ma noi siamo creature, non creatori. Solo Dio crea un mondo nuovo e un uomo nuovo. Xi ci salva? Putin ci salva? Biden ci salva? Von der Leyen ci salva? Cristo ci salva!».
Siamo tutti colpiti dalla ferocia della politica del Covid zero in Cina. Pure in Occidente, però, sono state a lungo imposte misure molto dure. Il Covid è stato sfruttato per accrescere la sorveglianza?
«È indubbio che anche nei nostri Paesi la situazione sia stata cavalcata per aumentare il livello di controllo. Vedo, ad esempio, che i governi premono per sopprimere il contante, solo per accrescere il controllo sulla popolazione. Se vado a comprare il pane, perché le autorità devono saperlo? Noi siamo cittadini adulti, non ragazzini. La società ha bisogno di regole, ma le regole devono rispettare la dignità personale. Tuttavia, è interessante che, nonostante il controllo totalitario attuato attraverso la tecnologia, nonostante la propaganda, il regime cinese non sia riuscito a sopprimere la personalità della gente. Non si può ridurre l’uomo a un animale, che obbedisce come un cane».
La pandemia ha esacerbato la tendenza neopositivista a trattare la scienza come un dogma: basti pensare alla narrativa quasi esoterica costruita intorno ai vaccini.
«Noi cattolici accettiamo totalmente la scienza, il cattolicesimo è sin dalle origini una sintesi tra fede e ragione. Ma tutte le ideologie totalitarie si sono presentate sotto la veste della “scienza moderna”. E la scienza moderna può essere utilizzata anche per perpetrare il male. La scienza empirica è fallibile: quella che oggi è una grandiosa teoria, domani viene confutata. La ragione è infallibile solo quando si occupa della rivelazione, perché è illuminata da Dio».
Il Vaticano aveva imposto la vaccinazione ai suoi dipendenti. Lei era d’accordo?
«Diciamo che i cristiani devono imparare a distinguere tra la funzione del Papa come vicario di Cristo e lo Stato vaticano come organismo politico. La Cathedra Petri è la dimensione della Chiesa costruita da Cristo; la Santa Sede è uno strumento di diplomazia internazionale, ma non l’ha costituita Gesù».
L’obbligo vaccinale, allora?
«Credo che lo Stato vaticano volesse dimostrare al mondo di essere rigoroso. Ma un cristiano deve obbedire a Dio, le soluzioni pratiche non sono materia di fede».
Che intende?
«Ho visto gente indossare la mascherina sul lungomare. Non sono un medico, però mi sembra controproducente…».
È stato detto che usare le mascherine o vaccinarsi era un dovere di solidarietà.
«Identificare il principio di solidarietà con queste misure concrete mi pare un po’ esagerato. Ad ogni modo, non è una questione che devono decidere i vescovi. D’altronde, all’inizio ci avevano detto che con i vaccini avremmo sconfitto il Covid. Poi hanno un po’ ridotto questa grande promessa. E ancora non abbiamo chiarezza sugli effetti collaterali...».
Nel suo saggio, accusa di «arroganza» le «lobby omosessuali». In particolare, si riferisce ai tentativi di «convincere i minorenni che possono scegliere il proprio genere». Crede che l’ideologia gender sia un pericolo?
«Sì, perché nessuno può scegliere il proprio genere. Non è una teoria, ma un fatto biologico. I sostenitori dell’ideologia gender non si preoccupano dei giovani; non amano i giovani. Sfruttano il disorientamento dell’adolescenza per interessi economici».
Come si affronta il disagio causato dalla disforia di genere?
«Noi non “viviamo” in un corpo; “siamo” il corpo. La corporalità fa parte della nostra sostanza. Non possiamo cambiare il nostro corpo come un vestito. Dobbiamo incoraggiare i giovani a identificarsi con la loro esistenza, con il loro corpo, con la loro anima, con il loro carattere, con i loro carismi. Se Dio mi ha amato, perché io non posso amare me stesso? Anche questo ha a che fare con il nichilismo: il nichilismo nega la gioia della vita».
