La Nato frena il polacco Duda: «Non ci sono piani per portare a Varsavia ordigni nucleari». Secondo i media americani, Washington avrebbe consegnato in segreto a Volodymyr Zelensky missili Atacms impiegati contro la Crimea.
Enrico Fermi. Nel riquadro, l'ingegner Ugo Spezia (Getty Images)
L’ingegnere ed esperto di sicurezza nucleare ricorda gli ottant’anni trascorsi dalla prima reazione a catena controllata del fisico italiano: «Un simbolo di progresso cancellato dall’ambientalismo. Errore drammatico».
Emmanuel Macron e Papa Francesco (Ansa)
L’Eliseo ha chiesto a Francesco di fare da mediatore e di chiamare lo zar, il patriarca Kirill e Washington. Test militare nucleare di Mosca che si irrita con l’Italia per l’esclusione dalla riunione sul disarmo a Roma.
Ansa
Era chiaro dall’inizio che mettere lo zar all’angolo avrebbe comportato rischi enormi. Eppure chi si dedicava più al tifo che all’analisi se ne accorge solo oggi. E non cambia ricetta. Anche se le vie d’uscita si restringono.
E dire che non ci sono certo mancati gli esperti di geopolitica, i professori e gli analisti, i fini editorialisti pronti a versare ogni giorno colate di parole a commento dei fatti ucraini. Ci hanno donato dotte elucubrazioni, ci hanno spiegato la rotazione terrestre e hanno tenuto a ribadire quanto noi poveri mortali fossimo ignoranti e duri di comprendonio. Eppure, nonostante tutta questa scienza infusa, i nostri eroi ieri si sono trovati a strabuzzare gli occhi di fronte alla ferale notizia: i russi possiedono la bomba atomica e potrebbero addirittura utilizzarla. Carramba che sorpresa, pensa che notizia!
Nemmeno il tempo di metabolizzare la stupefacente novità: i suddetti luminari si sono buttati a battere sui tasti come pazzi per informare noi che viviamo nell’oscurità degli incredibili rischi che corriamo. Gianni Riotta - con la consueta, elegantissima sicumera - ha sentenziato che «chi esclude che Vladimir Putin possa rompere la pace nucleare si illude, come chi già escluse l’invasione». A suo dire, oggi lo zar sarebbe «solo, senza amici, le bombe atomiche chiave tragica per farsi ascoltare». Se Putin è solo, Riotta invece di amici ne ha tantissimi, e ieri hanno scritto più o meno tutti le stesse cose: e cioè che la Russia, se messa all’angolo, potrebbe non esitare a utilizzare l’arma nucleare tattica (laddove il termine tattica non è certo un’attenuante). A ribadire il concetto ci ha pensato, tra gli altri, il direttore di Repubblica, Maurizio Molinari. Mentre Paolo Valentino, sul Corriere della Sera, avverte che «non bisogna sottovalutare il leader russo, soprattutto ora che è nell’angolo».
Leggendo tali importantissime analisi, a noi semplici cittadini sorgono alcune perplessità. La truppa di formidabili interpreti della realtà che in queste ore insiste sulla minaccia nucleare dalle prime pagine dei giornali e dagli studi televisivi è la stessa che, sette mesi fa, andava irridendo l’inadeguatezza russa sul piano militare. Sono incapaci, ci hanno detto, e poco motivati. Hanno armi vecchie, si muovono lenti, la loro intelligence fa acqua da tutte le parti, e poi il vento della Storia soffia conto di loro, e ci sono le sanzioni: nel giro di poche settimane crolleranno. Però i russi non sono crollati, anzi hanno proseguito l’avanzata e la conquista.
