Come abbiamo fatto a non pensarci prima? Tutti qui, da settimane, a discutere sul problema delle carceri, a scervellarsi per trovare una soluzione, quando la soluzione è lì, lampante, sotto gli occhi di tutti: basta abolirle. Semplice, no? Via le carceri.
Eliminate. Soppresse. Cancellate. Porte aperte e tutti fuori. Per fortuna c’è Ilaria Salis: ci ha pensato lei a mostrarci ciò che, pur essendo così evidente, nessuno di noi riusciva a vedere. L’altro giorno la neo europarlamentare è andata a fare una visita a San Vittore. E quando è uscita s’è illuminata come l’Archimede Pitagorico dei fumetti di Topolino quando (eureka! Eureka!) inventò i pop corn al burro senza burro: «Io credo si debba andare verso una società che superi il carcere», ha detto. L’abolizione delle prigioni, ha spiegato, si fonda su valide ragioni. Nessuna delle quali, per quanto vi possa sembrare strano, pare legata alla sua fedina penale.
Non fate facile ironia: le 4 condanne e le 29 denunce di Ilaria Salis, non c’entrano nulla con questa rivoluzionaria proposta della neo eurodeputata. La quale, come sappiamo, ha a cuore il bene pubblico, come dimostra il fatto che, quando può, il bene pubblico lo occupa senza pagare l’affitto. Ma non è il caso di andare per il sottile, stavolta lei ha trovato davvero la risposta alle mille domande su cui da tempo si arrovellano esperti, intellettuali, politici, giornalisti e financo il nostro direttore, il quale l’altro giorno, di carceri, proponeva addirittura di costruirne di nuove. Pensate un po’. Ma del resto lui, il nostro Belpietro, non ha mai occupato illegalmente nemmeno uno sgabuzzino e non è mai andato all’estero a menare le persone: uno così onesto come volete che possa capire come affrontare i delinquenti? Lasciate fare alla Salis: il problema delle carceri, è chiaro, non si risolve costruendone di nuove. Ma, piuttosto, abbattendo tutte quelle che ci sono.
Idea geniale, se ci pensate. Quante volte nelle ultime settimane abbiamo sentito parlare di sovraffollamento delle celle? Ecco: con il metodo Salis non esisterebbe più. Tutti fuori, e il sovraffollamento finisce. Strutture fatiscenti? Si chiudono. Spazi angusti? Si svuotano. Magari si vendono, così si fa anche un bel business che non è mai male. Oppure li si lascia lì vuoti, così gli amici della Salis li occupano. Comunque, non c’è problema di colpo si risolve ogni cosa: pochi agenti? Macché: fin troppi per far la guardia a spazi vuoti. Vitto scadente? Pazienza: tanto non c’è nessuno che mangia. Non ci sarebbero più suicidi in carcere, né rivolte in carcere, né autolesionismi in carcere, né violenze in carcere, né mamme in carcere, né tossicodipendenti in carcere: semplicemente non si sarebbe più il carcere. Per settimane sui giornali si è parlato di dramma dei detenuti. E, pensate un po’ che sciocchi, non sapevamo che bastava chiedere a Ilaria Salis per trovare la soluzione: ovvio, no? Se non ci sono più detenuti, non c’è nemmeno più il dramma. Al massimo, la farsa.
Certo, si potrebbe segnalare qualche piccolo inconveniente. Chiudendo le carceri, infatti si lascerebbero inevitabilmente liberi stupratori, mafiosi, killer seriali, pedofili e criminali incalliti e così, forse, le nostre città diventerebbero ancor meno sicure di quel che già sono oggi: non pare sia questo il desiderio degli italiani, che, ancor più che per il sovraffollamento delle carceri, sembrano essere preoccupati del sovraffollamento di delinquenti sotto casa loro. Ma non preoccupatevi: Archimede Ilaria Pitagorica Salis (eureka! Eureka!) ha la soluzione anche per questo. Spiega infatti che per risolvere il piccolo inconveniente basta «lavorare sulla prevenzione, creando una società basata sulla giustizia e sull’uguaglianza». Certo: creare dall’oggi al domani una società basata sulla giustizia e sull’uguaglianza non è facile come cucinarsi due spaghetti al pomodoro o l’informazione italiana, ma tant’è. Noi vogliamo crederle, se solo riuscissimo a capire com’è che, una volta costruita una società basata sulla giustizia e sull’uguaglianza, spariranno di colpo pedofili e stupratori. Purtroppo Ilaria uscendo dal carcere questo non ce l’ha spiegato: per un miracolo del genere, evidentemente, non basta nemmeno San Vittore.
In ogni caso, una cosa dalla Salis l’abbiamo capita bene: le carceri vanno abolite. Vanno abolite perché non servono. Non serve «concentrare un sacco di persone in un unico luogo dove anche se entri pulito esci criminale» (scusa, Ilaria: è una confessione?); non serve «l’espulsione delle persone dalla società» e soprattutto non serve chiudere le persone «in un luogo per sentirsi al sicuro». Ovvio: perché chiudere le persone per sentirsi al sicuro, quando le si possono tranquillamente lasciare libere per sentirsi all’insicuro? Dispiace solo non averlo capito prima. E pensare che Ilaria l’aveva già spiegato qualche tempo fa in alcuni post sui suoi social, passati ingiustamente inosservati: le carceri sono «uno strumento razzista e di classe», aveva scritto, e quindi bisogna smettere di credere alla «necessità della prigione», che è «falsa e negativa», e perseguire invece un sano «realismo abolizionista». Sul realismo abolizionista, giuro che mi sono commosso, perché ho capito che tutto questo non è una boutade, non è una provocazione, una frase dal sen fuggita. Macché: Ilaria ci crede davvero. Realismo abolizionista, dice. Cioè: l’abolizione delle carceri, per lei, può diventare realtà. Un po’ come l’abolizione del buon senso in certi neo europarlamentari.