La Chiesa di Francesco è molto sensibile alla questione ecologica. Cosa distingue l’ambientalismo cattolico da quello materialista e antiumano?
«Possiamo proporre un parallelo con i tempi di Leone XIII. Allora, dinanzi alla sfida del comunismo, il Papa non negò i problemi posti dall’industrializzazione. Partì dai principi cattolici di personalità, sussidiarietà, socialità e, da quella base, sviluppò la dottrina sociale».
E l’ambientalismo odierno?
«Sicuramente ce n’è uno pagano: quello che eleva la natura a una sorta di divinità. Ma è pur vero che noi siamo responsabili per i danni collaterali che abbiamo provocato sul creato. Tutto quello che fa l’uomo ha risvolti negativi: abbiamo l’energia nucleare, ma anche la bomba atomica; abbiamo gli aerei, ma possiamo usarli per bombardare. Non dobbiamo sfruttare la Terra; la dobbiamo coltivare, nel senso latino di cultus».
Dalle fisse ecologiste per la «sostenibilità», è partita la moda della carne sintetica. La Chiesa prenderà posizione sull’applicazione della tecnoscienza al cibo?
«Elon Musk ha detto che vorrebbe impiantare i chip nel cervello… Sono le nuove frontiere del transumanesimo. Non sono un esperto di carne sintetica, ma immagino che non abbia un gran gusto».
Bill Gates ci ha investito e assicura che è buonissima.
«Sì? Promuove quello su cui guadagna. Ma non credo che la carne sintetica possa soppiantare i saltimbocca alla romana…».
Un salvadanaio è anfora e metafora di una vita nella quale finiamo spesso per pesare tutto, per misurarci col resto del mondo, una fessura in cui cerchiamo di infilare l'occhio per spiare la felicità altrui, nella quale spingiamo, a volte forzandone l'ingresso fino a deformarle, le nostre aspettative o le nostre paure da occultare agli occhi indiscreti. Perché? Chi lo ha deciso? Chi sfrutta la buona fede della gente acquisendo e gestendo i nostri risparmi? Come possiamo difenderci, utilizzando la fede e anche il cervello?
Il libro di Riccardo Pedrizzi prova a spiegarcelo ponendo l'essere umano al centro di tutte le analisi, sia rispetto ai guasti di un sistema economico e finanziario immorale che ci asfissia, che nella difficoltà che originano invece dalle aspettative abnormi che il singolo individuo ripone su quello stesso sistema. L'approccio è quello della dottrina sociale della Chiesa, le conclusioni dell'autore sono spesso simili, talvolta diverse, ma non per questo meno interessanti. Il demone del denaro, si intitola uno dei capitoli di questo libro: verrebbe voglia di chiedersi come mai uno strumento che ci aiuta nella vita di tutti i giorni possa apparire all'uomo di fede una minaccia alla propria identità, alla spiritualità e alla pacifica convivenza nella città di Dio. La risposta è nelle Sacre Scritture: «L'amore del denaro è la radice di ogni sorta di cose dannose» (Timoteo 6:10). L'amore, quello che va destinato al prossimo, al mondo, a Dio, non il denaro in sé. La Chiesa, in un mondo in cui la finanza speculativa, i mercati «demoniaci» si alimentano fagocitando illusioni umane di ricchezza - lasciando sul campo un esercito di disperati, sedotti e abbandonati dall'amore per il denaro – ha un compito ancora più importante e significativo degli scorsi anni: accendere la luce sulle coscienze di chi guida le economie globalizzate ma anche sulle menti obnubilate (e spesso disinformate) di chi rincorre chimere di facili guadagni o è ostaggio di demoni ingannevoli di una provvidenza terrena.