Qualche settimana fa, dopo averci detto che Mosca avrebbe perso entro un paio di mesi, i fenomenali analisti sono tornati alla carica per celebrare la mirabile controffensiva ucraina (e il disgraziato passante si chiede: ma se gli ucraini era previsto vincessero a marzo, perché si parla di controffensiva a settembre?). Quando le truppe di Kiev hanno riguadagnato terreno, i piccoli Kissinger hanno estratto dal frigo la bottiglia buona, e l’hanno stappata senza perdere l’occasione di sbertucciare i presunti putiniani, cioè coloro che fin dall’inizio ritengono che il conflitto non vada fomentato. Da bravi tifosi, i geni italici della geopolitica hanno gongolato e infierito sugli avversari: «Visto che mandare armi è servito?», urlavano. In quell’occasione, qualche osservatore dotato di un filo di buon senso tentò di limare appena l’entusiasmo (lo fece Toni Capuozzo su questo giornale, ad esempio). Il ragionamento non era troppo difficile da comprendere: la controffensiva ucraina, si diceva, non ridurrà la durata del conflitto, anzi è più probabile che la faccia aumentare. Non solo: esiste la seria possibilità che i russi decidano di levare la proverbiale mano da dietro la schiena e alzino il livello dello scontro. Cosa che, seppure in maniera non ancora apocalittica, sta accadendo oggi.
Sinceramente, a noi non importa più di tanto mettere in luce la sfacciata ipocrisia dei commentatori italiani, e non ci interessa nemmeno fare il conto di quante ne abbiano sbagliate. Che essi si facciano guidare dall’ideologia e dalla convenienza, sostituendo la propaganda all’informazione lo sappiamo da tempo. A spaventarci è il fatto che costoro ripetono a pappagallo il pensiero prevalente, di provenienza americana. E ci domandiamo con angoscia fin dove abbiano intenzione di condurci.
Gli analisti seri sapevano da tempo che si sarebbe potuti giungere alle soglie della minaccia atomica. Mara Morini, politologa non sospettabile di putinismo che fin dall’inizio ha messo in fila i fatti con estrema lucidità, ieri su Twitter ha posto la questione delle questioni. Che i russi sull’atomica non scherzassero granché, ha scritto, «lo abbiamo sempre sostenuto. E quando si è all’angolo... Siamo stati avvertiti e ora?». Ecco il punto: e ora? E ora a che limite intendiamo arrivare? Continueremo ad alzare la posta? Qualche Riotta di buon cuore ci spiegherà che è da vigliacchi temere la guerra nucleare e chiedere di fermare la follia bellica?
Purtroppo, sospettiamo che i maestri del pensiero in servizio permanente abbiano intenzione di continuare a gettare benzina sull’incendio. Sempre ieri Nathalie Tocci - esperta gallonata celebre per le nomine politiche (meno per le previsioni: non ne ha azzeccata una) - ha scritto che «è proprio ora che la liberazione procede e che la mobilitazione russa tarderà a materializzarsi che bisogna premere sull’acceleratore di una strategia europea e occidentale che sta dimostrando la sua efficacia». Certo: è talmente efficace che la guerra continua, che noi siamo in emergenza energetica e che Putin ha sventolato la bomba atomica. Strepitosi successi per i nostri strateghi da tinello.
Al netto del sarcasmo, tuttavia, resta l’aspetto drammatico della faccenda. Ormai è chiaro che, da un lato, Washington e i suoi fedeli cantori non abbiano alcuna intenzione di cercare la pace; dall’altro Putin non può sopportare una sconfitta, per lui la vittoria è questione di sopravvivenza (come diciamo da mesi). Quindi lo scontro non può che farsi più feroce e pericoloso per tutti. L’obiettivo delle forze in campo non è trovare una mediazione, o risparmiare all’Europa una catastrofe, ma giungere all’estremo per annichilire l’avversario. E chiunque alzi il dito per chiedere di rallentare è trattato da sabotatore. Intanto, gli editorialisti che le hanno sbagliate tutte insistono a battere la grancassa e chiedono più armi, più convinzione, più guerra. Felici di far pagare a noi il prezzo delle loro castronerie.
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Era chiaro dall’inizio che mettere lo zar all’angolo avrebbe comportato rischi enormi. Eppure chi si dedicava più al tifo che all’analisi se ne accorge solo oggi. E non cambia ricetta. Anche se le vie d’uscita si restringono.