I poveri, nel mondo, quelli che non ce la fanno e si umiliano nella ricerca della sopravvivenza o, peggio ancora, si nascondono per la vergogna di non farcela, sono quell'esercito disarmato al quale la Chiesa cattolica e più in generale i leader spirituali riservano da sempre la propria opzione preferenziale. Ma anche ai ricchi frustrati dalla corsa quotidiana all'accaparramento di beni, che percorrono scorciatoie per una felicità lastricata di soldi e di vuoti interiori. A tutti loro il Magistero parla ogni giorno e propone le proprie ricette economiche e spirituali, nelle quali il Pil non si costruisce sul valore dello spread ma sullo «spread» dei valori tra coscienza ed egoismo.
[...] Una società nella quale l'economia è eticamente sostenibile è un obiettivo possibile, secondo Pedrizzi, che cita Papa Bergoglio, da sempre in prima fila nel condannare le logiche oligarchiche dell'economia global di questa epoca: «Il potere economico è uno strumento che produce tesori che si tengono solo per sé, nascondendoli agli altri, esso produce iniquità, perde la sua originaria valenza positiva», ha scritto recentemente. [...] Del resto, interrogarsi oggi sulla genesi del pensiero economico dei cattolici, in una società in ostaggio dei mercanti del tempio, è un esercizio di Realpolitik prima ancora che di fede. Il pensiero di colui che è considerato la «testa» cattolica più lucida del secolo scorso, il filosofo spagnolo Donoso Cortés, diceva allora ciò che oggi è evidente, anche dalla lettura di questo libro, quando ammoniva sulla difficoltà di conciliare «le utopie liberali con le leggi naturali della vita, con i dogmi della fede cattolica, con la stessa realtà quotidiana», come ricordava Pedrizzi nel suo «I Proscritti».
Il libro «Il salvadanaio», invece, guarda avanti, parla all'uomo, al cristiano, prima ancora che al politico, al banchiere, al finanziere, al legislatore, al controllore. Lo fa nel segno della Dottrina sociale della Chiesa che richiama il senso alto della solidarietà, della generosità, nell'utilizzo dei beni, del profitto stesso, indicando un legame invisibile e pur profondo fra guadagno e dono, che il peccato e l'egoismo spesso recidono, spazzano via. Compito dei cristiani è guardarsi intorno, analizzare, concludere, ma prima ancora rendersi conto della realtà che li circonda, che cambia, che va compresa prima di essere giudicata. «Poca osservazione e molto ragionamento conducono all'errore; molta osservazione e poco ragionamento conducono alla verità», è una famosa frase del biologo francese, convertitosi al cattolicesimo, Alexis Carrel, nelle sue «Riflessioni sulla condotta della vita», ma anche il motto di Pio XI: il suo «Osservare, giudicare ed agire» può restituire bene l'idea di quanto possa rivelarsi utile un libro che pur presentandosi come un vero e proprio manuale di economia e finanza che dovrebbe avere come caratteristica peculiare l'aridità delle cifre, ospita nelle sue righe lo spirito dei grandi papi della dottrina della chiesa: Leone XIII, Pio XI, san Giovanni Paolo II, papa Ratzinger, ma che esprime anche la sensibilità di grandi pensatori cattolici, quelli che ammonivano dalle tentazioni rivoluzionarie, come De Maistre e Peguy, che consideravano tutte le rivoluzioni come delle vere e proprie epifanie del male e del peccato, responsabili, quindi, dell'instaurazione di un sistema che ha messo sull'altare il nuovo idolo, il denaro.
La fede è l'antidoto, certo, ma perfino prima c'è l'etica, che per l'economista cattolico contemporaneo, Francesco Vito, doveva essere considerata prioritaria rispetto a tutti gli altri temi economici, «di fronte alle perversità del mercato», al punto da dover essere inserita tra gli obiettivi di politica economica dello Stato.
Pensatori come lui, considerati non ortodossi rispetto al pensiero «unico» del profitto, sono da porre al centro di ogni riflessione, perché credere in Dio, oggi, vuole dire anche credere in se stessi, nella propria spiritualità, nella propria capacità di leggere la vita, e anche l'economia, con gli occhi della solidarietà, senza per questo negare l'esistenza e talvolta la necessità di innescare meccanismi economici di risparmio, all'interno di sistemi complessi nei quali il denaro è strumento di arricchimento per alcuni più che per altri.
«Non sappiamo se chi è rimasto coinvolto nei più recenti scandali bancari e finanziari abbia sentito un qualche rimorso per le sue malefatte, certo è che l'insegnamento evangelico potrebbe essere collocato a chiusura del dispositivo delle sentenze che ne dovessero pronunciare la condanna», scrive il senatore Pedrizzi in uno dei capitoli in cui analizza gli scandali bancari e i «tradimenti» consumati ai danni dei risparmiatori. È vero. Ha ragione: chi svolge un'attività economica non può non avere la consapevolezza di essere prima di tutto al servizio della comunità e della economia nazionale, se vuole che l'uomo resti e sia al centro dell'impresa. La morale non è solo personale, quando si gestiscono soldi e sacrifici altrui, è pubblica, è da porre sotto i riflettori, da sottoporre al vaglio della res pubblica, e per chi ha il dono, anche della fede. «L'economia, infatti, come ogni altro ambito umano, ha bisogno dell'etica per il suo corretto funzionamento, non di un'etica qualsiasi bensì di un'etica amica della persona» è un brano dell'Enciclica di Benedetto XVI «Caritas in Veritate»), concetti che hanno anticipato le riflessioni sull'etica della finanza di Papa Francesco in «Laudato si'». Da non dimenticare le parole che San Giovanni Paolo II rivolse ai vertici di un importante gruppo bancario italiano nel 2004, riprese ne «Il salvadanaio», quando incitò il mondo del credito a non limitarsi al perseguimento del massimo profitto ma a far riferimento ai valori superiori del vivere umano, «se si vuole essere di aiuto alla crescita vera ed al pieno sviluppo della comunità».
[...] Leggere nel volume di Pedrizzi di regole, di trasparenza, di valori da portare in dote nella jungla della finanza, può riscaldare il cuore del cristiano, così come immergersi su temi come la famiglia, l'assistenza, la solidarietà, la cooperazione, la sussidiarietà, la partecipazione.
La recente crisi finanziaria poteva essere l'occasione per sviluppare una nuova economia più attenta ai principi etici e per una nuova regolamentazione dell'attività finanziaria, neutralizzandone aspetti predatori e speculativi e valorizzandone il servizio all'uomo, alla comunità locale e nazionale, invece sembra tornare un egoismo miope e limitato al corto termine. Dove le vie d'uscita? Equità, trasparenza, eticità degli interessi, sostenibilità di ogni operazione finanziaria, responsabilità, educazione e formazione adeguata degli operatori dell'ente erogatore del credito e di chi lo riceve, queste le risposte. Ma, in primis, un sentimento di imbarazzo, dolore, inadeguatezza, da provare, tutti noi, senza ipocrisia quando si pronuncia una parola come «povertà», rispetto all'indifferenza e alla faciloneria di chi ne annuncia l'abolizione per legge.
«Un'autorità ecclesiastica non può parlare in modo dilettantesco di questioni teologiche. E soprattutto non deve immischiarsi nella politica, quando ci sono un Parlamento e un governo legittimati democraticamente, come in Italia. Meglio parlare con Salvini, discutere, o correggerlo quando è necessario». È il cardinale Gerhard Müller, già prefetto dell'ex Sant'Ufficio, a parlare in modo schietto dalle colonne del Corriere della Sera, sebbene relegato nel taglio basso di pagina 12.
Le autorità ecclesiali hanno fatto campagna elettorale in alcuni casi sfiorando l'acquartieramento nel campo del Pd. L'unica cosa necessaria è sembrata essere l'abbattimento di Salvini, il satanasso (come lo dipinse una nota copertina di Famiglia Cristiana).
Per tacere del gesto del rosario di Salvini, di cui si può discutere, ma che sembra diventata un'ossessione. È pagano, è blasfemo, è scaramantico, è il male. «Non mi ha fatto piacere, si dovrebbe evitare», ha dichiarato Müller, «ma credo sia peggio se i vescovi confondono le questioni di fede con quelle politiche».
«Dire, come hanno fatto il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, e il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che Salvini non è cristiano perché è contro l'immigrazione, è stato un errore», ha aggiunto. Il cardinale tedesco, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, non usa mezzi termini. «L'immigrazione è un tema politico con motivazioni etiche profonde. Si può dire che un politico lo affronta da buon cattolico o da cattolico meno buono. Possiamo ammonire, ma non ostracizzare». Anche perché, ha ricordato, «ci sono Paesi che vogliono scristianizzare l'Italia e l'Europa, mentre Salvini si è rifatto ai patroni dell'Unione europea, alle sue radici cristiane. Preferisco chi parla di tradizione cristiana a quanti la rimuovono. È assurdo che collaboratori del Papa come Spadaro si ergano a giudici politici. Chi lo autorizza?». Il punto è tutto qui, perché il governo del fenomeno migratorio, fatto salvo ovviamente il principio di assistenza umanitaria, non è un principio dogmatico, ma appunto lasciato a chi deve governare.
«Chiaramente dobbiamo accogliere gli immigrati, ma non identificarci con una sola politica», dice Müller.
Padre Spadaro ha risposto a Müller (che lo ha incalzato dicendo: «Si pone come portavoce del Santo Padre, quindi... Ma teologicamente è una bestialità dire che una persona non è cristiana, se è stata battezzata e cresimata. È un giudizio politico»), scrivendo su Twitter: «Non ho mai detto di una persona specifica che non è cristiana». Poi ha ribadito: «La torsione clericale del metodo populista approfitta del fatto che le persone si sentono oggi sfrattate dal loro immaginario religioso, che vedono difeso meglio dalla narrativa della “religiosità civile" ben compresa nel tempo da Salvini, Berlusconi...». Un argomentare non proprio scorrevole, ma sembra di capire che ce l'abbia con tutto ciò che si muove al di là del Pd.
«Non difendo Salvini, ma il suo essere e definirsi cattolico. Cattolici ci sono anche nel M5s, in ogni partito. Difendo la loro fede, non la loro politica. Non si può negare la fede religiosa a chi milita in un partito e non in un altro», ha detto Müller. In effetti, va a finire che nelle buone intenzioni dei paladini della purificazione della religiosità altrui si nasconda, per eterogenesi dei fini, una visione politica del messaggio religioso.
Müller ha anche aggiunto: «È singolare che il Papa riceva le persone più laiciste, e non Salvini. Dialoga col regime del Venezuela, o con la Cina che mette milioni di cristiani nei campi di rieducazione, distrugge le chiese, perseguita i cristiani. Ma qui in Italia non siamo in Cina. Devi parlare con tutti in uno spirito di fratellanza».
La malattia della Chiesa, come ha detto Benedetto XVI, è proprio quella di leggersi solo con gli occhiali della politica. «Lei è ritenuto il capo dei conservatori in Vaticano», ha domandato Massimo Franco al cardinale tedesco. «Il concetto di conservatore è politico, e per me da teologo è un'offesa. Semmai la divisione è tra ortodossia e eresia», è stata la risposta.
L'intervista contiene anche un'altra dura critica a Bergoglio. Alla domanda. «Anni fa il Papa disse sul futuro presidente Usa, Donald Trump, che non era da cristiani costruire muri per respingere gli immigrati…», Müller replica: «Credo sia stato un errore. Come quello di alcuni vescovi tedeschi, che si occupano più di politica che di fede».







